L’avanti azzurro ha fotografato il match con la Scozia parlando poi del suo ruolo e del match contro le Fiji
La partita con la Scozia è stata messa definitivamente alle spalle, quella con le Fiji invece nel mirino di un’Italia che, dopo aver raccolto i complimenti sulla scena internazionale, vuole tornare al successo.
A fare il punto della situazione in casa Azzurri ci ha pensato quest’oggi Johan Meyer, il terza linea delle Zebre che è intervenuto nel primo pomeriggio in un appuntamento virtuale con la stampa.
“Devo crescere – ha esordito l’avanti – ma sabato mi sono sentito e ho visto bene la squadra. In allenamento stiamo lavorando sulla mischia e, in particolare, sulla maul: cercheremo di avere un’evoluzione che ci porti ad essere ancor più pericolosi. La mischia è andata molto molto meglio rispetto alle ultime uscite: c’è un mix fra giovani ed esperti che sta funzionando e questo ci ha portato positività e convinzione”.
“Nella prima ora di gioco – ha proseguito il giocatore dell’Italia Johan Meyer – abbiamo giocato bene calando poi però negli ultimi venti minuti, ma penso che più che un problema fisico sia stato un problema mentale: di concentrazione e di abitudine. Dopo tanto tempo ci siamo trovati a essere in vantaggio nell’ultimo quarto e li avremmo dovuto cercare di stare più nella loro metà campo, ma questo ci servirà per il futuro”.
“Il mio ruolo? Io preferisco giocare come terza linea, ma fare anche la seconda non mi crea problema. So che Jake Polledri sarà fuori e che questo potrebbe aprire una possibilità in quel reparto, ma il mio obiettivo ora come ora è quello di farmi trovare pronto, di portare energia e freschezza alla squadra. La dimensione di impact player mi piace”.
“Stiamo preparando la partita contro le Fiji, sappiamo che il nostro set-piece potrebbe metterli in difficoltà: noi ci stiamo allenando come se la partita fosse regolarmente in programma sabato. Dobbiamo pensare a quello”.
Infine una chiusura sulle sue origini sudafricane e sullo stile di gioco di Franco Smith e Michael Bradley, suo allenatore alle Zebre: “Il dna di Smith e di Bradley sono diversi. In nazionale abbiamo un gameplan più diretto, che rispecchia ovviamente le caratteristiche di Smith, mentre alle Zebre il gioco è più orientato su altre peculiarità. Il punto in comune sul quale voglio lavorare è quello dell’intensità, dell’energia: voglio avere lo stesso spirito sia in azzurro sia con le Zebre a cominciare dagli allenamenti”.
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