Il 69enne bresciano, attuale presidente FIR, ci racconta il suo programma e la sua visione per il rugby Italiano del prossimo quadriennio
Alfredo Gavazzi, 69enne imprenditore bresciano, è alla guida della Federazione Italiana Rugby da due mandati. Un’esperienza da giocatore tra gli anni ’70 e l’inizio degli ’80, prima di inziare una lunga carriera da dirigente sportivo in ambito ovale. Con il suo “Rugby futuro” si propone ora per un terza volta alla carica di presidente FIR per il quadriennio 2021/2024. Così come gli atri sei candidati, lo abbiamo raggiunto telefonicamente per una chiacchierata in cui ci ha illustrato il suo programma rispondendo alle nostre domande.
In fondo a questo articolo trovate il link per consultare le biografie e programmi completi di tutti i sette candidati, nonché i link per leggere le rispettive interviste che abbiamo pubblicato.
Presidente Gavazzi come valuta il quadriennio, il suo secondo alla guida FIR, appena andato in archivio?
Ci sono tre situazioni importanti da sottolineare: siamo diventati soci paritari della lega celtica, abbiamo ceduto una quota del torneo al fondo CVC – con conseguente entrata di risorse vitali per il movimento -, ed è in via di definizione la trattativa – decorso lungo, ma il più è fatto – di cessione di un settimo delle quote del Sei Nazioni sempre a CVC, con ulteriori introiti in arrivo per la Federazione.
Nonostante sia stato un anno globalmente disastroso, a causa delle arcinote questioni sanitarie, con entrate venute meno – tra incassi mancati ed alcune sponsorizzazioni legate ai match non giocati -, la Federazione ha potuto erogare due contributi da due milioni di euro a fondo perduto alle società affiliate, e a fine anno ha anche ricostituito il capitale. Se a gennaio c’era una perdita di 3 milioni e 200mila euro, al 31 dicembre 2020, il capitale, come detto, è stato completamente ricostituito. Mi sento di poter dire che sul piano finanziario ci siano state una serie di positività.
E su quello sportivo?
Partendo dal presupposto che non sia possibile giudicare l’ultimo anno, posso dire che abbiamo un ottimo posizionamento mondiale con la selezione nazionale femminile, ed un Under 20 che ormai si è stabilizzata tra l’ottava e la nona posizione globale da diversi anni. Con la seniores, invece, abbiamo fatto un grande ricambio generazionale, con l’inserimento, nel quadriennio, di più di 40 nuovi atleti in rosa. Stiamo soffrendo, ma ci sono anche segni positivi, basti pensare alla Coppa del Mondo 2019, paragonata a quella del 2015. In Giappone abbiamo sì perso contro il Sudafrica Campione del Mondo, dignitosamente, al di là del punteggio, ma nelle altre due gare, contro gli avversari più deboli del girone abbiamo vinto con margini molto più larghi di quanto non accadde in Inghilterra.
Nel sei Nazioni, però, le cose stanno andando male…
E’ vero, non stiamo ottenendo risultati positivi, ma ci sono segni di crescita. L’età media della squadra, nell’ultimo torneo, si è abbassata molto, ed i risultati dei match, anche nel corso della Autumn Nations Cup, sono spesso rimasti in bilico almeno fino a trequarti di gara. Ci mancano ancora gli ultimi 15’, forse anche perché – nel gruppone di questi nuovi innesti – chi parte dalla panchina non è ancora all’altezza dei titolari.
Senza vittorie è dura però…
Sono consapevole che non vinciamo, ma dobbiamo ancora lavorare molto, sia sul profilo fisico, sia su quello gestionale, anche se va sottolineato come mediano di mischia e di apertura abbiano rispettivamente 19 e 20 anni all’anagrafe. Possono trovare qualche problema attualmente, ma si tratta di elementi fondamentali di un gruppo che potrà fare bene nei prossimi 5/6 anni, con continuità. Quello che stiamo facendo è un investimento per il futuro.
Poi, lontano dal torneo abbiamo fatto una bella figura anche in Giappone, vincendo una sfida e perdendone una di poco, nella serie dell’anno precedente al Mondiale, abbiamo confermato come ci sia ancora una netta differenza tra noi e la Georgia, con il successo di Firenze. Insomma dei segnali positivi ci sono ma anche la consapevolezza che dobbiamo ancora crescere.
Quali saranno gli obiettivi di un eventuale terzo mandato?
Il mantenimento dello standard della femminile tra il quinto ed il settimo/ottavo posto del ranking mondiale, il consolidamento e possibilmente la crescita del posizionamento dell’Under 20 ed il ritorno con consistenza alla vittoria della Selezione seniores, soprattutto contro quelle nazionali che sono alla nostra portata. Nel programma, poi, ci sarà spazio anche per un investimento importante per il rilancio della Nazionale emergenti, che in questi anni per questioni di bilancio abbiamo dovuto limitare perché il primo obiettivo era quello di riportare il bilancio in parità.
Cosa succederà con Accademie e CDFP?
La mia idea è quella di confermare la struttura esistente, aggiungendo un quinto centro di formazione per il sud, che vedrei a Napoli, una città ben servita. Esiste la necessità di investire risorse e personale umano nel centro-sud.
Quale sarebbe il primo intervento operativo in caso di terzo mandato?
Vorrei strutturare al meglio l’attività dell’emergenti, in cui convogliare gli under 23 in uscita dalla Under 20, non ancora pronti per il palcoscenico internazionale, definendone anche un calendario di appuntamenti agonistici. Poi vorrei far sì che l’attività agonistica dei giovani e dei giovanissimi, che sono stati fermi a lungo, possa proseguire anche in estate, permettendo ed incentivando l’attività giovanile anche in mesi magari inusuali.
Se proseguisse in carica, ovviamente, immaginiamo che sul fronte Zebre si andrebbe avanti in continuità a quanto visto negli ultimi anni. Come reputa – alla luce dei risultati dentro e fuori dal campo – l’ultimo quadriennio zebrato?
Detto che purtroppo Parma non ci ha dato grandi soddisfazioni, sin qui, sul fronte della partecipazione del territorio, per quanto concerne il campo, invece, bisogna mettere le Zebre nel giusto contesto. Con un bilancio di circa 6 milioni, le Zebre sono la squadra con il budget più basso del Pro12. Quindi, se dovessi fare un rapporto costo/ricavo generale, il bilancio è positivo. Abbiamo enormi margini di miglioramento, soprattutto con il percorso intrapreso in tempo recenti, anno dopo anno dobbiamo consolidare questa posizione, ma già oggi, il team ducale è una risorsa importante, che ci permette di inserire nell’alto livello tanti giocatori giovani di qualità. Poi è evidente che si può sempre fare meglio.
Entrando nel tema elettorale, si aspettava così tanti candidati?
La cosa che realmente mi rammarica è che il nostro gruppo si sia diviso in tre candidature. Per il resto, sapevamo che Innocenti si sarebbe candidato nuovamente, e che Poggiali, dopo la rottura tra Marzio e PALC, sarebbe stato l’uomo del movimento. De Anna, invece, è fuori dal nostro movimento da 30 anni, non capisco molto la sua candidatura, ma non giudico, siamo in democrazia e ritengo che chi ritiene si libero di candidarsi. Ad ogni modo, dopo la chiusura degli accordi con CVC, in federazione arriveranno molti fondi, e forse anche questo fa gola a tanti.
Come pensa possano dipanarsi queste elezioni, con ben 7 candidati?
Un proverbio dice che ogni pianta fa ombra. Ci sarà sicuramente una dispersione di voti, ma faccio fatica a poter pensare, ad oggi, a che tipo di sviluppo possa avere realmente questa elezione. Se le società hanno senso di responsabilità, comunque, sapendo da dove e come arrivano i soldi che mandano avanti la Federazione, penso non ci siano tante persone disponibili con la conoscenza del ‘Mondo Internazionale’ di un certo tipo.
Non pensa, e per diversi mesi sembrava che potesse rinunciare, fosse arrivato il momento di lasciare spazio ad altri?
Non mi sarei candidato se ci fosse stata una situazione diversa. La mia preoccupazione, come detto, è legata al fatto che tra gli altri candidati – ad eccezione di Saccà – nessuno conosca realmente la macchina federale – serve tempo per comprenderla, io stesso feci fatica nelle mie prime esperienze -, e che nessuno sappia cosa voglia realmente dire interfacciarsi con il livello internazionale, da dove arrivano l’80% delle nostre risorse.
Cosa intende per situazione diversa?
Avrei dovuto fare un mandato per instradare e far crescere persone, che poi avrebbero potuto prendere concretamente in mano le redini della situazione, con tutte le conoscenze del caso. Ma di fatto, non è stato possibile. Io credo che oggi la Federazione Italiana Rugby sia un’azienda e vada gestita con tutti i crismi con cui si conduce un’azienda e da chi abbia un certo tipo di esperienza.
Perché si dice che lei non lasci grande autonomia a chi le sta attorno…
Chi ha voluto lavorare con me ha avuto tutti gli spazi che desiderava. Io ho sempre auspicato che le persone si prendessero delle responsabilità. Ma prendersele vuol dire lavorare, dedicare del tempo e non tutti hanno voglia di farlo…
Io stesso, nei primi anni in consiglio, nonostante le mie esperienze lavorative, ho tribolato molto per entrare nei meccanismi di questo genere di istituzione, per costruirmi una cultura operativa di un certo tipo.
Pensa che il rugby possa uscire da questo momento difficile, dettato da una situazione così particolare?
E’ Difficile giocare in questi mesi, ma lo sapevamo anche quando si è deciso di ripartire. Noi abbiamo voluto che il torneo continuasse/ripartisse, altrimenti il movimento sarebbe stato senza competizioni domestiche attive. Speriamo, però, che la situazione ci dia tregua e consenta di poter ritrovare in campo tutti. La federazione è stata ed è vicina alle società in questo momento e lo sarà ancora. Nel bilancio preventivo ci saranno altre risorse da utilizzare per dare loro respiro: siamo consci del grande sforzo che stanno mettendo in atto per resistere in questi mesi.
Un’ultima domanda personale: il 2020 è stato un anno difficile anche sotto il profilo personale con qualche problema di salute. Come sta?
Ora fisicamente sto molto bene, la vista è in via di guarigione.
Le biografie e i programmi completi dei sette candidati alla presidenza FIR sono consultabili a questo link.
Leggi anche: intervista a Gianni Amore – intervista a Elio De Anna – intervista a Marzio Innocenti – Intervista a Giovanni Poggiali – Intervista a Nino Saccà – Intervista a Paolo Vaccari
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