Uno sguardo approfondito all’annata agonistica dei multicolor, appena andata in archivio
Con la partita persa contro il Munster nella quinta giornata di Rainbow Cup si è conclusa la stagione 2020/2021 delle Zebre.
L’annata sportiva della franchigia ducale non è di immediata lettura: i risultati della squadra pendono in maniera eccessiva dalla parte delle sconfitte, eppure al tempo stesso intorno e dentro al club si è respirata quasi sempre un’aria positiva, suggellata dal premio come miglior allenatore del Pro14 a Michael Bradley.
Quello che appare indubbio è che questa squadra, la penultima complessiva del passato Pro14 e la peggiore della Rainbow Cup, parte con limiti e confini superiori a quelli di qualsiasi altra formazione dello stesso livello, in primis per quanto riguarda il budget: le Zebre sono un peso leggero continuamente costretto a fare a pugni in un campionato di pesi massimi.
Per cercare di andare maggiormente in profondità nell’analisi della stagione appena trascorsa, abbiamo diviso in 4 diversi settori una sorta di pagella conclusiva, con tanto di voti.
Crescita dei giocatori: (7+)
Sia le Zebre che il Benetton beneficeranno, forse più di altre competitors, di questa complicata stagione dove hanno fatto a lungo a meno dei giocatori internazionali. Questo ha consentito (o costretto) l’impiego prolungato di tanti giocatori che hanno dovuto fare i conti con un livello con il quale non si erano così spesso confrontati. Alcuni hanno risposto in maniera positiva, altri meno.
Paradossalmente i giocatori che sono cresciuti di più in questo anno alle Zebre sono giocatori più maturi, che normalmente sono già nella parte conclusiva e meno impennata della loro curva di apprendimento. Pierre Bruno ha avuto una vera e propria esplosione in questa stagione, dopo un primo anno in franchigia buono ma non eccezionale.
Il giocatore più migliorato è stato probabilmente il 25enne Enrico Lucchin, centro che ha saputo supplire alle tante assenze nel suo ruolo con una solidità già nota a livello di Top10, che non aveva invece dimostrato nella precedente stagione celtica.
Le Zebre si stanno in qualche modo specializzando nello sviluppo dei late bloomers, quei giocatori il cui talento emerge tardivamente. Forse sarebbe il momento di sottoporre allo stesso processo di crescita un numero superiore di giovani: nella rosa 2020/2021 ci sono solo 8 under 23, quasi tutti classe 1998.
Risultati: (5–)
Quattro le vittorie ottenute nelle 16 gare del Pro14 2020/2021. Un risultato in linea con quanto fatto nella porzione di stagione precedente disputata, quando le vittorie furono 3 (più un pareggio) in 15 gare, ma ottenuto al netto dell’assenza per gran parte del tempo dei giocatori chiave della formazione, i nazionali italiani. Fatta eccezione per il primo anno di Michael Bradley, con un terzo delle partite vinte, mai le Zebre avevano ottenuto una percentuale superiore di vittorie rispetto al campionato celtico di quest’anno (25%).
In Challenge Cup la squadra ha fatto pressoché ciò che era chiamata a fare: ha battuto Brive in trasferta, compito non banale, ha un po’ deluso pareggiando in casa con Bayonne, ha giocato probabilmente la miglior partita della stagione e forse dell’intera gestione Bradley contro il Bath agli ottavi di finale, uscendo sconfitta in extremis.
Perché allora un giudizio così negativo? Perché – pur con l’attenuante della partenza degli stranieri in uscita – con il ritorno degli Azzurri, ha faticato cogliendo 5 sconfitte consecutive in Rainbow Cup e non finendo mai davvero vicino alla vittoria di un match. Inoltre continuano a essere troppe le partite dove le Zebre subiscono passivi pesanti: in 9 occasioni su 18 sconfitte stagionali la squadra ha perso di più di 14 punti, 7 delle quali con passivi superiori ai 25. La leggera insufficienza è un voto clemente, nell’ottica di una squadra che potrebbe avere un ulteriore sviluppo, nonostante, guardando alla parte meramente agonistica del ’21/’22, vadano tenute in considerazioni le incertezze che avvolgono il futuro prossimo del team.
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Direzione tecnica: 8
Guardare le Zebre della stagione 2020/2021 è stata un’esperienza a tratti entusiasmante e a tratti frustrante allo stesso modo.
Rispetto al primo anno di Michael Bradley, la franchigia ducale si è riformata diventando una squadra dalla identità primariamente difensiva. Proprio il sistema in fase di non possesso è uno dei miglioramenti tecnici e tattici più interessanti della stagione: moderno, efficace, estremamente aggressivo.
Certo, è strano incensare gli aspetti difensivi di una squadra che ha subito 758 punti in 24 gare, una media superiore ai 30 a partita. Però l’impostazione tecnica voluta dal trio Bradley, Rosetti e Morelli è stata di gran livello, e ha trovato un riscontro di convinzione degli stessi giocatori, che ci hanno investito con grande sacrificio fisico e attitudine al placcaggio, fondamentale per far funzionare un sistema che fa salire la linea difensiva così rapidamente, lavorando sui tempi di volo del pallone.
D’altra parte anche l’azione offensiva delle Zebre è vissuta della stessa alternanza di entusiasmo e frustrazione, segnando alcune delle mete più belle della stagione e incagliandosi al contempo in sequenze di errori individuali e non forzati che sono lo scoglio da superare per incrementare la competitività della squadra.
A livello di strutture e di sistema messo in campo, il team tecnico capeggiato da Bradley merita le lodi che ha avuto. Una speciale menzione per il futuro tecnico del pack azzurro Andrea Moretti, che ha saputo nel corso della stagione aggiustare una rimessa laterale che rappresentava uno dei problemi più grossi nella fase offensiva della squadra.
Competitività: (5–)
Come già sottolineato nel paragrafo relativo ai risultati, ci sono troppe partite dove le Zebre finiscono fuori dall’incontro e non sono in grado di competere davvero.
In particolare le sconfitte pesanti arrivano contro le irlandesi, le squadre più quotate del Pro14. Contro di loro non c’è mai partita: 63-8 e 48-31 contro il Leinster, 57-14 e 49-3 con Ulster, 47-12 con Connacht, 52-3 e 54-11 con Munster.
Rispetto alla scorsa stagione, seppur tutte e due contrassegnate da un alto tasso di eccezionalità, le Zebre hanno mantenuto pressoché lo stesso livello di competitività nei confronti delle avversarie, migliorandolo leggermente nell’ultima stagione: oltre a un risultato positivo in più sono arrivate anche 4 gare dove il divario all’ottantesimo è stato di 7 punti o inferiore.
La Challenge Cup ha poi dimostrato come la possibilità di raggiungere un obiettivo possa cambiare drasticamente la mentalità della squadra.
Miglior giocatore: Pierre Bruno/Renato Giammarioli
Inevitabilmente va diviso il premio da assegnare al miglior giocatore delle Zebre nella stagione da poco conclusasi. Pierre Bruno e Renato Giammarioli sono stati la marcia in più della squadra in ogni situazione.
Il primo si è rivelato un attaccante micidiale. Per descriverlo non si può che ridursi all’abusata locuzione di fiuto per la meta: anche quando le cose non vanno alla perfezione, anche se non si capisce bene come, quando è vicino alla linea di meta Bruno trova il modo per schiacciare il pallone oltre la linea.
Buono nelle prese aeree e dotato di un gioco al piede interessante, Bruno deve limare alcuni dettagli per poter ambire a diventare qualcosa di più dell’ala titolare delle Zebre, in particolare sul posizionamento difensivo e nella tecnica individuale con il pallone in mano.
Giammarioli è invece il vero e proprio motore della squadra, un giocatore completo che con il pallone in mano sa entusiasmare per la sua esplosività e capacità di muoversi negli spazi, oltre ad avere una capacità gestuale importante.
Il suo ritorno nei ranghi degli Azzurri è un meritato riconoscimento per una stagione straordinaria: nel reparto di terza linea trova pane per i suoi denti in termine di competizione, ma se le prestazioni rimarranno queste saprà farsi valere.
Miglior giovane: Michelangelo Biondelli
È strano che le Zebre non abbiano ancora ufficializzato il rinnovo di uno dei propri giovani in scadenza di contratto. Michelangelo Biondelli, classe 1998, ha giocato 16 partite e segnato 3 mete, fra cui quella da cineteca contro il Leinster.
Per continuità e qualità delle prestazioni, l’estremo è stato il migliore dei giovani della franchigia ducale. Il suo è un profilo come non ce ne sono molti in Italia: un giocatore che abbina una buona struttura fisica e un buon atletismo a delle capacità tecniche sopra il par e una lettura tattica non banale.
Lorenzo Calamai
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