Un torneo con una storia travagliata, che dalla prossima stagione si presenterà ancora una volta in una nuova veste
Dalla prossima stagione, il Pro14 lascerà spazio allo United Rugby Championship, ultimo successore della Celtic League. Un torneo di 16 squadre che vedrà coinvolte, oltre alle 12 europee, anche 4 (nuove, almeno per la competizione celtica) franchigie sudafricane. È solo l’ultima delle tante metamorfosi di un torneo alla costante ricerca di un’identità propria e di una stabilità pari a quella della Premiership e del Top14.
L’inizio è datato 2001, quando la Celtic League nacque su iniziativa di Galles, Scozia e Irlanda. Il primo torneo vedeva impegnate le 9 squadre della Welsh Premier Division, alle quali si aggiunsero le 4 delle province irlandesi (Leinster, Munster, Ulster e Connacht) e le due scozzesi Edimburgo e Glasgow. Nel 2002 si unirono anche gli Scottish Borders. La formula prevedeva una divisione netta in due gironi, uno da 8 squadre e uno da 7. Le prime 4 superavano il turno e si scontravano nella fase ad eliminazione diretta in quarti, semifinali e finale.
Le prime due edizioni si disputarono in concomitanza con gli altri campionati nazionali, ma dal 2003 il torneo cominciò ad assumere delle sembianze molto più vicine a quelle della competizione che abbiamo conosciuto negli ultimi anni. Le squadre della Welsh Premier Division lasciarono spazio a 5 franchigie: le 4 gallesi che ancora oggi conosciamo più i Celtic Warriors, nati dall’unione di Pontypridd RFC e Bridgend RFC, che aveva appena vinto il campionato gallese. Il torneo divenne a girone unico, e lo rimase anche l’anno successivo nonostante il numero dispari dovuto allo scioglimento dei Warriors che durarono un solo anno.
Negli anni successivi, un graduale adattamento del calendario a quello delle altre competizioni permise un maggiore impiego dei campioni delle varie franchigie, incrementando il successo della competizione. Nel 2006 però un altro terremoto rischiò di rovinare tutto, con la contemporanea organizzazione della Anglo-Welsh Cup che porto ad uno scontro con la federazione gallese e al rischio di espulsione delle 4 franchigie. La crisi rientrò e si trovò un accordo per giocare entrambe le competizioni senza danneggiarsi a vicenda, anche perché il torneo anglo-scozzese riscosse un notevole consenso, ma allo stesso tempo anche la Celtic continuava a migliorare il suo gradimento rispetto agli anni precedenti. Non è un caso che proprio nel 2006 Magners, produttore irlandese di sidro, divenne sponsor principale del torneo, che assunse il nome di Magners League; per contro, la competizione faticava a decollare del tutto, e l’anno successivo gli Scottish Borders furono sciolti a causa della poca affluenza di pubblico.
Il torneo andò avanti con la stessa formula fino al 2010, quando l’ingresso di due franchigie italiane allargò la competizione a 12 squadre. A partecipare furono il Benetton e gli Aironi, che giocavano a Viadana e che due anni dopo lasciarono spazio alle Zebre, con sede a Parma. Furono anche reintrodotti i play-off per le prime 4 classificate della regular season, che restava però a girone unico. Per un po’ di anni, al di là dei cambi di nome dovuti alle sponsorizzazioni (prima Rabodirect Pro12, poi Guinnes Pro12) il torneo rimase sostanzialmente invariato fino al 2017, quando l’ingresso di 2 franchigie sudafricane escluse dal Super Rugby – Southern Kings e Cheetahs – cambiò tutto.
Il nuovo Pro14 fu diviso in due conference: tutte le squadre affrontavano due volte le avversarie della stessa conference, una volta quelle dell’altra conference, più un altro derby con una squadra della stessa nazione. Le prime 3 si qualificano ai play-off: le vincitrici andavano direttamente in semifinale, mentre 2° e 3° si affrontavano in un barrage. Prima dell’ultimo odierno step.
La differenza sostanziale tra lo United Rugby Championship e il Pro14 non sta nel numero di partecipanti, ma nella qualità: le 2 sudafricane entrate nel 2017 erano squadre minori scartate dalla competizione principale, tant’è che quando Mapimpi fece saltare per aria le difese di mezza Europa con i Cheetahs di Franco Smith, fu subito preso dagli Sharks nel Super Rugby. Quelle che parteciperanno dal prossimo anno, e che hanno già preso parte alla Rainbow Cup, rappresentano invece il meglio del rugby sudafricano, e alzeranno ulteriormente il livello di un torneo che ha bisogno di costruirsi un’identità precisa e stabile, senza più andare incontro a continue metamorfosi.
Di seguito, l’elenco di tutte le squadre che hanno partecipato in questi 20 anni di torneo dalla Celtic League fino allo United Rugby Championship, il periodo di partecipazione, i titoli vinti o il miglior piazzamento)
Galles
Bridgend (2001-2003, 6° in conference)
Caerphilly (2001-2003, 7° in conference)
Cardiff, dal 2003 Cardiff Blues (2001-partecipante, 2° posto)
Celtic Warriors (2003-2004, 4° posto)
Ebbw Vale (2001-2003, 7° in conference)
Llanelli, dal 2003 Llanelli Scarlets, dal 2008 Scarlets (2001-partecipante, 2 titoli)
Neath (2001-2003, 2° posto)
Newport, dal 2003 Newport Gwent Dragons, dal 2017 Dragons (2001-partecipante, 3° posto)
Pontypridd (2001-2003, quarti di finale)
Swansea, dal 2003 Ospreys (2001-partecipante, 4 titoli)
Italia
Aironi (2010-2012, 12° posto)
Benetton (2010-partecipante, quarti di finale)
Zebre (2013-partecipante, 6° in conference)
Irlanda
Connacht (2001-partecipante, 1 titolo)
Leinster (2001-partecipante, 8 titoli)
Munster (2001-partecipante, 3 titoli)
Ulster (2001-partecipante, 1 titolo)
Scozia
Borders (2002-2007, 9° posto)
Edimburgo (2001-partecipante, 2° posto)
Glasgow, dal 2005 Glasgow Warriors (2001-partecipante, 1 titolo)
Sudafrica
Cheetahs (2017-2020, quarti di finale)
Southern Kings (2017-2020, 7° in conference)
Francesco Palma
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