Benetton fra guai di testa e di campo, Zatta duro: “serve un esame di coscienza”

La squadra spreca quintali di palloni e trema nei finali di partita. Il presidente manda un messaggio

zatta pro12 benetton treviso

Amerino Zatta, presidente del Benetton Rugby – ph. Sebastiano Pessina

Il Benetton non ha mai vinto in casa degli Ospreys, che si giocasse al Liberty Stadium o al St Helen’s come in questa occasione. Un record negativo che sembrava sul punto di crollare domenica scorsa, ma che ha resistito in virtù di una sorta di suicidio sportivo dei Leoni, oramai prigionieri di una vera e propria malattia che concerne i minuti finali.

E’ successo in questa stagione contro gli Scarlets, è successo innumerevoli volte nel corso della stagione scorsa, e a Swansea si è raggiunto l’apice, dilapidando 12 punti di vantaggio in meno di dieci minuti contro un avversario in inferiorità numerica.

Non è per la verità questo l’unico problema della franchigia di Treviso. I biancoverdi quest’anno appaiono una squadra meno concreta, meno precisa dell’anno scorso, in un ulteriore processo di involuzione partito già dalla stagione scorsa.

Dopo l’annata dei playoff 2018/2019, infatti, lo scorso anno il Benetton aveva dimostrato sì un attacco prolifico, ma anche una tendenza preoccupante a calare nei finali di partita e una diminuzione dell’efficacia e dell’accuratezza col pallone in mano, facendo registrare una media di 12 turnovers a partita, la più pesante dell’intero campionato.

Un trend, quello della perdita di possesso, che si è addirittura aggravato in questo inizio di Pro14: nelle prime 4 partite la media di turnover concessi ha raggiunto quota 14, solo nel primo tempo di Ospreys-Benetton i possessi sprecati sono stati 12. Oggi i dati del sito ufficiale parlano di 75 turnovers concessi in 5 partite, il peggior dato su base media delle 12 partecipanti al torneo.

Perché se è vero che lasciar sfumare un vantaggio di 12 punti nei minuti conclusivi dell’incontro di domenica è stato grave, è altrettanto vero che per i restanti 70 il Benetton non ha esattamente entusiasmato, pur dando costantemente l’idea di essere la squadra più forte in campo. Nella mezz’ora di superiorità numerica si è fatta valere riscuotendo immediatamente 7 punti, salvo poi non minacciare più gli avversari in quella che poteva diventare una partita da punto di bonus.

Ai problemi tecnici si affiancano probabilmente anche altri dovuti a una sorta di pressione psicologica endogena, autogenerata dalla storia recente dei finali di partita. In questo, il taglio radicale dei senatori avvenuto in estate potrebbe aver avuto un peso notevole: se è vero che alcuni leader sono rimasti, come Alberto Sgarbi, è anche vero che il Benetton ha scelto di fare a meno di nomi importanti a livello di esperienza e di leadership morale, tecnica e tattica: Dean Budd, Alessandro Zanni, Tito Tebaldi, Nasi Manu, Ian McKinley.

Lo sostiene anche il presidente, Amerino Zatta, dalle colonne della Tribuna di Treviso: “Probabilmente ciò che manca è la leadership. Contro Ulster e Leinster il Benetton non ha dimostrato di essere sottomesso ed è uscito a testa alta, ma con Scarlets, Cardiff e Ospreys no. Io di soluzioni per uscirne non ne ho altrimenti le avremmo già trovate.”

Il numero uno dei Leoni non le manda a dire: “Il gruppo è formato da 45 giocatori che io considero tutti allo stesso livello: se qualcuno di loro non pensa di essere all’altezza di un club che si chiama Benetton meglio che cambi aria. Chi gioca è tenuto a metterci il massimo impegno, basta parlare di infortuni e nazionali, li hanno anche gli avversari. Si può anche perdere, ma dopo aver tentato tutto ciò che è nelle sue possibilità; invece nelle ultime tre la squadra è uscita dal campo con grande amarezza e delusione. Manca sempre qualcosa, disciplina, esperienza, non lo so, so che dobbiamo recitare il mea culpa per un comportamento inspiegabile”

“Lo staff non è in discussione, qui c’è una squadra che deve portare a casa il risultato. Punto. In panchina ci può essere Toni, Bepi o Caio, sono i 23 in campo che hanno il dovere di far punti. Lo staff sta facendo il proprio lavoro, i responsabili sono i giocatori: io non penso che sia colpa dell’allenatore se nel finale, avanti di 12, la sua squadra riesce a farsi battere. Sono i ragazzi che devono farsi un bell’esame di coscienza”.

Una pressione ulteriore, proveniente ancora dall’interno, quella operata dal dirigente: avere certe aspettative sulle spalle sicuramente non lascerà indifferente il gruppo. C’è solo da capire se possa fare estremamente bene o peggiorare ancora le cose.

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