A più di due mesi dal suo arrivo in Italia, il coach inglese del Benetton conferma le sue prime impressioni
Sono passati poco più di due mesi da quando Paul Gustard ha messo per la prima volta piede a Treviso, la sua nuova città, dove si è trasferito per essere uno dei principali attori del nuovo staff tecnico del Benetton Rugby.
Quando OnRugby lo aveva intervistato allora, dalle parole dell’ex head coach degli Harlequins ed assistente di Eddie Jones alla nazionale inglese era trasparso un genuino entusiasmo. Una carica positiva che non accenna a scendere, anzi.
Lo ha dimostrato nel corso di una lunga intervista a RugbyPass, dove ha chiuso in maniera rapida la questione riguardante il suo burrascoso addio a quella che sarebbe diventata la squadra campione d’Inghilterra per lanciarsi in un apprezzamento della sua prima esperienza all’estero.
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“Mercoledì scorso c’erano 29 gradi. Oggi 26. È caldissimo, ma è fantastico. Bello, veramente bello. Abbiamo sempre voluto, io e la mia famiglia, provare ad andare all’estero.”
“Stavamo pensando al Giappone o all’emisfero sud, ma probabilmente la lontananza, la pandemia e altre cose ci hanno fatto desistere. La scelta era rimasta fra Italia, Francia o rimanere nel Regno Unito. Da quando sono a Treviso, ho amato vivere qui e mi sono sistemato benissimo: è un posto accogliente, socievole, con gente amichevole. Ci hanno fatto sentire subito a casa.”
“Ci sono alcuni barriere dal punto di vista lavorativo a causa della lingua, e ci sono anche delle sfide dovute al fatto che la squadra ha sofferto molto nello scorso Pro14 prima di vincere la Rainbow Cup, ma per come si trova la mia famiglia, per la vicinanza alla Gran Bretagna, per le nostre relazioni interpersonali e così via, sta funzionando benissimo.”
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“A volte le opportunità ti sbattono contro. Non era quello che mi aspettavo, ma è stata la scelta giusta.”
Una scelta non solo dovuta al contesto tecnico e sportivo, quindi, ma anche a quello culturale, di vita. Per sé e per la famiglia.
“La cosa bella della vita è dare ai tuoi figli delle opportunità, e quella di vivere all’estero è qualcosa che io e mia moglie volevamo dar loro. L’occasione di vivere in una città bella come Treviso e imparare un’altra lingua gli darà uno strumento in più nella vita.”
“Il mio italiano invece è ancora un po’ ballerino. Conosco qualche frase, capisco più di quello che riesco a dire. Ti posso chiedere cosa hai fatto ieri? [in italiano nell’originale], incomincio a dire qualcosa, ma conversazioni un po’ più profonde sono ancora complesse.”
Quest’anno il Benetton si è adoperato anche per fornire dei tutor di italiano ai giocatori, allo staff e alle famiglie di coloro che non parlano la lingua, in modo da aiutarli a superare una barriera che in un ambiente multiculturale come il club biancoverde diventa un elemento di accoglienza in più.
“L’anno scorso la squadra ha vinto un trofeo alla fine della stagione, ma veniva da un paio di anni negativi. Ora dobbiamo costruire su quel successo. Questo sarebbe un progresso, secondo il mio punto di vista. L’anno scorso abbiamo pareggiato una partita in tutto [ed era un punteggio attribuito d’ufficio], quindi quest’anno abbiamo già più vittorie della scorsa stagione, ma non è questo il risultato da ottenere.”
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“C’è una performance sul campo, che poi finisce sul tabellino dei risultati, che indica la crescita. Inoltre dobbiamo sviluppare i giocatori. Dobbiamo assicurarci di continuare a produrre atleti in casa perché lavoriamo in una nazione composta da due squadre professionistiche, e dobbiamo produrre giocatori che possano giocare per l’Italia.”
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