La seconda giornata del Sei Nazioni riaccende i fari sulla questione arbitri e sul metro di giudizio
Chi ci legge da tempo sa che non amiamo la polemica, tanto meno il giornalismo urlato. E che non è nostra abitudine esprimere giudizi tanto meno a caldo. Ecco perché, anche in questo caso, abbiamo preferito prenderci qualche giorno per fare una riflessione meno emotiva e più ponderata su regole, arbitri e metri di giudizio.
Un argomento che abbiamo già trattato al termine dell’Autumn Nations Cup, su cui, vedendo confermata in pieno la nostra disamina dagli episodi avvenuti nella seconda giornata del Sei Nazioni, non possiamo che ribadire quella che era la nostra conclusione di allora: “il rugby di oggi ha qualche problema di regole e di interpretazioni delle stesse. Serve un intervento per tutelare, oltre allo spettacolo e all’incolumità dei giocatori, la credibilità e l’immagine di uno sport che si fonda proprio sul rispetto delle regole.”
Anche questo caso, come nell’articolo sopra citato, l’intento non è tanto di evidenziare e lamentare i controversi episodi legati alla partita degli Azzurri, che per altro a nostro avviso – ma anche secondo quello di Nigel Owens– ci sono stati e hanno senz’altro influenzato l’andamento del match. L’andamento del match, che è cosa diversa dal risultato, sia ben chiaro. Ovvero la partita non l’avremmo vinta comunque ma, se almeno quell’intervento di Farrell su Varney fosse stato giudicato a dovere, la meta che ha portato gli inglesi dal 20-11 al 27-11, permettendogli di giocare in totale sicurezza gli ultimi 30 minuti, non ci sarebbe stata. E le certezze (inglesi) e le motivazioni (dell’Italia) sarebbero state un po’ diverse nella parte finale di gara.
Gli arbitri, sarebbe meglio dire la quaterna arbitrale, possono sbagliare o non vedere un episodio per carità è umano nel contesto di una partita e nella mole di situazioni da tenere sotto controllo nel corso di un’azione – anche se per il TMO le attenuanti sono davvero poche – però il metro di giudizio in situazioni analoghe deve (vorremmo mettere anche due punti esclamativi) essere sempre (anche qui due punti esclamativi) lo stesso.
Sabato al Murrayfield il pilone destro della Scozia Zander Fagerson nel tentativo di pulire un raggruppamento ha preso un cartellino rosso per essere entrato di spalla colpendo l’avversario gallese alla testa. Marcos Kremer, autore di un intervento analogo nell’ultimo match del Tri Nations dello scorso dicembre tra Argentina e Australia, veniva sanzionato con un cartellino giallo. Nell’Autumn Nations Cup il gallese Liam Williams, anche lui protagonista di una pulizia in ruck in cui il braccio impattava sul viso di Carlo Canna, non subiva invece nessuna sanzione.
Tre episodi (fallosi) identici e tre decisioni differenti.
Tre episodi, rivisiti anche col TMO e soprattutto non dubbi o opinabili, come potrebbe essere un avanti sull’azione di una meta, valutazione che potrebbe essere considerata 50 e 50 (ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale, chiusa polemica).
I giocatori, gli staff e il pubblico devono avere la certezza che quando due squadre scendono in campo le regole vengano applicate in modo univoco e che il parametro di giudizio sia lo stesso per tutti in tutte le partite, non che ci si debba adattare all’arbitraggio o, peggio ancora, ai singoli momenti della partita.
Cari Lettori,
OnRugby, da oltre 10 anni, Vi offre gratuitamente un’informazione puntuale e quotidiana sul mondo della palla ovale. Il nostro lavoro ha un costo che viene ripagato dalla pubblicità, in particolare quella personalizzata.
Quando Vi viene proposta l’informativa sul rilascio di cookie o tecnologie simili, Vi chiediamo di sostenerci dando il Vostro consenso.