Nel weekend, poi, in campo anche la finale di Premiership e non mancano riflessioni di ampio spettro e polemiche sulle differenze di capienza tra calcio e rugby
Domenica era (ed è ancora, almeno per ora) previsto il match fra Inghilterra A e Scozia A in quel di Welford Road, nella casa dei Leicester Tigers. La notizia di oggi è che negli scozzesi c’è un giocatore positivo (il nome non è stato comunicato) e che altri 8 a stretto contatto con lui sono stati precauzionalmente messi in isolamento. Per ora, quindi, c’è solo un caso “ufficiale”, ma è chiaro che una situazione del genere possa mettere a rischio la partita. Fino a questo momento non sono arrivate comunicazioni su eventuali cambiamenti di programma, per cui la Scozia ha sostituito coloro che saranno assenti chiamando Ben Vellacott dai Wasps, Callum Hunter-Hill dai Saracens, George Taylor da Edimburgo, e D’Arcy Rae e Stafford McDowall dai Glasgow Warriors.
Al di là della partita in sé, che ricopre comunque un’importanza relativa essendo un test tra squadre A, la questione si inserisce in un contesto particolare, dopo la polemica alimentata da Jack Nowell, utility back di Exeter e della nazionale inglese, sulla poca coerenza del Governo nella gestione degli eventi sportivi. In particolare, Nowell ha fatto notare che per la finale di Premiership sarà rispettato il limite di 10.000 spettatori a Twickenham (su capienza massima di 80.000) previsto, mentre per le semifinali e la finale di Euro 2020 a Wembey ci saranno 60.000 persone.
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Una partita dal valore relativo come Inghilterra A-Scozia A potrebbe quindi diventare importante per capire quale sarà il tipo di gestione adottata questa volta. Se gli 8 giocatori a contatto con il positivo dovessero risultare tutti negativi (ed è ciò che ci si augura) chiaramente la partita si giocherà, se invece dal primo caso il virus dovesse espandersi ad altri componenti della squadra, anche se già isolati, a questo punto bisognerà chiedersi se vale la pena mettere tutti a rischio per un match come questo. E, in generale, se vale la pena affrettare così tanto i tempi per il ritorno alla normalità (che porta con sé rischi, ma ovviamente anche benefici economici) in particolare a stagione ormai finita – con tre mesi davanti di fermo delle attività agonistiche – in un paese dove i casi di positività sono in netto aumento negli ultimi giorni.
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