Il fuoriclasse italiano ha parlato con AFP a due giorni dal suo ritorno in Champions Cup
Inserito ad inizio settimana nel XV ideale del decennio di World Rugby – nel corso della notte dei World Rugby Awards -, in compagnia di altri fuoriclasse assoluti della nostra epoca, Sergio Parisse – che a 37 anni si sta rivelando uno degli elementi più peformanti del Tolone di Collazo, quarto in Top14, ma con una gara in meno di La Rochelle e Tolosa al vertice – si appresta a tornare in Champions Cup (debutto stagionale sabato alle 16.15 contro gli Sharks, diretta su Sky Sport), competizione che non disputa dal 2015/2016 quando ancora militava nello Stade Francais (che fu eliminato nei quarti di finale dai Leicester Tigers).
Un Sergio Parisse, recentemente colpito dalla scomparsa di un amico come Cristophe Dominici, atteso dall’esame del massimo torneo continentale, che ha impressionato dal ritorno in campo post pausa, tra campionato e Challenge Cup ’19/’20 – persa nella finale di Aix-en-Provence contro Bristol -, per la costanza con cui ha garantito prestazioni di assoluto rilievo (8 presenze, tutte da titolare, su 10 uscite, per 625′ in campo su 640′ complessivi, con una meta e anche ‘giocate’ così), in un contesto oltremodo competitivo come quello dei ‘Galacticos’ ’20/’21. Che sia addirittura migliorato, si sono chiesti in molti Oltralpe?
“Non credo di essere migliorato, perché sono un giocatore fatto e finito, ma posso dire che a 37 anni sono ancora molto esigente con me stesso. Cerco ogni weekend di essere il migliore in campo, anche attraverso un’importante gestione delle settimane di lavoro. Sto giocando molto ma non mi lamento perché il mio corpo risponde bene. Non ho la stessa velocità di qualche anno fa, ma cerco di essere il più efficiente possibile, anche in altri modi”, ha spiegato il numero 8 italiano in una lunga ed interessante intervista con AFP.
Nessun segreto per la longevità, ma tanta dedizione. Ed un ultimo desiderio
“La mente fa la differenza. Se avessi ascoltato il mio corpo, probabilmente avrei saltato tante partite, con club e nazionale. Non sono un supereroe. Sono come ogni giocatore di rugby che ha dolori fisici, ma faccio una vita d’atleta con super rigore, anche se da giovane ci prestavo meno attenzione”, ha svelato Parisse, che, incalzato dai giornalisti transalpini, ha parlato, in conclusione, anche del suo rapporto speciale con l’Italia e la maglia azzurra.
“Il legame con la selezione italiana durerà tutta la vita. Come ho già detto altre volte, mi piacerebbe fare un’ultima partita davanti al pubblico italiano. Perché no, magari durante il prossimo Sei Nazioni. Ma per ora sono concentrato sul Tolone”.
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