L’arbitro bresciano parla delle emozioni vissute in Scozia-Galles, la prima di tre partite del Championship che lo vedrà impegnato
Quella di sabato 13 febbraio rimarrà in qualche modo una data storica per il rugby italiano, che ha visto il debutto di Andrea Piardi come assistente di linea nel Sei Nazioni durante Scozia-Galles. Il giovane arbitro bresciano, classe 1992, sta decisamente bruciando le tappe, e in questo Championship sarà impegnato ancora due volte, sempre con il XV del cardo in campo: sarà nuovamente assistente di linea in Francia-Scozia di domenica 28 febbraio, e chiuderà il suo torneo tornando a Murrayield per la partita tra Scozia e Irlanda.
Andrea Piardi, con ancora il debutto nel Sei Nazioni fresco nella memoria quali sono le sue sensazioni?
“Innanzitutto quelle di aver vissuto qualcosa di strano. Tutti sappiamo come in questi contesti il pubblico e il rumore facciano parte dello show, è stato quasi triste vivere una partita come Scozia-Galles senza rumori. Penso soprattutto agli inni, che al Sei Nazioni quasi fanno un campionato a parte. Io comunque ero e resto e tranquillo, questo debutto vale come aver realizzato uno dei propri sogni. Non mi sono reso conto subito dell’importanza di aver avuto questa opportunità, spero che questa sia stata solo la prima di una lunga serie, che vada oltre il Sei Nazioni 2021 dove sarò impegnato come assistente di linea per altre due partite”.
Si parla spesso del fatto che ancora l’Italia non abbia avuto un arbitro designato per una partita del Torneo, e con quella in corso siamo alla 22esima edizione. Qual è la tua opinione?
“Non penso di saper dare una risposta precisa perché su questo tipo di scelte entrano dinamiche che esulano da noi arbitri. Di una cosa però sono certo: mi stupisce molto il fatto che l’onore di essere il primo arbitro italiano nel Sei Nazioni non sia toccata a Marius Mitrea, che ormai da tante stagioni fa parte dell’alto livello tra Pro14 e coppe europee. Davvero non ho capito perché lui non fosse meritevole di questo”.
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A livello pratico come funziona il tuo impegno nel Sei Nazioni? Quando viaggi e come si vivi durante le trasferte?
“Questo 2021 è decisamente un anno particolare per i motivi che tutti sanno. Normalmente gli arbitri inseriti nel “lotto” delle designazioni fanno tutta una serie di raduni infrasettimanali a Londra per lavorare insieme, ora invece ci dobbiamo accontentare delle riunioni in streaming. A parte questo, viaggiamo da soli senza poter portare con noi nessuno, e per tutta la durata del Sei Nazioni ogni arbitro deve fare due tamponi settimanali per restare costantemente sotto controllo. Ad esempio io, anche se questo weekend il Torneo non gioca, dovrò continuare con questa prassi e così sarà fino a metà marzo. Sul discorso degli spostamenti, più che di un viaggio si tratta di una mezza avventura, viste le difficoltà nel muoversi: per intenderci, giovedì sera ho dovuto dormire a Parigi perché il mio volo Amsterdam-Edimburgo del venerdì mattina era stato cancellato e ripiegare su un volo dalla capitale francese. Una volta sul posto, possiamo fare solamente due cose: stare in albergo e andare allo stadio, stop. Non ci è permesso di muoverci oltre, e anche per raggiungere Murrayfield, ad esempio, io e gli altri tre arbitri abbiamo dovuto utilizzare taxi separati. Insomma, non è una situazione facile, ma capisco che per i giocatori lo sia ancora meno contando quante settimane devono restare chiusi nelle famose bolle”.
Com’è stata la partita tra Scozia e Galles dal tuo punto di vista? Come ti sei sentito durante il match?
“Ritengo che sia stata una sfida corretta, ma impegnativa. Dal campo si ha una percezione diversa, e forse si notano di più alcuni dettagli che alla TV sfuggono. Devo dire che personalmente mi è volata, ad esempio non mi ero nemmeno accorto di quando eravamo alla mezz’ora del primo tempo quanto tempo fosse passato dal kickoff. Dal mio lato non ci sono state decisioni difficili da prendere, ma anzi tutte situazioni lineari. L’arbitro, l’inglese Carley, era assolutamente concentrato sulla gara e l’ha portata a termine senza grossi problemi”.
A proposito di questo, com’è andato il rapporto con lui, l’altro assistente Gauzere e Dickson, che era al TMO?
“Conoscevo già tutti gli altri tre per esperienze comuni del passato, e questo sicuramente ha aiutato. Sono stati tutti molto professionali nell’aiutarmi con dei consigli mirati e precisi, anche prima della partita attraverso dei video, e non mi hanno fatto assolutamente sentire un esordiente, anzi”.
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Come ti sei preparato in vista della gara?
“Generalmente in vista di partite come queste si studiano molto quali sono i trend delle due squadre, oltre ad affidarsi a quello che il capo arbitro chiede di preparare su determinate situazioni di gioco. Io ho visto le ultime sfide giocate da Scozia e Galles per cercare di capire come potermi comportare al meglio, ma comunque dietro di noi c’è una enorme organizzazione. Durante tutti gli incontri settimanali in video-conferenza analizziamo le varie situazioni e i dettagli che possono essere migliorati, si nota una costante assistenza e aiuto nel poter crescere. Questo vale per il Sei Nazioni, ma tengo a dire come qualsiasi partita vada preparata con lo stesso impegno: pensare che una gara del Top10 sia più semplice è un errore, perché ad esempio lì non c’è il TMO. Lo stesso discorso vale per il Pro14, dove bisogna essere capaci di anticipare le tendenze delle due squadre”.
Adesso che la prima è andata, se così si può dire, puoi raccontarci se ti aspettavi solo pochi mesi fa di poter raggiungere questo traguardo?
“Qui va fatta una considerazione legata al momento che stiamo vivendo, ma prima rispondo alla tua domanda. Visto il percorso che stavo facendo, sì, in qualche modo me lo sarei aspettato. Però onestamente avrei immaginato di essere designato per una sola partita, non tre. Questo secondo aspetto penso sia legato al fatto che gli arbitri dell’emisfero sud non possono esserci in questo Sei Nazioni, dunque si sono liberati degli spazi. Comunque sono tutte opportunità da prendere e da sfruttare”.
Ultima domanda, esulando dal mondo arbitrale. Cosa pensi della Nazionale italiana?
“Ho conosciuto praticamente tutti i giocatori durante i raduni, e devo dire che per quanto visto c’è una voglia pazzesca di crescere. Si vede in allenamento, e mi sembra che comunque i progressi si vedano dato il modo in cui è stata affrontata l’Inghilterra sabato. Vengono schierati tanti giovani che hanno talento, ma a differenza dei loro pari età delle altre formazioni sono probabilmente meno abituati all’alto livello: presi singolarmente i nostri per me valgono i giovani delle altre big, ma messi insieme in un contesto da battaglia come quello del Sei Nazioni si vede la differenza e la disabitudine a giocare a certi ritmi. Faccio un esempio: un Andrea Piardi che arbitra nel Top10 probabilmente ci metterà molto più tempo di un Andrea Piardi che dirige in Premiership per raggiungere certi target”.
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