Il capo allenatore dell’Italia under 20 fa un bilancio del Sei Nazioni appena terminato, esaltando la coesione del gruppo, il lavoro dell’accademia e del suo staff.
Chiuso il Sei Nazioni under 20, è il momento dei bilanci per Massimo Brunello. La sua Italia ha disputato un torneo di alto livello, dimostrandosi competitiva in tutti i 5 incontri disputati, portando a casa un totale di 7 punti. Il capo allenatore degli azzurrini ai microfoni di OnRugby ha tratto le sue conclusioni dal torneo appena terminato, elogiando i suoi ragazzi e il lavoro dello staff, ma ponendo anche l’accento sulle cose che andranno migliorate.
Una vittoria e 5 prestazioni di livello: siete soddisfatti?
Dobbiamo guardare gli obiettivi che ci eravamo prefissati all’inizio dell’anno. Prima di tutto il miglioramento personale di tutti gli atleti che sarebbero passati per l’under 20, credo che questo obiettivo sia stato centrato, abbiamo visto giocatori che ci hanno sorpresi e sono migliorati di partita in partita. Bisogna considerare anche il lavoro fatto in accademia, che è stato molto particolare non avendo competizioni e alleandosi anche il sabato e la domenica: tecnici come Dolcetto e Santamaria sono stati bravi a stimolare e motivare i ragazzi. Credo ci sia stato un miglioramento di tutti, sia quelli passati dall’accademia sia quelli venuti da fuori che hanno fatto minutaggio in Top 10. Senza dimenticare il lavoro fatto dal preparatore atletico Zaghini.
Quindi se dovessi fare un bilancio di questo torneo sarebbe positivo?
L’aspetto importante è stato quello della competitività, un altro obiettivo raggiunto. Questo è un gruppo molto competitivo e ambizioso già di suo, le partite internazionali poi lo hanno motivato ancora di più. Abbiamo fatto bene anche dal punto di vista mentale, con approcci sempre positivi alle partite. L’altro obiettivo era quello di creare un gruppo forte: questo si è visto fuori e dentro dal campo, durante questi ritiri lunghi e isolati e nei momenti difficili delle partite. I ragazzi volevano fare il miglior Sei Nazioni di sempre e volevano essere competitivi in tutte le partite, e ci sono riusciti.
Ad esempio contro l’Inghilterra, quando avete reagito dopo il 17-0 iniziale…
Devo dire che è stata l’unica partita sulla quale avevo dei dubbi, perché venivamo da 4 partite dure anche dal punto di vista mentale, temevo potesse esserci un calo. I ragazzi invece hanno confermato di essere un gruppo davvero solido. Sapevamo che con l’Inghilterra avremmo potuto avere delle difficoltà e che quindi dovevamo restare aggrappati alle nostre certezze: siamo riusciti ad andare sul 22-17, poi con quelle touche un po’ alte ai 5 metri abbiamo perso il possesso nel momento buono.
Una situazione del genere, con un mese di bolla, è stata difficile da gestire?
È stato difficile dal punto di vista mentale, soprattutto perché stare sempre chiusi in albergo poteva essere complicato, ma devo dire che i ragazzi sono stati molto bene insieme. Abbiamo passato momenti molto piacevoli: ad esempio i tornei di ping pong, di biliardo, le partite della nazionale che ci hanno accompagnati durante questo mese ed è stato molto emozionante viverle tutti insieme.
È stato fatto un grande lavoro anche sulla mischia ordinata…
È stato uno dei nostri punti di forza. Intanto bisogna avere degli atleti eccezionali in quei ruoli, poi il grande lavoro fatto in accademia e nei raduni ha fatto il resto. I raduni con Cavalieri sono stati ottimi, abbiamo sfruttato al massimo il potenziale della mischia: proprio Cavalieri e Santamaria hanno avuto l’intuizione di schierare Rizzoli pilone sinistro. Lui nasce come tallonatore ma ha fatto davvero un torneo eccezionale a sinistra: sono stati bravi i tecnici a sfruttare al massimo il potenziale dei nostri giocatori.
In mischia, ma non solo, c’è stata tanta profondità e tanta scelta. Quanto ha aiutato?
Questo deriva proprio dalla forza del nostro gruppo. Anche quando magari c’è meno talento, il desiderio di essere competitivi e di tenere duro compensa il tutto. Sono quelle situazioni in cui il collettivo esalta anche il singolo.
Qual è stata, delle 5, la partita che ti è rimasta più “sullo stomaco”? Quale invece ti ha esaltato di più?
Quella che ci ha delusi di più è stata sicuramente la partita con il Galles. Era una partita alla nostra portata e i risultati l’hanno dimostrato. Non abbiamo sfruttato il nostro potenziale, siamo stati troppo indisciplinati e non ci siamo adattati bene al metro arbitrale. La partita più soddisfacente è stata quella contro la Scozia, ma la chiave del nostro torneo secondo me è stata il match contro la Francia. Avessimo vinto quella partita saremmo arrivati contro gli scozzesi senza la pressione di dover vincere a tutti costi: invece abbiamo speso molte energie mentali e forse l’abbiamo pagato poi contro l’Irlanda.
Questione di dettagli, quindi?
Si, ci sono state delle sfumature che magari sono mancate. Ad esempio non piazzare sul 13-8 contro la Francia, o giocare un calcio veloce contro l’Irlanda con un uomo in meno e perdere il possesso. Sono quei particolari difficili da interpretare se non si ha esperienza, però non ne ho fatto una colpa ai ragazzi, ho solo cercato di far capire loro gli errori in modo che possano migliorare per il futuro. Certamente il non aver giocato quest’anno non ci ha aiutati, penso ai francesi che avevano un pilone che ha giocato tutta la stagione a Perpignan: tra giocare in ProD2 e non giocare c’è tanta differenza.
In certe partite tirate sono mancati un po’ i punti al piede…
Anche questo è un discorso di lavoro. Marin ha avuto due mesi di stop a causa della pubalgia e quindi non ha potuto allenarsi bene nei piazzati. Ferrarin con il Galles magari ha sentito un po’ la pressione, con l’Inghilterra invece ha piazzato bene, perché poi si prende fiducia e ci si sente più sicuri, è normale e fa parte della crescita dei giocatori. Anche in questo caso il non poter giocare non aiuta a fare esperienza: penso a Di Bartolomeo che dopo essere stato fuori un anno per un infortunio al crociato è rientrato ma non ha potuto fare partite, se avesse potuto giocare in Serie A avrebbe acquisito quell’esperienza necessaria che lo avrebbe aiutato a lanciare meglio in touche. Sono quelle situazioni che puoi imparare a gestire solo giocando.
Questo dà ancora più valore alla prestazione dei ragazzi, no?
Assolutamente si, su questo aspetto è stato tutto molto positivo. Tra quelli che escono dal ciclo dell’under 20, i 2001, ci sono 5-6 giocatori che secondo me sono pronti subito, e altrettanti che col tempo possono crescere e diventare anche loro pronti per l’alto livello. Alla fine sono quelli che avete già elencato voi (qui per leggere l’analisi di OnRugby sul torneo degli azzurrini di Massimo Brunello) e che secondo me potrebbero anche avere già qualche presenza con le franchigie perché hanno mostrato già qualità. Per i 2002 invece è giusto aspettare che finiscano il ciclo prima di trarre conclusioni.
Francesco Palma
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