Presentata un’offerta multimilionaria alla federazione neozelandese per cedere una parte dei diritti d’immagine dei “tutti neri”
Potrebbe esserci una piccola-grande rivoluzione in arrivo in casa degli All Blacks. Una società statunitense, la Silver Lake (specializzata in investimenti tecnologici) sta infatti trattando con New Zealand Rugby per l’acquisto del 15% dei diritti commerciali del brand più famoso di ovalia, e ha presentato un’offerta da 465 milioni di dollari neozelandesi. Le trattative, che vanno avanti ormai da diversi mesi, sono state raccontate dal New Zealand Herald, e si prevede che a breve arriverà una risposta ufficiale. L’accettazione però non passerà solamente dal voto della federazione neozelandese, ma servirà anche l’accordo delle unions regionali ed è stato consultato anche l’organismo dei giocatori, la NZ Rugby Players Association.
Come funzionerebbe l’accordo? NZ Rugby andrebbe a creare una nuova società sussidiaria, la CommercialCo, che si occuperebbe di tutto quello che riguarda i diritti commerciali legati al rugby neozelandese, dunque non solo degli All Blacks, ma anche delle varie franchigie, dei giocatori, del merchandising e annessi e connessi. Il valore di questo “pacchetto” sarebbe di 3.1 miliardi di dollari neozelandesi, e Silver Lake entrerebbe a farne parte con il suo 15% (in seguito all’offerta da 465 milioni). Interessante vedere comunque quanto è considerato il marchio All Blacks nel mondo, contando che che il marchio dei Los Angeles Lakers varrebbe 6.1 miliardi di dollari neozelandesi e, sempre ad esempio, il Manchester United 5.3 miliardi.
Se verrà accettato l’accordo, i soldi di Silver Lake sarebbero versati in tre anni, e servirebbero a sostenere il rugby a tutti i livelli, partendo dalle giovanili per arrivare anche all’apice. Sicuramente il momento non è semplice nemmeno per NZ Rugby, che già da anni sta attraversando diverse difficolta non solo economiche – che hanno subito un altro duro colpo con la pandemia (si parla di perdite per 40 milioni di dollari neozelandesi) – ma anche numeriche, con un forte calo di nuovi giocatori tra i giovani.
L’eventuale controllo della CommercialCo, guidata da CEO indipendente, resterebbe comunque saldamente in mano a New Zealand Rugby, che avrebbe cinque dei sette membri che si occuperebbero delle decisioni, mentre due sarebbero i consiglieri in capo a Silver Lake, seguendo dunque il rapporto 85-15 dell’offerta presentata.
Ovviamente questa possibilità permetterebbe anche di avere più fondi a disposizione per trattenere in patria i giocatori che poi effettivamente hanno dei contratti con le Unions (che attualmente pesano per il 36,5% delle entrate), ma la New Zealand Player Association – che rappresenta giocatori degli All Blacks, delle Black Ferns, degli All Black Sevens, delle Black Fern Sevens e delle franchigie del Super Rugby – non sembra essere favorevole al momento e in una lettera di otto pagine afferma: “Pensavamo che avremmo potuto aspettare fino a quando il processo non avesse terminato il suo corso e NZR avesse ci presentato una proposta completa prima di valutare la proposta e concedere l’approvazione o meno. Tuttavia, sulla base delle informazioni note a NZRPA oggi e dell’analisi e della valutazione di tali informazioni, abbiamo concluso che non concederemo l’approvazione per la ristrutturazione e la vendita proposte da NZR e riteniamo di dovervi comunicare già ora questa conclusione.”
Le motivazioni dell’associazione stanno nel timore che l’accordo potrebbe danneggiare il rapporto unico tra pubblico neozelandese e le rappresentative nazionali della Nuova Zelanda: “I giocatori di rugby della Nuova Zelanda giocano per se stessi, per la loro famiglia e per il loro paese con un impegno per il successo che è richiesto dalla storia e dall’eredità. I tifosi neozelandesi di rugby comprendono questo impegno e vedono in esso l’essenza di ciò che, da un certo punto di vista, significa essere un neozelandese.” Sottolineando in passaggio successivo: “Questo, soprattutto, è ciò che NZR sta vendendo e che Silver Lake sta acquistando. 129 anni di storia, talento e risultati che registrano successi straordinari, raggiunti solo grazie a ciò che siamo e cosa significa per noi il rugby.”
Una scelta difficile e delicata quella cui si trova di fronte il rugby neozelandese. Da un lato la volontà e la necessità di preservare le propria anima e le proprie radici (vista anche un’importanza storico-culturale del rugby che non ha eguali al mondo) dall’altra la consapevolezza che il modello finanziario attuale è diventato insostenibile con i costi che continuano a superare le entrate.
Da qui la necessità di adeguarsi a un rugby sempre più globalizzato dove l’ingresso di grandi fondi, prima nel campionato inglese, poi nel Pro14 (che coinvolge ora anche i rivali del Sudafrica) e infine nel Sei Nazioni, sta diventando una prassi ormai consolidata (e quindi forse imprescindibile) se si vuole restare, non solo competitivi, ma vincenti (che è poi ciò che rende orgoglioso ogni neozelandese di 129 di storia).
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