Il borsino azzurro dopo Italia-Scozia

Chi sale, chi resta stabile e chi scende dopo l’esordio dell’Italia in Autumn Nations Cup

Italia

Italia ph. Sebastiano Pessina

Nel nostro articolo di presentazione dell’Italia, entrando in questa Autumn Nations Cup, eravamo stati piuttosto chiari nel tratteggiare la situazione azzurra, affidandoci a quanto visto in campo nelle ultime settimane, ed alle dichiarazioni del capo allenatore Franco Smith, alla vigilia del torneo.

“L’Italia sta apportando una piccola e potenzialmente determinante rivoluzione nel suo parco giocatori e nel suo DNA, che però è ancora in una fase embrionale del percorso di crescita. E se il tifoso azzurro è stufo di vedere la propria squadra come un continuo cantiere aperto e brama soprattutto un risultato immediato, dovrà giocoforza armarsi di pazienza e buona volontà, perché di questa cesura c’è da tenere conto”, recitava la parte conclusiva della nostra analisi, che tutto sommato ha preannunciato in modo abbastanza preciso e veritiero quanto poi accaduto a Firenze. Gli azzurri hanno sfoderato una prestazione a 360 gradi migliore rispetto alle precedenti, anche a quella già discreta contro gli inglesi, ma ancora insufficiente per poter realmente pensare di superare all’80’ una squadra in palla come la Scozia, che attualmente resta un gradino sopra gli azzurri.

Se della prestazione collettiva dell’Italia torneremo a parlare nel dettaglio nella giornata di domani, è possibile dare uno sguardo alle performance dei singoli, attraverso il nostro borsino.

Chi sale?

Marco Zanon: probabilmente il miglior giocatore in campo. Il centro (in azzurro sempre schierato a numero 13) classe ’97 del Benetton Rugby, appena al secondo cap con la selezione maggiore italiana, ha sfoggiato un abito tecnico lussuoso al galà fiorentino. Superbo in attacco, pur toccando relativamente pochi palloni, dove fa danni ogni volta che riceve l’ovale. Apre la strada per la terra promessa sull’azione della meta, rompendo il placcaggio (4, in tutto, a fine gara) di Weir e battendo un altro difensore, prima di premiare il sostegno di Violi. Solido in difesa, dove sbaglia poco o nulla, e quando placca è spesso incisivo, con ben 4 tackle dominanti (su 7 a segno). Ad inizio stagione ci eravamo chiesti chi potesse prendersi la responsabilità della maglia numero 13 dell’Italia, soprattutto in assenza di Michele Campagnaro: allegando alla candidatura il file della partita del Franchi, Zanon parte sicuramente da posizione privilegiata in tale corsa.

Danilo Fischetti (e la prima linea titolare in senso lato): nella sua partita ci sono anche almeno un paio di placcaggi sbagliati di troppo, ma la performance in mischia chiusa del primo tempo – sua e dei compagni davanti -, ed un paio di superbi turn over vinti nel breakdown, in grado di mettere granelli di sabbia nel meccanismo psicologico e tecnico scozzese e al contempo dare possesso, territorio e grande autostima alla giovane truppa azzurra, lo pongono necessariamente tra i ragazzi in salita nel nostro borsino.

Chi è stabile?

Paolo Garbisi: grande continuità nella partita, con pochissime sbavature. Forse non grande guadagno con il gioco al piede, ma capacità straordinaria – ancor più se parametrata al tasso di esperienza – di prendersi sulle spalle la leadership tecnica e carismatica della squadra. Per il mediano dei Leoni, ulteriore conferma di poter competere – seppur con ancora molti dettagli da limare – già ora sull’arena dei test internazionali.

Niccolò Cannone: ricevitore solido in rimessa laterale, presenza di sostanza in difesa, dove è sembrato alzare la qualità e l’intensità della sua performance rispetto alla chiusura del Sei Nazioni, Cannone è stato anche il ball carrier più utilizzato dagli azzurri (11 palloni portati), tenendo alta l’efficacia delle sue cariche per gran parte della partita, mostrando così grandi miglioramenti – sia in attacco che in difesa – su una delle sue lacune: il calo di incisività delle sue azioni nel corso della gara, che ieri non si è minimamente presentato.

Jacopo Trulla: lo ammettiamo. Eravamo scettici sulla scelta di Franco Smith di puntare sull’ex Valsugana, dal primo minuto, a numero 14, soprattutto relativamente alla sua consistenza difensiva, sia in termini di letture e posizionamento, sia per quanto concerne l’efficacia al placcaggio sul proscenio internazionale. Pronti via, e l’estremo del Calvisano porta un tackle notevole su van der Merwe, che come prevedibile si rivelerà il giocatore più pericoloso degli scozzesi palla in mano, andando però a lavorare per lo più a lavorare lontano dalla zona di pertinenza dell’ala italiana. Calatosi con costrutto nel contesto dei test match, è piuttosto puntuale, pur senza strafare.

Matteo Minozzi: Non è al meglio, e si vede, soprattutto su un paio di sbavature difensive. E’ un giocatore formidabile per fiuto realizzativo e capacità di porre quesiti alla difesa avversaria, anche sul palcoscenico internazionale, e si vede al quadrato, pure in una giornata non memorabile. Mette il sigillo sulla meta, ed imbastisce almeno altri due contrattacchi oltremodo insidiosi. Roba per pochi.

Chi scende?

Jake Polledri: Probabilmente il miglior azzurro in assoluto nell’ultimo biennio, prima dell’infortunio al ginocchio, al minuto 66′, ha vissuto una gara meno brillante del solito. Già con la prima meta scozzese almeno in parte sulla coscienza, in collaborazione con Violi, è suo malgrado protagonista del turning point negativo del match per l’Italia, quando con gli azzurri in attacco sui 5 metri decide di forzare un grubber totalmente senza grande senso, quando con più pazienza l’Italia avrebbe potuto andare a marcare pesante. Sulla successiva azione scozzese, quella che porta alla terza meta, proprio a pochi istanti dal suo problema fisico, è quantomeno rivedibile sul placcaggio a Thomson in zona rossa, con l’8 rivale che arriva sin nei 5 metri, mettendo in grossa difficoltà la difesa azzurra, che capitola poche fasi dopo.

Carlo Canna: Prende decisioni condivisibili nella gestione dell’attacco, ma le esecuzioni sono meno accurate di altre volte, ed anche in difesa, in mezzo al campo, fatica più che nelle precedenti uscite sotto Franco Smith. Forse paga dazio anche per il duro confronto diretto con il super Marco Zanon di ieri. Non è una bocciatura, anzi. Ma forse il primo passaggio (quasi) a vuoto da numero 12 azzurro, dopo uscite comunque positive.

Bram Steyn: una delle prove più opache degli ultimi anni, tra Benetton e nazionale, per il terza linea dei Leoni, poco utilizzato in attacco, troppo leggero in difesa.

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