A Maputo, nella capitale del Mozambico, si gioca a rugby. Lo sport alle sue radici: aggregazione e supporto sociale
Quando hai un campo, hai una squadra. Dopo un po’ che hai una squadra, hai bisogno di uno spazio di aggregazione, un luogo dove continuare a stare insieme dopo i placcaggi, i passaggi, i calci e le prese al volo.
E’ arrivato il momento di costruire quello spazio anche per il Rugbio Magoanine B Rugby, la squadra dell’omonimo quartiere di Maputo, la capitale del Mozambico.
“Abbiamo circa un centinaio di atleti di tutte le età, dall’under 10 alla under 16, ci alleniamo sul campo sportivo del quartiere, ma vorremmo costruire una club house per rinforzare il nostro progetto di rugby sociale con uno spazio di aggregazione che possa essere un punto di riferimento per la comunità, dove fare alcune attività di supporto alle famiglie e dare un aiuto scolastico ai ragazzi” racconta Irene Bellamio, rugbista da Milano a Maputo via Bologna.
Irene vive in Mozambico da 5 anni: ci è andata per scrivere la sua tesi universitaria, è rimasta per fare l’educatrice in una casa-famiglia.
“Giocavo a rugby in Italia e volevo capire se fosse possibile farlo anche a Maputo. Nel dubbio le scarpette le ho portate, ma fino a qualche anno fa esisteva una sola squadra che, non avendo avversari, aveva un’attività molto limitata.”
“La svolta è arrivata nel 2017, con alcuni investimenti da parte di alcuni expat per la costituzione di una serie di club nei vari quartieri della capitale, utilizzando lo sport non solo in chiave competitiva, ma come strumento di coesione sociale.”
Insieme a 4 allenatori locali, membri della nazionale mozambicana, Irene ha dato vita al Magoanine B Rugby: “All’inizio siamo entrati attraverso le scuole, inserendoci nelle ore di educazione fisica. Qui una singola classe ha fra i 60 e gli 80 alunni, è stato subito un lavoro impegnativo. Per fortuna i miei colleghi sono molto competenti nella trasmissione delle regole e delle abilità di base fra i ragazzi.”
Dopo il primo periodo di incubazione all’interno della scuola del quartiere, la squadra ha preso davvero vita quando gli è stato concesso l’utilizzo del campo sportivo di Magoanine, una spianata di sabbia rossa dove ci si sbucciano le ginocchia ma ci si può allenare e giocare liberamente.
La squadra di Magoanine B è sostenuta, fin dal suo concepimento, da RugBio, associazione sportiva italiana dedita alla promozione dello sport come veicolo sociale, che ha provveduto a fornire sia il materiale tecnico necessario sai il supporto morale e organizzativo costante.
Il verbo ovale ha fatto immediatamente presa. Spronate dalla presenza di Irene come allenatrice, tantissime bambine e ragazze si sono riversate sul campo di Magoanine: “E’ stato assurdo, abbiamo dovuto lottare contro uno stereotipo al contrario. Nel quartiere i ragazzi ci snobbavano perché si era diffusa la convinzione che il rugby fosse roba da femmine.”
Un ribaltamento di prospettiva che ha avuto i suoi pregi: “La madre di una bambina che gioca, di fronte agli altri genitori ad inizio anno, ha detto: mia figlia con il rugby sta imparando ad essere libera. Per noi è stata una vittoria immensa.”
Al terzo anno di lavoro il Magoanine B vanta ancora un buon 60% di bambine e ragazze nel proprio organico, ma ha recuperato terreno anche nei confronti del mondo maschile. Qui il rugby è una alternativa sociale a passare tutto il tempo per strada e aiuta la crescita personale.
“Abbiamo una under 10, una under 12, due under 14, una under 16 maschile e una femminile. Facciamo quattro allenamenti alla settimana, ma scaglionati fra mattina e pomeriggio per accomodarci con gli orari della scuola.”
Il prossimo passo è l’acquisto di un terreno adiacente al campo sportivo e la costruzione della club house, per farla diventare punto di riferimento stabile e fisico per tutto il quartiere di Magoanine. Per questo Irene e soci hanno lanciato la raccolta fondi Rugby for Mozambique, che sta raccogliendo le risorse necessaria a dare vita a un progetto dall’impatto sociale davvero forte.
Perché lo sport sia una risorsa non solo in termine di salute fisica, o trampolino per una vita professionale, ma abbia anche la sua funzione più completa di aggregatore sociale, motore di rapporti fra persone, centro di attrazione positivo per un’intera comunità.
Lorenzo Calamai
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