La necessità di riaprire gli stadi al pubblico è il principio che guida le discussioni sul tema al momento
La possibilità di spostare il Sei Nazioni 2021 dalla propria calendarizzazione oramai tradizionale, fra febbraio e marzo, appare oramai una concreta opzione sul tavolo.
Giocare il prossimo Torneo prima dell’inizio della primavera comporterebbe infatti un consistente rischio di dover affrontare un’edizione come quella appena terminata, con le squadre in campo in stadi ridotti a cattedrali deserte.
Chiunque abbia messo piede all’Olimpico, allo Stade de France o al Parc y Scarlets, ha certificato l’atmosfera surreale degli incontri, ma ovviamente è anche il lato economico a preoccupare gli organizzatori e le federazioni nazionali, i cui ricavi sono fortemente connessi anche alla presenza dei tifosi.
I soli diritti TV non bastano infatti a soddisfare i costi di tutta la macchina, e allora diventa sempre più pressante il bisogno di giocare quando gli stadi potranno tornare ad ospitare spettatori, spostando se necessario la collocazione temporale della competizione più importante d’Europa.
Il Sei Nazioni potrebbe scivolare alla tarda primavera, ma con la difficoltà di doversi ricollocare in uno spazio che già prevede le fasi finali dei campionati nazionali e delle coppe europee, con i giocatori britannici e irlandesi in procinto di imbarcarsi per il tour in Sudafrica dei Lions (ammesso che anche questa si possa effettivamente disputare).
Una opzione che è emersa prepotentemente nelle ultime settimane, scrive Will Kelleher del Daily Mail, è quindi quella di spostare il Torneo al successivo autunno.
Una proposta che non è la preferita per nessuna delle federazioni partecipanti, ma che potrebbe diventare l’unica possibile secondo il CEO della Welsh Rugby Union Steve Phillips, interpellato da Kelleher: “Preferiremmo l’opzione di spostarlo all’interno della stessa stagione. Capire dove spostare temporalmente il torneo è la cosa difficile, ma dato l’ordine di grandezza dei ricavi per tutti, dobbiamo considerare tutte le possibilità.”
“Quello che vorremmo evitare è rinviare l’edizione nella finestra autunnale quando dovremmo giocare contro gli avversari dell’emisfero sud.”
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Se il Sei Nazioni andasse avanti a febbraio e a marzo del 2021, ma senza pubblico, la federazione gallese avrebbe perdite per più di tredici milioni di sterline. Senza parlare delle circa 60 che potrebbe perdere quella inglese, ma il problema è ovviamente comune a tutti i partecipanti, in diverse dimensioni. Le federazioni britanniche contano su un massiccio intervento governativo nelle prossime settimane, ma se la soluzione dovesse essere giocare nell’autunno 2021, allora, secondo Phillips, dovrebbe essere la priorità.
“Ci siamo posti la domanda: ‘dovremmo spostare il Sei Nazioni?’ Tutti hanno dimostrato grande agilità nel cambiare le cose. Hanno spostato le Olimpiadi di un anno, che non è una bazzecola, perché non dovremmo prendere l’idea in considerazione?”
Phillips conclude il suo intervento sottolineando che, almeno per quanto riguarda i paesi britannici, la possibilità che il rugby passi dalla TV in chiaro ai canali a pagamento è sostanzialmente inevitabile: “Stiamo cercando tutti di tappare i buchi nei ricavi. Capisco che a qualcuno non piacerà, ma è una decisione che sarà presa collettivamente come Sei Nazioni.”
I prossimi diritti televisivi, infatti, potrebbero essere venduti come un singolo pacchetto che comprende tutto il Sei Nazioni e i test match autunnali delle squadre partecipanti al Torneo. Una strategia nota oltremanica come project light, un tentativo di far crescere i ricavi dai diritti televisivi per tutti.
Per il momento, però, sui risvolti e sulla direzione che prenderanno tali strategie di mercato nel nostro Paese non ci sono ulteriori dettagli. Il contratto di Discovery per i diritti TV del Sei Nazioni in Italia terminerà dopo l’edizione 2021, così come gli accordi con BBC e ITV per il Regno Unito e l’Irlanda.
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