Il fischietto gallese offre poi una visione del gioco moderno confrontando con quello di trenta o quaranta anni fa
Mentre si sta preparando al grande autunno internazionale Nigel Owens, il fischietto più famoso e apprezzato di tutta Ovalia, non smette di regalare aneddoti e opinioni sulle sue visioni rugbystiche.
“Incaricato” dallo scrittore Luke Upton di curare la prefazione per il libro “Hard Men of Rugby”, romanzo che racconta la vita di 20 icone di questo sport (da Jerry Collins a Martin Johnson, passando per Bakkies Botha, Jacques Burger e Sebastien Chabal), il direttore di gara gallese si è così espresso ai microfoni di Rugbypass: “la domanda che tutti mi pongono: qual è il giocatore più duro che hai mai arbitrato? La risposta non è contenuta nei venti uomini citati dal libro (ride, ndr), ma è Richie McCaw”.
Poi continua Nigel Owens: “Ha collezionato 148 caps giocando in un ruolo difficilissimo dove si è svolta la battaglia e dove molti avversari delle altre squadre hanno provato a batterlo a superarlo: si è dimostrato un uomo duro, vero e autentico.
Infine una riflessione sull’evoluzione del gioco rispetto al passato: “Il gioco è più “morbido” rispetto al passato? Assolutamente no. Il gioco è più pulito ma non più soft. Alcuni vedono i “tempi d’oro” nel rugby degli anni ’70 e ’80, ma poi ne raccontano aneddoti con pugni, testate e brutti gesti fra ruck e mischie.
Io farei una differenza fra vecchio e nuovo stile: oggi il ritmo del gioco è aumentato notevolmente, così come l’intensità e il tempo medio di gioco. Gli impatti sono fragorosi, anche perchè sono fatti da giocatori costruiti come carri armati. Le collisioni sono pazzesche, eppure il coraggio dimostrato da tutti sui campi non smette di stupirmi”.
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