Il CEO di New Zealand Rugby ha spiegato il punto di vista degli All Blacks rispetto alla disputa del torneo
Dopo l’attacco portato da Dave Rennie, ecco la risposta della Federazione Neozelandese, per conto e per bocca del CEO Mark Robinson. Il Rugby Championship (e di riflesso la Bledisloe Cup) vive ore tormentate in seguito alla decisione degli All Blacks di non recarsi a Perth per misurarsi con l’Australia, legata alle nuove disposizioni sanitarie.
Rugby Championship: la Federazione Neozelandese ha risposto alle critiche di Dave Rennie
L’head coach dei Wallabies aveva detto, negli scorsi giorni, che “L’attitudine neozelandese di non onorare i propri impegni è deludente”, in queste ore invece è arrivata la replica di Robinson, il quale ha affermato: “Certamente capiamo la situazione e ci teniamo ad esprimere la nostra solidarietà al gruppo squadra dell’Australia, ma evidentemente qualcuno non ha riportato a Dave Rennie il fatto che da qualche settimana si discutesse sull’evoluzione delle cose legate non solo agli aspetti sportivi”.
“Non ho letto tutto quello che ha detto, ma posso garantirvi che le consultazioni con la federazione australiana vanno avanti da qualche giorno e giovedì scorso era stata anche firmata una prima bozza documentale per spiegare la situazione: ciò detto, conosco Dave e continuerò a nutrire simpatia per lui”.
Un altro botta e risposta
Mentre Robinson rispondeva a Dave Rennie, ecco che nella discussione a distanza si è inserito il CEO di Rugby Australia, Andy Marinos, che dal suo punto di vista si è così espresso: “E’ vero, abbiamo avuto delle conversazioni con la Federazione Neozelandese negli scorsi giorni, ma è altrettanto vero che abbiamo scoperto sui social il fatto che gli All Blacks non si sarebbero presentati a Perth, nonostante fosse fissato per venerdì scorso, alla presenza della SANZAAR, un video-incontro nel quale si sarebbe dovuta trovare una soluzione per la partita: questa cosa ci ha molto deluso”.
Robinson allora si è così difeso anche da queste accuse: “Avevamo dato tempo alla Federazione Australiana di organizzare un piano che consentisse al nostro gruppo squadra, di 60 persone, di poter stare lontano da casa per 15 settimane senza alcun tipo di problema, ma questo non è avvenuto. Vista la situazione, ci siamo mossi in questa direzione: pensiamo che una “pausa” forzata possa aiutare tutti a riorganizzare le idee in un momento non facile”.
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