Da chi si è già preso il proprio ruolo a chi lo sta conquistando, i numeri dei giovani della nazionale transalpina sono unici
Sin dagli ultimi mesi di Jacques Brunel da head coach della nazionale francese era stato chiaro: quelli della generazione d’oro del rugby francese, vincitori di due titoli mondiali consecutivi, non avrebbero tardato molto ad arrivare ai piani alti.
Da quando Fabien Galthié ha preso il posto del Baffo, la rivoluzione verso un futuro che sa sempre più di presente è in atto. Dei 28 giocatori classe 1998/1999 che hanno vinto il World Rugby U20 Championship nel 2018, 9 hanno già debuttato con la nazionale maggiore a soli due anni di distanza.
Lo hanno fatto in tempi brevissimi Romain Ntamack, fenomeno puro che aveva messianicamente annunciato la sua venuta già nelle categorie giovanili ed era al centro dell’attenzione per un salto di qualità già due anni fa, e Demba Bamba, che ha scalato le gerarchie grazie a una maturità fisica fuori dal comune e alla intelligente scelta di spendere un anno in prestito in ProD2 per accumulare immediatamente minutaggio ed esperienza.
Ntamack ha debuttato in nazionale maggiore il primo febbraio del 2019, 3 mesi prima di compiere 20 anni. Come accennato, il suo status di predestinato era chiaro: già nel 2017, quando ancora non aveva giocato un minuto da professionista, era stato incluso nella lista dei giocatori di interesse nazionale dall’allora commissario tecnico Guy Noves.
Romain Ntamack oggi ha 21 anni e ha già vinto un Top 14 e giocato due Sei Nazioni e una Rugby World Cup. E già questo è abbastanza eloquenta
Bamba, di un anno più vecchio, ha esordito addirittura prima: 24 novembre 2018, nella bruttissima sconfitta dei Bleus contro le Fiji.
Non tutti hanno i talenti sensazionali di questi due giocatori, ma la truppa di giovani si è comunque meritata immediatamente un posto al tavolo dei grandi: il centro del Lione Pierre-Louis Barassi ha già 42 presenze e 13 mete in una delle squadre più competitive del Top 14, ha debuttato in nazionale contro Tonga ed è stato nuovamente convocato da Fabien Galthié per l’ultimo match della Autumn Nations Cup; Jean-Baptiste Gros, pilone classe ’99, ha più di 40 presenza con Tolosa e cinque caps in nazionale, dove sta sgomitando per divenire stabilmente la prima scelta a pilone sinistro; Arthur Vincent ha debuttato nel Sei Nazioni di quest’anno contro l’Inghilterra, per poi partire titolare contro l’Italia nella seconda giornata; Cameron Woki, terza linea del Bordeaux che veleggia ai piani alti del Top 14 con lui come punto di riferimento, è stato convocato ad ogni raduno della nazionale di Galthié, riuscendo ad ottenere 3 caps, il primo da titolare contro l’Italia.
Tre campioni del mondo U20 hanno debuttato sabato contro l’Italia: Louis Carbonel, il mediano di apertura titolare in entrambe le campagne mondiali e oggi del Tolone (34 presenze da titolare finora, fra cui la finale di Challenge Cup), sarebbe coltivato come una pianta in via d’estinzione praticamente dovunque, mentre in Francia si deve accontentare di essere la seconda/terza scelta dietro il profeta Ntamack e Matthieu Jalibert, che hanno rispettivamente la stessa età e un anno in più, a ulteriore testimonianza di cosa stiamo parlando quando parliamo di generazione dorata; Killian Geraci è una seconda linea che rischia di insidiare gli equiparati Le Roux e Willemse per un posto da titolare, un ragazzone di 2 metri che alla sostanza unisce anche un qualità non comune; il pilone Hassane Kolingar del Racing 92, forse uno dei meno rapidi ad emergere ma che a Parigi sta lentamente risalendo come in una gara di stile libero in piscina, quando i nuotatori innestano un’altra marcia con le gambe.
Non è tutto qui, perché Galthié potrebbe inaugurare la carriera internazionale di altri tre campioni del mondo: Clement Laporte del Lione è emerso ad Agen come un utility back e con già 46 presenze in Top 14 a 21 anni; Matthis Lebel del Tolosa, marcatore letale da 12 mete in 25 presenze nel massimo campionato francese; Sacha Zegueur, che è un po’ la sorpresa, militando in ProD2 con Oyonnax.
Si tratta di una rivoluzione generazionale importante e con pochi eguali a livello internazionale: tutte le squadre che hanno cambiato di più come Irlanda, Galles, Australia e Italia, lo hanno fatto inserendo sì un buon numero di giovani nati tra il 1998 e il nuovo millennio, ma senza minimamente andare vicini alla doppia cifra oramai praticamente raggiunta in Francia. Segno che i Bleus hanno fretta che il futuro cominci adesso.
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