British & Irish Lions v Sudafrica: tre protagonisti del primo test

Alla vigilia dell’incontro uno sguardo ad alcune delle storie individuali più avvincenti del match

British & Irish Lions v Sudafrica: i protagonisti del primo test

British & Irish Lions v Sudafrica: i protagonisti del primo test

Il primo test della serie fra British & Irish Lions e Sudafrica è ormai alle porte.

Si gioca alle 18:00 di sabato 24 luglio e anche se l’Italia è uno dei pochissimi paesi dove il trittico di partite non sarà trasmesso affatto in televisione, l’attenzione dei tifosi e degli appassionati si fa comunque sentire-

Sarà una serie particolare, giocata in stadi a porte chiuse, mentre al di fuori tante difficoltà insidiano un paese che, oltre alla pandemia, ha dovuto avere a che fare con una rivolta incendiaria nelle sue province più popolose, il KwaZulu-Natal e il Gauteng, che ha portato oltre cento morti, quasi duemila arresti, saccheggi e violenze.

Sul rettangolo verde si gioca una partita fra due squadre con storie particolari: gli Springboks padroni di casa rimettono piede in campo in una partita ufficiale per la prima volta dalla finale della Rugby World Cup, i Lions arrivano con una formazione colma di interpreti inattesi.

In un incontro pieno di archi narrativi sportivi individuali di grande rilevanza, ce ne sono 3 che spiccano sopra agli altri.

Duhan van der Merwe

Sfidare il Sudafrica da sudafricano. È questo il destino che si è profilato per Duhan van der Merwe fin dal suo primo ingresso all’interno della lista dei convocati dei Lions.

Dopo un iniziale momento di infatuazione, però, le sue quotazione erano sembrate in discesa e in pochissimi lo davano per favorito per una maglia da titolare prima dell’annuncio della formazione. Le skills aeree di Anthony Watson e la precisione letale di Josh Adams sembravano sopravanzare la potenza di un giocatore che ha dimostrato qualità da attaccante di livello mondiale, ma anche alcune lacune sul posizionamento difensivo e sulla capacità di leggere le situazioni in difesa che potrebbe essere rischiosa contro una squadra che mette tanto sotto stress il triangolo allargato con il suo utilizzo del piede, oltre a mettergli di fronte Cheslin Kolbe.

L’ultima prestazione contro gli Stormers, dicono i beninformati, sarebbe stata però fondamentale nel cambiare le carte in tavola e convincere Warren Gatland e Gregor Townsend a consegnargli la maglia numero 14.

E dunque quel momento sta per arrivare: un sudafricano contro gli Springboks, che ha giocato con la nazionale under 20 del suo paese prima di emigrare in Europa e diventare un giocatore internazionale con la maglia della Scozia.

Ox Nché

Dodici anni fa un pilone sinistro con un soprannome animalesco, un pugno di caps e una forza sovrumana si guadagnò il titolo di man of the match decidendo in mischia chiusa il primo test della serie fra i Lions e il Sudafrica. Era Tendai Mtawarira, e Jacques Nienaber spera che Ox Nché sia una sorta di rugbistica reincarnazione del pilone campione del mondo, oggi ritiratosi.

Retshegofaditswe Nché è il suo nome completo, e si capisce perché abbiano deciso di soprannominarlo Ox, il bue. Un soprannome peraltro comune a una gloriosa prima linea Springbok del passato, per chi ha buona memoria.

Ha 25 anni, è cresciuto nei Cheetahs e ha giocato le ultime due stagioni negli Sharks. Dopo una prima apparizione per gli Springboks nel 2018, non ha fatto parte della rosa della Rugby World Cup, ma da allora è maturato soprattutto nella fase ordinata del ruolo.

Appartiene alla rara e preziosa fattispecie dei piloni corti, non raggiungendo il metro e settantacinque di altezza. Una cosa che spesso consente una maggiore capacità di riuscire a entrare sotto il petto dell’avversario e costringerlo in posizioni scomode e perdenti.

A questo abbina una straripante esplosività che gli permette di essere un fattore importante nel gioco aperto e un ottimo ball carrier, con una effettiva somiglianza al primo Mtawarira.

Come il suo predecessore, si troverà ad affrontare un pilone destro molto esperto e molto quotato. Nel 2009 era Phil Vickery, questa volta sarà Tadhg Furlong. Per Nché 50 minuti di fuoco prima di lasciare il posto all’esperto Steven Kitshoff, come ha spiegato Jacques Nienaber, mai parco di dettagli: “Ox [Nché] deve ottenere certe cose iniziando la partita per noi, prima che Kitsie [Kitshoff] entri portando abilità diverse nel secondo tempo.”

“È un pilone sinistro che può tenere il passo delle terze linee inseguendo il pallone durante i momenti di gioco tattico al piede.”

Jack Conan

La maglia numero 8 dei Lions sarà indossata da un giocatore che prima di giocare contro l’Italia nello scorso Sei Nazioni non è sceso in campo per un anno e mezzo. Una terza linea che in poche occasioni è stato la prima scelta nel suo ruolo per la sua nazionale, l’Irlanda, e che è risultato una gran sorpresa anche al momento dell’annuncio dei convocati per il tour.

“La partita? Beh, a casa mia in Irlanda sto ospitando James Lowe e la sua fidanzata per un po’, non so se ha venduto la casa o è stato sfrattato, ma a questo punto immagino che la mia signora vedrà il match con loro” ha sorriso in conferenza stampa Conan.

Per la sua nazionale, Conan ha giocato da titolare appena 13 volte dal 2015 a oggi, e il suo potenziale, che è sempre stato in mostra, ha finito per non diventare mai un vero e proprio valore a causa di tanti piccoli e grandi infortuni che ha avuto nel corso di una carriera che oggi lo vede avvicinarsi ai 30 anni.

“Ho avuto un sacco di alti e bassi – ha raccontato – La strada per essere qui non è stata facile. Ho avuto un brutto infortunio alla Rugby World Cup nel 2019 e non ho potuto lasciare il segno come avrei voluto fare. Poi non ho più potuto giocare fino ad agosto del 2020 e anche dopo ho avuto i miei piccoli problemi e acciacchi.”

“È stato fantastico sentire il mio nome chiamato fra i titolari. Penso che sia naturale dubitare sempre un po’ di sé stessi, quindi ero in ansia quando Warren ha annunciato la squadra. È stato surreale, non penso che ci siano tante cose più grandi di questa.”

Adesso è il momento di dimostrare il proprio valore sul campo, su un palcoscenico che, probabilmente, neanche lo stesso Conan avrebbe immaginato appena 18 mesi fa.

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