Sei Nazioni 2020, tre aspetti su cui giudicare l’Italia contro l’Inghilterra

Un tentativo di valutazione della performance azzurra al di là di quello che dirà il tabellone dello Stadio Olimpico

Sei Nazioni 2020: Luca Morisi guida la carica azzurra contro l'Inghilterra. Ph. OnRugby.it

Sei Nazioni 2020: Luca Morisi guida la carica azzurra contro l’Inghilterra. Ph. OnRugby.it

Nella seconda parte dell’ultima puntata di Under the Sticks, il podcast ufficiale del Pro14, Dean Budd ha interrotto la discussione degli altri tre astanti sui possibili risultati incrociati di Italia-Inghilterra e Francia-Irlanda, decisivi per determinare il vincitore del Sei Nazioni 2020: “L’Inghilterra darà 60 punti all’Italia. Voglio bene agli Azzurri e tutto il resto, ma da quello che ho visto la scorsa settimana, un’Irlanda che non ha nemmeno forzato più di tanto ne ha segnati 50. Se l’Inghilterra non ne segna 60, l’Italia ha fatto qualcosa di incredibile nel giro di una settimana. Mi fa male dirlo, ma questa è la dura realtà di dove siamo oggi.”

Nonostante i numeri certifichino un certo pessimismo da parte dell’ex seconda linea di Benetton e Italia (l’Inghilterra non ha mai segnato più di 59 punti in Italia, nel 2000, e solo due volte in assoluto ne ha segnati più di 60, nel 1999 e nel 2001), il senso delle sue parole rimane valido: dovrà succedere qualcosa di attualmente impronosticabile perché l’Inghilterra di Eddie Jones non vinca largamente a Roma.

Alla luce del probabile risultato dell’ultimo incontro degli Azzurri al Sei Nazioni 2020, abbiamo provato a delineare quali potrebbero essere dei parametri di valutazione positiva della performance italiana all’Olimpico.

Italia-Inghilterra (sabato 31 ottobre, ore 17.45) e le altre due sfide di giornata del Sei Nazioni 2020, oltre che su DMAX e DPlay saranno visibili anche in diretta streaming su OnRugby. Quindici minuti prima del calcio d’inizio troverete in homepage la notizia contente il player per poter vedere le dirette.

Leggi anche: Sei Nazioni 2020, Jones: “Inghilterra in campo per restituire al rugby la sua reputazione”

Punto d’incontro

Il problema più urgente della nazionale italiana è risolvere i propri problemi al breakdown. Se l’Italia non riesce a mantenere il possesso, non c’è semplicemente modo che possa rimanere in partita.

Sul punto d’incontro l’Italia ha evidenziato problemi sin dall’inizio del Sei Nazioni. Già il Galles aveva banchettato con i palloni degli Azzurri, la situazione era poi migliorata contro la Francia, ma anche contro la Scozia si era evidenziato qualche scricchiolio di troppo.

Contro l’Irlanda le difficoltà azzurre sono state spietatamente esposto: dei 13 turnover concessi, 11 sono arrivati nel punto d’incontro. Le responsabilità sono parzialmente da attribuire a una scarsa efficacia dei sostegni nel riuscire a togliere le minacce avversarie e al lavoro non ottimale del portatore del pallone dopo il contatto, andando a terra.

L’Italia è ambiziosa: vuole giocare con una struttura che prevede un lavoro ottimale dei sostegni, che devono percorrere lo spazio orizzontale in brevissimo tempo ed essere molto efficaci, esplosivi e subitanei nello svolgere il proprio compito. Non sempre ci riescono, complice anche il logoramento fisico con il passare delle fasi di cui parla spesso Franco Smith e un briciolo di confusione nella gestione dei possessi che rendono le cose più complesse.

Da una parte un miglioramento dell’efficacia degli attori protagonisti del punto d’incontro, consuetamente il portatore e i due primi sostegni, e dall’altro un atteggiamento maggiormente conservativo possono essere entrambe strade per migliorare nell’immediato il rendimento al breakdown. Se contro avvoltoi della qualità di Sam Underhill e Tom Curry l’Italia riuscirà a mantenere più possessi rispetto alle partite precedenti (media del 92%), ci sarà una casella da spuntare nella colonna dei progressi.

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Difesa

Nei primi tempi delle partite disputate in questo Sei Nazioni l’Italia non è mai riuscita a difendere senza commettere infrazioni. Il numero di placcaggi sbagliati è certamente alto, ma essendo una costante è un difetto sul quale è difficile lavorare nel breve periodo. Sarà importante minimizzare la continuativa pressione degli avversari, in modo che i singoli errori vengano dilazionati nel tempo.

Contro il Galles ha concesso 6 calci a 0 nei primi 20′, autoescludendosi fondamentalmente dalla contesa e consentendo agli avversari di prendere il largo. A Parigi, Francia e Italia si sono viste fischiare un numero simile di infrazioni (11 e 12, rispettivamente), ma nei primi 40′ l’Italia ha chiuso sull’8 a 2. Se la partita con la Scozia, più equilibrata, fa eccezione in questo senso, quella con l’Irlanda ha visto gli Azzurri concedere 7 calci in 28 minuti.

Difendere senza concedere possessi facili agli avversari può essere un altro degli obiettivi a breve termine dell’Italia, in particolare quando il match sarà ancora prevedibilmente in bilico, nel primo tempo.

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Scelte

Nel percorso che l’Italia ha appena avviato sotto l’egida di Franco Smith, un ruolo dirimente lo ha la capacità dei giocatori di fare le giuste scelte. Il decision making è il cuore del rugby contemporaneo e al tempo stesso uno dei più grandi vuoti da colmare rispetto alle capacità degli avversari: trovarsi di fronte ad una situazione e compiere la scelta più giusta nei tempi e nei modi azzeccati è ciò che fa la differenza.

Nell’Italia di febbraio e marzo abbiamo visto come tante, importanti decisioni legate al gioco offensivo venissero affidate a Carlo Canna, scelto come numero 12 proprio per metterlo in condizione di usare le proprie abilità e fare scelte in maniera continuativa, togliendo un po’ di centralità al mediano di apertura rispetto ai precedenti sistemi di gioco utilizzati dall’Italia. I risultati sono stati finora altalenanti, e contro l’Irlanda gli Azzurri non hanno avuto abbastanza possessi di qualità per mettere Canna nelle condizioni di influenzare il gioco al largo. In una sola occasione, il giocatore delle Zebre ha avuto la possibilità di fare una scelta ed è stata corretta, scavalcando la difesa rovesciata irlandese con un morbido cross kick per Steyn sull’out di destra.

Altri giocatori hanno compiuto scelte meno felici, in particolare nei contrattacchi dalla profondità, dove forse l’Italia ha peccato di fretta nel voler risalire il campo palla in mano invece di approfondire lo scambio tattico, e nella rapidità con cui il pallone veniva giocato dopo una penetrazione non avanzante. L’Italia ha continuato a tenere il ritmo sempre altissimo, anche quando il portatore veniva respinto con perdita di terreno, giocando con i giocatori posizionati in maniera confusa e poco propensa ad un attacco efficace.

Si tratta forse del gradino più arduo da salire, ma anche l’ambito dove le richieste dello staff possono avere un impatto diretto settimana dopo settimana, ragion per cui ci possiamo aspettare già una più fluida lettura delle diverse situazioni di gioco.

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