Fotografia di un movimento tornato a essere la punta di diamante del Vecchio Continente
Tre delle quattro finaliste delle due coppe europee provengono dalla Francia: solo i Leicester Tigers rimangono ad opporsi allo strapotere transalpino che si era peraltro già delineato nelle precedenti fasi eliminatorie, quando avevano piazzato tre semifinaliste su quattro e cinque squadre su otto ai quarti di finale della Champions Cup.
La Rochelle e Tolosa si guadagnano il titolo di squadre più forti d’Europa: sono le due potenze che si contendono anche il controllo del Top 14, il massimo campionato francese, con un vantaggio di poco inferiore alla doppia cifre rispetto alle rivali Clermont, Racing 92, Bordeaux, ovvero le altre squadre che hanno ben figurato in questa strana edizione della coppa regina, tutte eliminate solamente da un’altra francese e mai da una compagine straniera.
Il dominio della Francia sulle coppe europee
– Champions Cup: gli highlights di La Rochelle-Leinster
– Video: gli highlights della vittoria di Tolosa nella semifinale di Champions Cup, contro Bordeaux
La semifinale tutta francese
Tolosa ha battuto Bordeaux semplicemente dimostrandosi più forte. La squadra del vulcanico Cristophe Urios, guidata in regia da un Matthieu Jalibert da stropicciarsi gli occhi, ha dimostrato ancora una volta di essere un avversario ostico, capace di rimanere sempre attaccato alla partita e di costringere gli avversari a giocare male.
Nonostante i nomi dal talento cristallino in formazione, infatti, le partite che hanno visto protagonista Bordeaux non sono mai state all’insegna dello spettacolo, quanto piuttosto della tensione emotiva: il ribaltone contro Bristol prima, la vittoria all’ultimo minuto contro il Racing poi.
Una squadra per larghi tratti brutta, sporca e cattiva, capace di trascinare nel fango l’opposizione. Contro Tolosa, però, non è abbastanza: i rouge-et-noirs hanno troppo talento fisico e tecnico nei propri interpreti e, lentamente, riescono a sgretolare l’opposizione di Jalibert e soci, anche se questo richiede più di 70 minuti e una partita di sacrificio da parte del pacchetto degli avanti.
Dopo la stupenda marcatura di Matthis Lebel in avvio di gara, il resto dell’incontro è una sfida fra i due pistoleri più formidabili del West (anzi, dell’Ouest, per dirla alla francese) dalla piazzola: nove punti a testa per arrivare alla fine della gara con cinque punti di differenza sul tabellone.
Al 71′ arriva la meta del solito Antoine Dupont, ma anche della solita Tolosa, capace di accendere l’interruttore all’improvviso, in una situazione banale che però ricalca evidentemente una di quei tanti contesti che lo staff tecnico propone a ritmi forsennati in allenamento. Basta una superiorità numerica non così eclatante per consentire a Ahki e Medard di accendere la luce, giocare oltre la difesa e mettere il numero 9 sui binari della gloria verso una finale che mancava da 11 anni.
La caduta del Leinster
Nell’altra semifinale partita quasi perfetta di La Rochelle contro il Leinster. Anche qui l’immagine che rappresenta di più la gara è quello del fiume che lento sgretola la resistenza della roccia: dopo un primo tempo in cui i gialloneri hanno lasciato l’iniziativa soprattutto agli irlandesi, subendo una meta nelle fasi iniziali ad opera di Furlong e chiudendo sul 12-13, nella ripresa La Rochelle ha lentamente vinto la resistenza degli avversari grazie al proprio strapotere fisico.
KBA, dice Ronan O’Gara, keep the ball alive: il mantra ripetuto dal tecnico irlandese è certamente una delle caratteristiche della sua squadra, ma è sicuramente più facile farlo trainati da un pack di ball carriers devastanti dove l’enorme Will Skelton ha giocato probabilmente la miglior partita della sua carriera.
È sempre stato colossale, il seconda linea ex Wallabies, ma né in Australia né ai Saracens aveva mai dimostrato di poter offrire prestazioni così dominanti: è stato un vero incubo per Leinster, ha messo la sua squadra sempre sul piede avanzante ed ha meritato il man of the match.
Al suo fianco la solita prestazione gigante di Alldritt, la classe di Victor Vito, le accelerazioni di Dyllin Leyds e, finché è riuscito a rimanere in campo, le botte distribuite qua e là da Levani Botia.
Leinster cade ancora a un passo dal proprio obiettivo stagionale e con lei cade anche un po’ il prestigio del Pro14: le due squadre più forti del torneo, i dublinesi ed Ulster (che ha avuto più vittorie in campionato rispetto alla finalista Munster), si sono drammaticamente infrante contro le semifinali dopo che solo il Benetton era stato capace di qualificarsi ai quarti di finale di una delle due coppe europee.
Il riscatto di Montpellier
Altra storia per Montpellier, che alla finale di Challenge non ci arriva per caso, ma con un percorso assai più tortuoso in una stagione nel complesso deludente che ancora non la vede del tutto fuori pericolo nell’assatanata lotta salvezza del campionato francese.
Nella semifinale di Challenge Cup contro il Bath al Recreation Ground, Montpellier ci mette tutta la forza dell’esperienza, la voglia di riscatto e la rudezza del proprio pack.
Bath gioca una partita scioccante, dove non le riesce niente e sembra mancare una leadership tecnica in grado di dirimere la questione: più di una volta gli inglesi scelgono di rallentare il proprio gioco, specie nei 22 avversari, per andare a sfidare gli avversari in una battaglia di trincea al massacro, pacchetto di avanti contro pacchetto di avanti.
Non una grande idea contro i Willemse, i Guirado, i du Plessis di questo mondo, soprattutto se Andrew Brace, direttore di gara, offre un’altra prestazione al di sotto dello standard in una stagione per lui del tutto negativa e consente alla difesa francese di pescare diversi jolly in situazioni difficili.
Dopo il 10-16 del primo tempo nel secondo non segna nessuno. Bath attacca a testa bassa inanellando errori, Montpellier resiste e infine, quando il tempo diventa rosso, infila l’ultima stoccata grazie al piede del redivivo Handré Pollard.
Non quello che Gatland, Townsend e Tandy, ovvero lo staff tecnico dei Lions quasi al completo seduto sugli spalti dello stadio di Bath, avevano voglia di vedere.
Oltre le coppe europee: Francia faro d’Europa
In conclusione, dopo un decennio di torpore, gli Anni Venti del Nuovo Millennio hanno fino a questo momento per protagonista rugbistico una Francia ritornata ad essere faro d’Europa.
Allo strapotere delle squadre di club nelle coppe europee si affianca il gran Sei Nazioni giocato dalla nazionale, alla quale manca solamente una grande affermazione per chiudere il cerchio e poter definitivamente dire: siamo tornati.
La squadra di Fabien Galthié ha disputato due ottimi Sei Nazioni nel 2020 e nel 2021, ma ancora non è giunta alla vittoria, e ha perso di pochissimo la Autumn Nations Cup. Per cause di forza maggiore, non ha ancora avuto l’occasione di mettersi alla prova sul palcoscenico dei test match contro squadre dell’Emisfero Sud, ma la speranza è che riesca a intraprendere il tour in Australia che prevede una serie di tre incontri con i Wallabies in quello che dovrebbe essere un appetitoso scontro fra le due nazionali con la traiettoria di maggior slancio dalla Rugby World Cup 2019 in poi.
Lorenzo Calamai
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