Francesca Sgorbini a OnRugby: «Meglio di così non poteva andare, il gruppo ha fatto la differenza»

Al termine del torneo che ha portato l’Italia direttamente al mondiale. La terza linea delle azzurre si racconta a OnRugby

Francesca Sgorbini a OnRugby: «Meglio di così non poteva andare, il gruppo ha fatto la differenza» (Ph. Luca Sighinolfi)

Francesca Sgorbini a OnRugby: «Meglio di così non poteva andare, il gruppo ha fatto la differenza» (ph. Luca Sighinolfi)

È stata una delle protagoniste dell’avventura azzurra, terminata con la qualificazione diretta al mondiale in Nuova Zelanda. A soli 20 anni, Francesca Sgorbini è già un elemento chiave della nazionale e del suo club. La terza linea di Clermont e delle azzurre ha raccontato a OnRugby il percorso che in queste tre settimane ha portato l’Italia a staccare il biglietto per la Coppa del Mondo.

Ciao Francesca, come stai? Come sono andati i festeggiamenti?

Bene, molto impegnativi, più della partita (ride n.d.r.)

Però ne è valsa la pena, dopo tre settimane così intense…

Assolutamente, meglio di così non poteva andare. Sicuramente speravamo di passare per prime, anche perché ci sono delle ragazze che lavorano e un torneo di ripescaggio a gennaio le avrebbe messe in difficoltà, e alcune non sarebbero potute venire. E poi evitare di fare un altro torneo è sempre meglio, soprattutto perché passando per prime abbiamo preso un girone più abbordabile (qui per leggere il girone e il calendario mondiale delle azzurre)

Prima della partita con la Spagna si parlava di una vera e propria finale, l’avete vissuta così?

Sapevamo che le ultime due partite, sia la nostra, sia quella tra Irlanda e Scozia, avrebbero deciso il torneo. Dovevamo vincere altrimenti saremmo rimaste fuori, quindi sì, era una finale.

Come hai vissuto questa “staffetta” tra te e Giada Franco durante il torneo?

A me la competizione fa sempre piacere, perché spinge a dare il massimo e ti fa capire che devi sempre dimostrare di meritare il campo. Siamo due giocatrici con caratteristiche diverse e abbiamo trovato il nostro equilibrio alternandoci, la gestione di Andrea (Di Giandomenico, n.d.r.) ci ha portate a vincere quindi questi cambi hanno funzionato. Poi è normale che a tutti piaccia scendere in campo dal primo minuto, ma ho capito anche che il mio cambio avrebbe potuto fare la differenza e aumentare l’intensità del gioco.

Non giocando il torneo di ripescaggio c’è anche più spazio per preparare il Sei Nazioni del prossimo anno?

Certo, utilizzeremo questo Sei Nazioni per prepararci al mondiale, se poi riusciremo a toglierci delle soddisfazioni sarà ancora meglio.

Avete mai avuto l’impressione, o anche la paura, di non farcela? 

Ti dico la verità, anche dopo la sconfitta con l’Irlanda non ho mai pensato che non saremmo andate al mondiale, perché all’interno del gruppo sentivo che c’era un obiettivo comune, che era quello di qualificarci. Sapevamo che avremmo dato tutto per raggiungere questo traguardo, si sentiva anche negli allenamenti. Alla fine, dopo il mondiale si chiuderà un ciclo, per cui anche chi magari vorrà smettere ci teneva tanto a partecipare. E poi si va in Nuova Zelanda, nella patria del rugby!

Avete parlato spesso dell’importanza del gruppo. Quanto ha contato essere così unite e come avete gestito queste settimane di isolamento?

Abbiamo la fortuna di essere un gruppo numeroso e tanto unito, sia dentro che fuori dal campo tutte e 28 ci siamo trovate benissimo, dalle più grandi alle più piccole. Ti faccio un esempio, Sara Barattin è dell’86, io sono del 2001, ci sono 15 anni di differenza, però chiunque in questo gruppo è pronto ad aiutare l’altra. Ti rendi conto che sei ben accetta, seguita, che c’è sempre chi ti aiuta anche in campo, e questo secondo me fa la differenza. E poi queste tre settimane sono volate, non potevo scegliere persone migliori per stare in hotel.

A proposito, a 20 anni hai già vinto due titoli nazionali (uno in Italia e uno in Francia) e conquistato una qualificazione mondiale…

Sai che ci pensavo stamattina? Tutto sommato a 20 anni non mi posso lamentare di quello che mi successo. Sicuramente sono emozionata e mi sento anche fortunata, ma ovviamente questo non deve essere un punto d’arrivo. Ho ancora tanti obiettivi da raggiungere, in Italia con la nazionale e in Francia con Clermont. Voglio togliermi ancora tante soddisfazioni.

Magari un giorno vincere il Sei Nazioni…

Sì, ci spero. Ci sono ancora tante differenze rispetto all’Inghilterra, loro sono professioniste. Però ogni partita e a sé e alla fine importa quello che fai in campo.

Adesso tornerai in Francia, cosa ti aspetti da questa stagione?

Adesso sto facendo un paio di giorni di riposo a casa mia, a Pesaro, poi tornerò in Francia. Anche perché il 10 ottobre c’è già uno scontro al vertice contro Tolosa, quindi di riposo ne facciamo poco. Spero di poter riconfermare il titolo, adesso arriva la parte più difficile perché tutte vogliono battere le campionesse di Francia: bisogna dimostrare che non è stata solo un’annata speciale ma meritiamo ancora questo titolo.

Anche in questo torneo hai notato la differenza tra l’essere outsider e invece giocare da favoriti?

Sì, tutte le squadre – sapendo che sei favorita – vogliono dimostrare ancora di più. Vincere contro l’Italia che era favorita nel torneo di qualificazione ti dà una carica ancora maggiore, così come in Francia adesso vincere contro Clermont ha ancora più valore. Noi dobbiamo scendere in campo tranquille e fare quello che abbiamo sempre fatto.

Sui social, scherzando ma nemmeno tanto, qualcuno dice che potresti giocare anche centro…

Non l’ho letto ma mi fa sorridere, nel senso che mi è capitato di giocarci per varie situazioni. Una volta a Colorno contro Valsugana avevo giocato secondo centro, ma è stata una delle partite più brutte della mia vita (ride n.d.r.) perché abbiamo perso 70-0. È capitato anche durante il recupero del Sei Nazioni: Beatrice Capomaggi si infortuna, non abbiamo più cambi e Andrea dalla panchina mi urla “Francesca, vai a 12”. Io lì per lì non avevo capito, guardo Beatrice Rigoni e le chiedo che cosa avesse detto, e lei mi fa “Fra devi giocare centro”. Io ero in panico (ride n.d.r.), ma alla fine quando sei lì basta giocare a rugby.

Francesco Palma

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