Jason Hobson e Neil Clarke si aggiungono alla lunga lista di giocatori in causa con World Rugby: è necessaria una riflessione sul tema concussion
Quello delle concussion è un tema che, per forza di cose, tiene alta l’attenzione da anni e continuerà a farlo. Da un lato, World Rugby sta cercando di portare avanti un percorso di miglioramento costante dell’attenzione verso i colpi alla testa, come fatto col nuovo protocollo per il ritorno in campo. Dall’altro, invece, molti giocatori continuano a lamentare la poca attenzione mostrata (soprattutto in passato) nei confronti di un problema che negli ultimi anni ha avuto gravi conseguenze per la salute dei giocatori.
Gli ex atleti in causa con World Rugby sono infatti diventati 175, con l’aggiunta di Jason Hobson (ex pilone internazionale inglese) e Neil Clarke, che ha giocato come tallonatore ad Exeter. Come riporta RugbyPass, ad entrambi è stata diagnosticata una lesione cerebrale traumatica, una demenza ad esordio precoce e una probabile encefalopatia traumatica cronica. Si tratta solo dell’ultimo tassello di un gigantesco puzzle, costruito nel tempo da giocatori come il campione del mondo 2003 Steve Thompson (che disse di non ricordare nemmeno di aver vinto il mondiale) e altri che invece hanno preferito rimanere anonimi.
Hobson e Clarke sono solo gli ultimi di una lunghissima lista di rugbisti che si sono schierati, apertamente o in maniera riservata, contro la poca attenzione posta verso la sicurezza dei giocatori e le concussion. Ritorna alla memoria la lettera del collettivo Progressive Rugby, che tra gli altri comprendeva Josh Navidi, Jonathan Davies e James Haskell.
Si trattava di una serie di proposte volte a modificare radicalmente alcuni aspetti del gioco e della gestione dell’aspetto fisico. Ad esempio, si proponeva un limite massimo annuo di partite disputabili da un giocatore e la limitazione delle sostituzioni, in modo da obbligare gli atleti a gestire in modo diverso la propria forma fisica, dovendo giocare tutti gli 80 minuti.
L’aggiunta di altri 2 nomi alla già lunghissima lista di rugbisti impegnati nella causa contro World Rugby è una notizia da non sottovalutare, nella speranza che ciò possa rappresentare un altro passo avanti nel lavoro sulla sicurezza dei giocatori.
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