Con la vittoria a Twickenham il XV di Townsend è già negli annali. Ora, con tre gare in casa, a nord del Vallo di Adriano si sogna
Nessuno dei ventitré giocatori in campo con la maglia della Scozia lo scorso sabato era nato nel 1983, l’ultima volta che il XV del Cardo era sceso in Inghilterra e tornato a casa con la vittoria in cascina.
La conquista della Calcutta Cup il 6 febbraio 2021 è un evento sportivo che finirà dunque negli annali. Ma se Stuart Hogg chiedeva ai suoi di “fare la storia” vincendo a Twickenham, perché ora la Scozia non dovrebbe sognare di portare a casa il suo primo Sei Nazioni?
Vincitori nel 1999 dell’ultimo Cinque Nazioni, gli scozzesi non sono mai riusciti a portare il trofeo a nord del Vallo di Adriano, ma con la vittoria in Inghilterra di sabato e un calendario che li vedrà sfidare Irlanda, Galles e Italia fra le mura amiche del Murrayfield, perché non sognare?
È pur vero che di mezzo c’è una gara a Parigi contro la squadra numero uno del Torneo, almeno per il momento e sulla carta.
D’altronde non solo la vittoria in Inghilterra mancava da 38 anni, ma questa è solamente la quarta volta negli ultimi 21 anni che la Scozia inizia il Torneo con una vittoria, e la prima che ciò avviene in trasferta.
“Abbiamo un’opportunità per noi rara al Sei Nazioni: costruire su una vittoria alla prima giornata – ha detto Townsend dopo la vittoria contro gli albionici, indicando però la Francia come squadra al momento favorito per il titolo – La settimana passa veloce e saremo ben preparati per il Galles. Sarà il nostro focus sin da lunedì mattina.”
“Hoggy [Stuart Hogg] lo ha detto ai giocatori già negli spogliatoi: godiamoci il momento, ma abbiamo solo un paio di giorni per tornare con i piedi per terra.”
“Non eravamo i favoriti per vincere una singola partita a Twickenham, figuriamoci per il Torneo. Penso che ora sia la Francia la favorita di tutti.”
Intanto, la questione delle possibilità di vincere il Sei Nazioni è sorprendentemente lontana dai titoli dei principali media sportivi scozzesi, totalmente concentrati sul kneegate. Insomma, sui giocatori delle due squadre che si sono inginocchiati al momento dell’annuncio contro il razzismo che si ascolta all’inizio di ogni partita del Torneo.
La maggior parte dei giocatori inglesi si sono inginocchiati, mentre fra gli scozzesi solo 4 giocatori li hanno imitati: da lì sono scoppiate le polemiche che stanno tenendo banco in questi giorni sulla liceità di inginocchiarsi e su quella di non farlo, tanto che addirittura la prima ministra scozzese Nicola Sturgeon è intervenuta pubblicamente per dire la sua in merito.
Sul tema ha riassunto le varie posizioni il flanker Jamie Ritchie: “È stata un po’ una sorpresa a dire il vero. Nessuno ci ha detto prima della partita ‘vorremmo che ti inginocchiassi’ o ‘vorremmo che non ti inginocchiassi’. È stata una scelta personale.”
“Non penso che chi non lo abbia fatto sia in disaccordo con le ragioni. È giusto al 100% che il rugby riconosca e sostenga il movimento antirazzista, lo condivido completamente. Penso che chi sia rimasto in piedi in silenzio sia in completo supporto del messaggio.”
“Inginocchiarsi o no non è una cosa di cui abbiamo parlato prima della gara, è stata semplicemente una preferenza individuale. Personalmente è la prima volta che sono coinvolto in una partita in cui è accaduto. Non sono stato sorpreso, so che in Premiership alcuni giocatori lo stanno facendo, ma anche in quel caso è tutto a discrezione della persona. Io ho usato quel momento per riflettere sul messaggio, senza inginocchiarmi.”
Il dibattito sulla questione ha nel frattempo allontanato parzialmente dalle questioni di campo, dove uno dei protagonisti è stato senza dubbio Cameron Redpath, l’esordiente cresciuto in Inghilterra, selezionato anche per un ritiro da Eddie Jones, e poi passato a vestire la casacca scozzese a soli 21 anni, proprio a Twickenham.
Se non fosse stato per uno Stuart Hogg formato maxi, forse Redpath avrebbe addirittura meritato il man of the match.
“Mi sono sentito pronto, credevo questo fosse il momento giusto di entrare nel rugby internazionale – ha raccontato il figlio di Bryan, mediano di mischia scozzese negli anni Novanta ed ex compagno di squadra di Gregor Townsend – Hoggy è stato in contatto con me per un po’, dicendomi che pensava che avrei potuto avere un ruolo molto importante per la squadra. Ha avuto una grande influenza sulla mia decisione di rappresentare la Scozia. Il modo in cui giochiamo è divertente per noi e per il pubblico, e anche questo è stato di grande appeal per me.”
La Scozia dovrà vedersela con il Galles nel prossimo weekend, a Murrayfield. Townsend richiama le truppe all’ordine: “Dobbiamo migliorare da una settimana all’altra. Abbiamo fatto buone cose, ma c’è ancora molto da lavorare: il Sei Nazioni sono cinque partite singole contro squadre fortissime. Sappiamo che il Galles sarà una grande sfida per noi sabato.”
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.