Sei Nazioni 2021, Italia: bisogna ricominciare, ancora una volta

Azzurri imprecisi, confusi e scarichi: contro la Francia non si attendeva l’impresa, ma la prestazione è stata deludente

L'Italia incomincia male il suo Sei Nazioni 2021: brutta sconfitta contro la Francia - ph. Sebastiano Pessina

L’Italia incomincia male il suo Sei Nazioni 2021: brutta sconfitta contro la Francia – ph. Sebastiano Pessina

L’Italia ha perso contro la Francia allo Stadio Olimpico senza che la partita fosse per un solo istante in dubbio, e purtroppo non è una notizia.

Già dalla vigilia era chiaro e sotto gli occhi di tutti come il gap fra le due nazionali fosse incolmabile a meno di catastrofi da una parte e miracoli dall’altra: è la dannazione della squadra Azzurra, unica squadra al mondo a giocare con così tanta continuità contro squadre di un livello superiore al proprio. Il contrappasso per l’onore, il privilegio e gli introiti vitali che porta il Sei Nazioni.

Tuttavia non si può nascondere il fatto che la prestazione nella prima giornata, tra le mura amiche di Roma, sia stata deludente sotto ogni punto di vista.

Non tanto perché sono bastati appena sei minuti alla Francia per segnare con Dylan Cretin, neanche perché nei primi dieci i nostri avversari hanno marciato a un ritmo di un punto al minuto, e neanche per colpa della bella meta inventata da Antoine Dupont con il mancino per Gael Fickou: purtroppo le due marcature segnate dalla Francia nella prima parte della gara stanno all’interno del contesto di superiorità dei francesi.

È stata l’imprecisione, la fragilità e la poca carica agonistica azzurra a colpire, soprattutto rispetto all’Italia che era uscita dalla Autumn Nations Cup.

L’Italia ha preparato la partita discretamente, modulando in maniera leggermente diversa il proprio piano di gioco offensivo: meno palloni spostati da una parte all’altra del campo, più attacchi incentrati intorno alle abilità di playmaking di Stephen Varney vicinissimo al punto d’incontro. Lo stesso Fabien Galthié, nel post-partita, ha notato come la sua difesa sia stata messa in difficoltà da questa novità strategica.

Il problema è che l’attacco ha funzionato, almeno parzialmente, solo lontano dalla zona rossa avversaria. L’Italia nel primo tempo è arrivata nei 22 metri avversari per 4 volte, tornandosene a casa con appena 3 punti, peraltro ottenuti con un attacco estenuante da 19 fasi, dove il demerito di conquistare solo a tratti la linea del vantaggio ha superato il merito di conservare così a lungo il possesso.

Principale colpevole dell’inefficacia offensiva è l’imprecisione tecnica: gli errori di trasmissione del pallone sono stati innumerevoli in tutte le zone del campo: tanti palloni finiti a terra e tanti altri passati in maniera approssimativa costringendo chi riceve a difficili controlli dell’ovale per mantenere il possesso.

L’altra faccia della medaglia è una prestazione difensiva a dir poco approssimativa. Se in generale il sistema azzurro è sembrato un po’ arrugginito, l’insufficienza è emersa in particolare a livello individuale: senza il placcaggio, nessun sistema può funzionare, e gli errori sono arrivati anche da situazioni in cui l’attacco dei transalpini non ha presentato particolari quesiti o combinazioni. E se non è mancata la grinta, quanto meno non s’è vista la stessa vis pugnandi che aveva contraddistinto la pur pesante sconfitta contro l’Inghilterra, sempre a Roma, nell’ultima giornata dello scorso Sei Nazioni.

Insomma, rispetto al recente passato l’Italia sembra trovarsi di nuovo allo stesso punto di partenza. Come lo stesso Franco Smith ha forse involontariamente fatto notare in conferenza stampa, le partenze delle finestre internazionali sotto la sua guida (ma non solo) sono state tutte segnate da ampie sconfitte: 42-0 contro il Galles all’inizio del Sei Nazioni 2020, 50-17 contro l’Irlanda al ritorno in campo a ottobre, 50-10 contro la Francia. Un infinito loop nel quale l’Italia non può mai dare per assodata la conquista di un certo livello di competitività.

Il commissario tecnico degli Azzurri, però, ha ragione anche quando dice che le partite non sono integralmente buone o integralmente da gettare, e che qualcosa di positivo da cui ripartire questa partita l’ha comunque esibita: le intuizioni offensive di Varney sono come acqua fresca per l’assetato gioco della nostra nazionale, e anche Garbisi ha mostrato sprazzi di qualità. I due sono diventati con la partita di sabato la coppia mediana più giovane ad aver mai disputato un Sei Nazioni, e la seconda più giovane dell’intera storia del Cinque/Sei Nazioni, eguagliando un record vecchio di 59 anni.

A questa speranza si aggrappa il rugby italiano: a un gruppo di giovani talentuosi gettato nell’arena internazionale per portarci verso un futuro migliore. Come ha ricordato Martin Castrogiovanni nel prepartita, la nostra migliore generazione nacque proprio così.

Lorenzo Calamai

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