Un articolo del Times racconta le parole di chi è stato alle dipendenze del CT dell’Inghilterra
Due allenatori degli avanti, tre allenatori della difesa, quattro diversi specialisti della mischia, quattro skills coach, quattro allenatori dell’attacco. Diciassette diverse persone hanno fatto parte dello staff tecnico dell’Inghilterra sotto Eddie Jones durante i sei anni alla guida del XV della Rosa: un continuo andirivieni di allenatori di altissimo profilo, nessuno dei quali per più di tre anni.
Che Jones sia un personaggio non esattamente squisito e che dietro le luci della ribalta i suoi rapporti lavorativi con lo staff e i giocatori non filino sempre lisci è più di un sospetto. Tuttavia nessuno aveva mai raccontato la pesantezza del clima imposto dall’head coach come ha fatto Owen Slot del Times in un articolo uscito sulla versione online del quotidiano britannico intitolato Eddie Jones: ardenti litigi, messaggi brutali e licenziamenti in aeroporto. Ecco perché è così dura lavorare per l’allenatore dell’Inghilterra.
Il titolo riassume efficacemente i contenuti del lungo pezzo, che contiene anche interessanti aneddoti di prima mano. A quanto pare, Jones dà il peggio di sé nei confronti del resto dello staff, sia esso tecnico o meno.
Terrorizza medici e perseguita i fisioterapisti, abusa verbalmente dei colleghi, scredita, sminuisce e mette pressione sui sottoposti. Impedisce agli altri allenatori di andare a vedere il figlio giocare a cricket nel giorno libero come accaduto a John Mitchell, l’ex allenatore della difesa che si è dimesso all’improvviso dopo un litigio con Jones sull’argomento durante l’estate, e adesso lavora per i Wasps.
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Scrive Slot: “Membri dello staff hanno iniziato a scomparire nell’estate del 2017, dopo 18 mesi dall’entrata in carica di Eddie Jones: un allenatore, un analista, uno psicologo, un addetto stampa. I giocatori lo hanno notato. Per un po’, ci hanno anche scherzato con una canzone scritta da Jonny May, che ricordava i caduti. Ben presto lo scherzo è finito, c’erano troppi nomi in lista, e non era più così divertente.”
Certo, non tutti sono critici con l’atteggiamento di Jones. Secondo l’attuale coach del Benetton Paul Gustard, allenatore della difesa dal 2016 al 2018, l’head coach ha semplicemente “un certo stile e un certo modo di fare. Lui è così. La mia esperienza è stata molto, molto positiva. Gli devo molto.”
Anche chi con lui si è trovato peggio, inoltre, ne riconosce le capacità. La sua comprensione del gioco e la sua capacità di innovare e di trasmettere conoscenze sono universalmente riconosciute. Al tempo stesso la sua filosofia di lavoro è evidente: se riesci a vivere in un ambiente di lavoro scomodo, potrai produrre il tuo meglio; se non ci riesci, forse il rugby internazionale non fa per te.
Con i giocatori le cose sono un po’ diverse, perché nel corso del tempo Jones ha via via perso quei metodi un po’ datati che hanno poca presa sui giocatori più giovani. Tuttavia, l’esperienza di essere in ritiro, per parola dell’ex capitano Dylan Hartley, può diventare simile a una persecuzione.
Danny Care e Mike Brown sono stati senza mezzi termini fatti fuori per aver dissentito con Eddie Jones in un paio di occasioni, altri vengono bombardati di sintetici, diretti e brutali messaggi telefonici nei momenti più delicati: se il parere di Jones è che giocando male una partita abbiano gettato al vento un’opportunità per essere chiamati in nazionale, non esiterà a farlo immediatamente sapere al diretto interessato con un messaggio mandato istantaneamente, che il giocatore troverà sul telefono tornando negli spogliatoi.
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All’articolo del Times ha risposto una portavoce della RFU, la federazione inglese, commentando: “Eddie è largamente considerato uno dei migliori allenatori internazionali del mondo. Allenare a livello internazionale richiede performance di altissimo livello, è un ambiente competitivo e può essere gravoso. Ci sono molti allenatori e giocatori che hanno lavorato con Eddie che parlano di lui con grande considerazione per il suo impegno e la sua etica del lavoro, e hanno trovato di grande valore la loro esperienza con lui.”
Dopo il quinto posto al Sei Nazioni 2021, però, il prossimo mese di novembre sarà decisivo. Con un nuovo gruppo tecnico, l’Inghilterra deve porre le basi per un nuovo ciclo in vista della Rugby World Cup 2023. Il metodo Jones funziona ancora? E anche se funzionasse, il fine giustifica i mezzi?
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