Un altro ex-capitano della Nazionale italiana ha passato la palla a 79 anni. Simbolo azzurro, è sempre stato legato al movimento ovale
Dopo la morte di Massimo Cutitta avvenuta nella serata di domenica, il rugby italiano piange un altro dei suoi eroi. Nelle stesse ore scompariva a Genova Marco Bollesan, un altro capitano della Nazionale nonché tra i rugbysti più famosi di sempre ad aver vestito la maglia azzurra. Quarantasette i suoi caps internazionali, trentaquattro dei quali da capitano, Marco Bollesan aveva anche rivestito il ruolo di Commissario Tecnico alla prima Rugby World Cup del 1987, oltre che di Team Manager nelle rassegne iridate del 2003 e del 2007, fondatore delle Zebre nella loro forma originaria di invitational club italiano.
Marco Bollesan era nato 79 anni fa a Chioggia ma cresciuto a Genova, flanker nelle fila del CUS del capoluogo ligure, dopo essersi imposto come una delle migliori terze linee del panorama nazionale era passato alla Partenope conquistando il titolo di Campione d’Italia del 1966 prima di rientrare al suo club d’origine, sfiorando per tre anni il titolo tricolore con i genovesi per poi conquistarlo nel 1975 con la maglia del Brescia, nello stesso anno della sua ultima apparizione in azzurro contro la Cecoslovacchia a Reggio Calabria. In carriera aveva avuto il privilegio di capitanare l’Italia in occasione dello storico tour sudafricano del 1973, uno dei punti di svolta nella storia della palla ovale nostrana e, nello stesso anno era stato tra i soci fondatori delle Zebre.
Nominato Commissario Tecnico, in tandem con Gianni Franceschini, nel primo mandato della presidenza Mondelli, aveva guidato la Nazionale alla prima Rugby World Cup del 1987 in Nuova Zelanda, sfiorando l’accesso ai quarti di finale. Tra il 2002 ed il 2008 era rientrato nello staff della Nazionale come Team Manager durante le gestioni di John Kirwan e Pierre Berbizier, ultimi passi professionali di una vita interamente dedicata al servizio del rugby italiano.
Il Presidente della FIR Marzio Innocenti ha dichiarato: “Per i rugbisti della mia generazione, per chiunque abbia praticato lo sport tra gli Anni ’60 e gli Anni ’80, ma anche per chi è venuto dopo Marco Bollesan è stato un esempio, l’epitome del rugbista coraggioso, il simbolo di un Gioco dove fango, sudore e sangue rappresentavano i migliori titoli onorifici. Ha contribuito a far conoscere il rugby nel nostro Paese ben prima della rivoluzione professionistica del 1996, incarnando lo spirito del rugby italiano per oltre due decenni e rivestendo anche negli anni successivi al suo ritiro dal campo una serie di ruoli strategici per la Federazione. Gli saremo eternamente grati per il suo straordinario contributo ed io, in particolare, porterò sempre nel cuore i suoi insegnamenti e l’onore che mi riconobbe assegnandomi, da Commissario Tecnico, i gradi di capitano della Nazionale durante la sua gestione. Siamo vicini alle figlie Miride e Marella ed a tutta la sua famiglia. Il rugby italiano ha perso uno dei suoi figli prediletti”.
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