Per la prima volta questi Azzurri si troveranno di fronte anche qualche avversario alla portata, ma non è ancora tempo di raccogliere frutti
Gli ultimi cicli quadriennali dell’Italia del rugby hanno sempre funzionato nello stesso modo. Inizio nell’estate successiva alla Rugby World Cup e tour nelle Americhe contro avversarie relative morbide come Canada e Stati Uniti per costruire le fondamenta del nuovo corso.
Un privilegio che, per situazioni contingenti, Franco Smith non ha avuto. Il tecnico sudafricano ha preso la guida dell’Italia all’inizio di quest’anno, costretto a costruire qualcosa immediatamente per il Sei Nazioni, la più ostica delle prove internazionali.
Poi ci si è messo lo stop alle attività sportive, il ritorno sui campi, la frettolosa conclusione del Torneo a complicare ancora di più le cose. La Autumn Nations Cup, per l’Italia, è la prima vera occasione di giocare contro una/due squadre all’incirca dello stesso livello, per misurare davvero caratura attuale e potenziale.
Da questa logica sfugge, almeno parzialmente, la partita di esordio contro la Scozia. Fra le squadre del Sei Nazioni, gli uomini di Gregor Townsend rappresentano forse la squadra che per storia e caratteristiche risulta più abbordabile agli Azzurri, ma quello che la nazionale del Cardo ha dimostrato recentemente la pone su un altro livello rispetto all’Italia.
Sarà la gara di Ancona con le Fiji il barometro della Autumn Nations Cup dell’Italia, mentre un ultimo posto nel girone significherebbe con ogni probabilità affrontare la Georgia e quindi un altro match dove essere costretti a dimostrare.
Queste sei settimane insieme saranno un balsamo per la nazionale azzurra, che non ha mai avuto la possibilità di lavorare insieme così a lungo, e quelle due gare rappresentano la sfida più simile al tour estivo nelle Americhe che Smith avrà l’occasione di affrontare.
La prima cosa all’ordine del giorno, dopo i parziali progressi della gara contro l’Inghilterra, è mostrare una evoluzione del gioco offensivo, finora pressoché nullo nelle due gare giocate ad ottobre.
D’altra parte i ripetuti messaggi del commissario tecnico della nazionale Franco Smith sono chiari: se la pressione dovuta alla necessità di fare risultato è pur sempre percepita, si lavora soprattutto per rendere l’Italia competitiva nel prossimo futuro, visto anche il pesante ricambio a livello di rosa: basti solo pensare che 8 dei 15 titolari di sabato non hanno giocato durante la scorsa Rugby World Cup, numero che sale a 12 giocatori sui 23 selezionati considerando la panchina.
Una piccola rivoluzione che è soltanto all’inizio di un percorso. E se il tifoso azzurro è stufo di vedere la propria squadra come un continuo cantiere aperto e brama soprattutto un risultato immediato, dovrà giocoforza armarsi di pazienza e buona volontà, perché di questa cesura c’è da tenere conto. La Autumn Nations Cup potrebbe intanto regalargli qualche piccola gioia preliminare.
Lorenzo Calamai
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