Andy Marinos, CEO di Rugby Australia: “Vogliamo valutare il loro ingresso confrontandoci con loro nei prossimi anni”
Il Giappone potrebbe essere la prossima nazionale ad entrare nel Rugby Championship a partire dal 2024.
Lo rivela Andy Marinos, CEO di Rugby Australia e precedentemente amministratore delegato di SANZAAR, la confederazione che gestisce il torneo internazionale dell’emisfero sud.
“Ci siamo impegnati a giocare con il Giappone su una base più stabile nei prossimi anni e utilizzare questi impegni come unità di misura” ha detto il dirigente, usando il noi per riferirsi alle nazionali che in questo momento giocano il Rugby Championship.
Sotto la lente d’ingrandimento ci saranno la capacità del Giappone di performare ad alto livello, come dimostrato nell’ultimo paio d’anni, su base stabile e le risposte economiche e commerciali che il paese del Sol Levante saprà offrire.
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“Una eventuale inclusione dovrebbe ripagarsi da sola, questo è chiaro a tutti. Non possiamo più permetterci di essere di sussidio a nessuno.”
Di espansione comunque non si parla prima della fine della prossima Rugby World Cup, quindi all’indomani della rassegna iridata in Francia del 2023. Le opzioni sul tavolo di Nuova Zelanda, Australia, Sudafrica ed Argentina sono plurime, come ha spiegato lo stesso Marinos: “Abbiamo pensato a mettere su una competizione per le nazioni emergenti dove possano giocare le nostre nazionali ‘A’. Quello che abbiamo visto in questi anni, ad esempio con l’espansione del Sei Nazioni da cinque a sei squadre, è che bisogna assicurarsi che le squadre possano essere competitive ogni settimana.”
“Non prendiamoci in giro: entrare nel giro del Rugby Championship significa giocare ogni volta contro una delle prime tre o quattro squadre al mondo. Non ci sono partite facili e dobbiamo anche preoccuparci di preservare l’integrità della competizione, assicurarci che siano soddisfatti dei requisiti di performance di alto livello e in più tutto il lato commerciale della cosa.”
Il potenziale del Giappone è sotto gli occhi di tutti. Un paese di buona tradizione ovale che è cresciuto in maniera molto rapida nell’arco degli ultimi cinque anni, grazie alla propulsione data dall’organizzazione della Rugby World Cup e agli investimenti massicci delle grandi corporations.
Questi fattori hanno permesso lo sviluppo di un campionato domestico di buon livello, ma soprattutto l’importazione di grandi competenze tecniche, al netto del fallimentare progetto dei Sunwolves, la franchigia del Super Rugby che ha vinto appena 9 partite su 67 nei cinque anni in cui ha partecipato al torneo.
Il rugby giapponese ha centrato il suo obiettivo raggiungendo i quarti di finale della scorsa Rugby World Cup per la prima volta nella sua storia. Un percorso che non si è esaurito e che ha dimostrato di essere in buona salute nel test match giocato contro i Lions a Murrayfield sabato scorso: il Giappone è uscito sconfitto 28-10, ma producendosi in una prestazione all’altezza della sfida.
In un contesto rugbistico costantemente alla ricerca di nuove opportunità di crescita ed espansione, il mercato giapponese rappresenta una delle frontiere più avanzate per aumentare il numero di squadre competitive al più alto livello mondiale, con i risvolti economici che questo comporta.
Adesso gran parte del lavoro è nelle mani del movimento rugbistico nipponico: i prossimi anni saranno cruciali per continuare a costruire sulle basi gettate fino ad oggi.
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