L’autunno dei Dark Blues dev’essere all’insegna della continuità per gettare le basi verso un 2021 da protagonisti
La Scozia è arrivata in uno degli anni più assurdi del rugby dell’era moderna, con la pandemia che giocoforza ha dettato i tempi degli ultimi mesi, sulla scorta di una terribile premonizione: la prestazione della Coppa del Mondo giapponese, quando il tifone Hagibis e il pessimo approccio nelle prime gare hanno impedito ai Dark Blues di qualificarsi per i quarti di finale.
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Le prime due gare del Sei Nazioni erano andate malissimo, oltretutto, perché la sconfitta di Dublino (apparsa evitabile, nonostante tutto) era stata bissata dalla bruttissima prestazione contro l’Inghilterra, costata partita e Calcutta Cup. Dopo quella gara, però, la Scozia ha inanellato (anche un po’ inconsciamente) una striscia positiva di quattro vittorie consecutive, striscia impreziosita dal successo sull’allora lanciatissima Francia (che col senno di poi potrebbe aver perso il Titolo proprio al BT Murrayfield) e dal successo esterno sul Galles a Llanelli, prima vittoria in terra gallese in 18, lunghi anni.
La striscia positiva è iniziata a Roma a fine febbraio contro l’Italia e i ragazzi di coach Townsend hanno tutte le intenzioni di tenerla viva a Firenze, prima di pensare alle diverse problematiche presentate dalle due gare casalinghe contro Francia e Fiji.
L’incognita all’apertura vero punto debole
In termini di selezione, il problema più grande che Townsend deve affrontare è in mediana, dove l’head coach si è trovato costretto a fare a meno, di colpo e in contemporanea, di Finn Russell e Adam Hastings. Duncan Weir è pronto a prendersi la squadra sulle spalle ma l’apertura di Worcester non parte titolare con la maglia della Scozia dal 2016 e Townsend, che lo ha allenato ai Glasgow Warriors, non ha mai dimostrato di essere un suo grandissimo ammiratore. Duncy, sotto la guida di Alan Solomons, ha migliorato notevolmente il suo gioco ma a Firenze si gioca moltissimo. Alle sue spalle spingono Lang ma, soprattutto, Jaco van der Walt che diventerà eleggibile il 16 novembre ma sarà a disposizione (se Townsend deciderà di convocarlo) solo dalla gara contro le Fiji, dopo esser volato nel natio Sudafrica per sposarsi settimana scorsa.
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La squadra
Danny Wilson, head coach dei Warriors, ha espresso “grande sorpresa” dopo aver appreso la notizia che Townsend aveva deciso di trattenere tutti i 35 convocati per l’autunno internazionale. Wilson tira ovviamente acqua al suo mulino, contando che i Warriors sono in difficoltà ultimamente, perché è impossibile che non sappia che l’head coach della Scozia – in tempi di pandemia e di “bolle”, contando che i giocatori sono rimasti fermi per lunghissimo tempo e anche per questo più soggetti ad infortunarsi – ha fatto la scelta decisamente più sensata. Non ci sono più uncapped nel gruppo, che all’ala conta adesso un Duhan van der Merwe in più, pronto a seguire le orme di Tim Visser come una delle ali più letali dell’era moderna scozzese.
Obiettivo dell’Autunno
Vincere in trasferta con continuità è l’elemento che fa la differenza tra una buona squadra e una squadra che lotta per alzare i trofei al termine della stagione. Per la Scozia, dopo il successo in Galles, è arrivato il momento di prendere fiducia e continuare a vincere. L’unica sfida in trasferta della prima fase di Autumn Nations Cup è contro l’Italia, una delle poche avversarie contro cui la Scozia, ultimamente, ha sempre vinto lontano da Edimburgo – ma non senza faticare, quindi credo che per Townsend e i suoi sabato l’obiettivo sia vincere (perchè, come si dice, “a win’s a win”) ma soprattutto convincere, mettendo in campo una prestazione migliore di quella di Roma in febbraio. La quarta sfida potrebbe portare i Dark Blues ancora lontano dal BT Murrayfield e metterli di fronte ad un’avversaria più probante, non in termini di qualità ma a livello mentale, costringendo la Scozia ad uscire ulteriormente dalla propria ‘comfort zone’.
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Matteo Mangiarotti
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