Un viaggio dentro il mito del rugby, attraverso il racconto dei club di culto e non, dei campioni, degli stadi, dei tifosi, delle mete segnate e delle azioni fallite.
“Modo, stile, filosofia. Istinto, naturalezza, talento. Gioco. Lo spirito del gioco. Lo spirito di gruppo. Quel Galles degli anni Settanta era una famiglia allargata. Gareth e i suoi fratelli”.
E’ uscito il nuovo libro di Marco Pastonesi dal titolo “La Meta più Bella della Storia”: un volume di 210 pagine edito da Baldini + Castoldi, incentrato sulla visceralità del Galles, nei confronti dell’ovale e dei suoi eroi nazionali. Perché se è vero – come scritto nel colophon del libro – che il gioco è nato in Inghilterra, cresciuto in Australia, fortificato in Sud Africa, eccitato in Francia, sublimato in Nuova Zelanda, si sarà abbronzato a Figi, Samoa e Tonga, ma è e rimarrà lo sport del Galles.
Da Gareth Edwards – che con i Barbarians si rese autore appunto de “La meta più bella della Storia”, nella leggendaria sfida del 1973 a Cardiff contro gli All Black – ai suoi fratelli di rugby in un racconto che porta avanti l’ideale e gloriosa linea del tempo ovale dei Dragoni, che per esempio comprende anche l’arbitro Nigel Owens, con paragoni ad altri personaggi sportivi (e non solo) del ventesimo secolo, fra cui Tazio Nuvolari e Fausto Coppi.
“Ogni volta che una squadra gallese gioca – scrive Pasotnesi – è come se uscisse da un cunicolo, venisse alla luce, risalisse sotto il cielo aperto da una miniera: un’ascesa, o meglio, un’ascensione. E ogni giorno in cui il Galles gioca al Millennium, la basilica di San Pietro del rugby, è il Giubileo”.
Scritto con l’inconfondibile tratto epico, ironico e poetico che caratterizza tutti i libri di Pastonesi “La Meta più Bella della Storia” coinvolge il lettore catapultandolo in un viaggio mistico dentro il mito del rugby, attraverso il racconto dei club di culto e non, dei campioni, degli stadi, dei tifosi, delle mete segnate e delle azioni fallite. 210 pagine che si fanno leggere tutte di un fiato non solo dagli appassionati di rugby ma anche a da chi è attratto dalle grandi storie di dedizione, coraggio, ribellione, gioia che solo lo sport può dare.
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