Una sconfitta che lascia l’Italia spezzata nella mente e nel fisico, a porsi domande sulla propria identità e sul percorso fatto finora
Un pomeriggio durissimo per Franco Smith, lo staff, i giocatori della nazionale e tutti gli appassionati di rugby in Italia. Un pomeriggio disastroso dove non si salva niente: l’Italia va incontro alla trentunesima sconfitta consecutiva nel Sei Nazioni, subisce più di 40 punti per la quarta volta e viene totalmente cancellata dal campo da un Galles che gioca in scioltezza per 80 minuti consecutivi.
Un pomeriggio iniziato da subito nel peggiore dei modi: Paolo Garbisi calcia lungo il kick-off, Luca Bigi commette un fallo in ruck alla prima azione e il Galles è già 3-0 dopo appena due minuti, senza colpo ferire.
Sarà una costante del primo tempo Azzurro, l’unico dei due tempi che ha senso commentare, quello dove c’è stato un minimo di contesa sportiva. Ad ogni azione offensiva nella metà campo italiana i Dragoni hanno immediatamente trovato un’infrazione azzurra: ancora Bigi ha commesso fallo su Gareth Davies prendendosi il cartellino giallo, e da quel calcio di punizione ha fatto seguito la meta di Josh Adams; sul terzo attacco gallese, dov’è stata segnata la seconda meta, al Galles non è servito sfruttare i due vantaggi consecutivi segnalati dal direttore di gara Barnes; poco dopo, ancora doppio vantaggio, calcio di punizione, rimessa laterale e meta con il drive per Ken Owens.
L’indisciplina è stata una costante del Sei Nazioni italiano, ma non è mai costantemente venuta meno come in questa partita. Tuttavia, non è l’unica cosa andata storta. A dire la verità, è arduo trovare qualcosa che non sia andato storto sabato pomeriggio.
Alla fine del primo tempo l’ex primo centro della nazionale gallese Jamie Roberts ha twittato: “Men vs boys”, uomini contro ragazzi, e per quanto l’affermazione possa rimanere antipatica è proprio corrispondente alla sensazione che ha dato vedere gli Azzurri sul campo: una squadra che per quanto duramente possa provare non riesce ad essere all’altezza della controparte.
Questa edizione del Sei Nazioni era partita con due sconfitte pesanti, contro Francia e Inghilterra, dello stesso tenore di quella contro il Galles. Tuttavia nonostante il divario l’Italia aveva lasciato intravedere di star costruendo qualcosa, in particolare nel secondo match.
Quando si attendeva un ulteriore cambio di marcia contro Irlanda e Galles, invece, sono arrivate due brutali battute d’arresto che lasciano smarriti di fronte a quale possa essere il futuro per questo gruppo di giocatori. Sicuramente una parte del gap dimostrato nei confronti di un ottimo Galles, sempre più vicino a conquistare il più improbabile dei Sei Nazioni, è strutturale e richiede un percorso lunghissimo da parte del movimento rugbistico italiano per essere colmato.
Tuttavia il Galles ha chiuso i conti in appena mezz’ora, ha giochicchiato per 50 minuti, si è permesso di togliere i giocatori da mettere in ghiaccio per la sfida decisiva in Francia della prossima settimana. Una partita, dunque, che ha lasciato l’Italia spezzata nella mente e nel fisico, a porsi domande sulla propria identità e sul percorso fatto finora, senza nulla di positivo da trarre. C’è quindi anche una componente, nel 7-48 di sabato, dovuta ad una prestazione giornaliera largamente insufficiente: l’Italia è stata peggio di quello che può essere.
Franco Smith e lo staff hanno 7 giorni per lavorare sulla parte contingente della performance, cercando quanto più possibile di raccogliere le macerie lasciate da questa partita e provare a offrire una conclusione dignitosa a questo Torneo in Scozia, per dare almeno un briciolo di speranza che il lavoro fatto finora, visto parzialmente in autunno e a febbraio, non sia stato completamente inutile.
Lorenzo Calamai
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