Il mediano d’apertura racconta del suo ritorno fra i Wallabies e di come è stato tornare in campo a livello internazionale
Dopo quattro anni di assenza Quade Cooper è tornato a fare parte della nazionale australiana di rugby. Un evento di per sé inatteso, anche perchè l’apertura non faceva parte dei Wallabies addirittura dal 2017, quando ebbe uno screzio con Michael Cheika, allora capoallenatore degli oceanici, e si vide escluso da ogni tipo di partita e competizione.
Oggi però, dopo un Rugby Championship vissuto in maniera incredibile, il trequarti è tornato in pianta stabile – sotto la gestione di Dave Rennie – a fare parte del roster dei due volte campioni del mondo: “E’ incredibile tutto quello che è successo: giocare per i Wallabies a un certo punto era diventato solo un ricordo. Quando sono stato in Giappone a giocare mi sono sentito lontano come non mai dalla nazionale, ma se ci penso anche e fino a nove settimane fa era cosi”.
Poi aggiunge: “Come sono rientrato? Eravamo in un periodo di off season e Dave Rennie mi ha contatto. Abbiamo un po’ parlato e dopo una settimana ho raggiunto la squadra al training campo. E’ andato tutto velocissimo e all’improvviso ho avuto la chance di ritrovarmi a giocare contro il Sudafrica”.
“Se mi guardo indietro posso dire comunque di aver fatto tesoro di quell’esperienza. Ho continuato a lavorare su me stesso, anche quando non c’era nessuna risposta dall’esterno. Non mi sono mai trascurato e questo è un messaggio che vorrei mandare a tutti, non solo nell’ambito rugbystico”.
Sul rientro in campo precisa: “Da 70 sono passato a 74 caps: non vedo l’ora di aumentare ancora il mio conto. Giocare contro il Sudafrica è stato incredibile, magari non sono gli All Blacks per evoluzione di gioco, ma hanno un’identità incredibile, un DNA che spinge tutti i loro giocatori a compiere sempre qualcosa di utile e funzionale al loro gameplan”.
Infine aggiunge: “Come vorrei vedere il rugby? Sapete come sono fatto, a me piace lo spettacolo e vedere giocatori che corrono. La ruck è un’area del gioco di così grande incertezza che ne modificherei alcuni aspetti. Le aperture che mi piacciono oggi? Finn Russell, Marcus Smith, Beauden Barrett, Richie Mo’unga: sono giocatori elettrici, hanno abilità non schematiche, sanno accendere le partite”.
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