Un libro di indagine storica sostiene la parentela fra il calcio storico fiorentino e la palla ovale
Livorno, 1766. In una città cosmopolita e multiculturale come poche altre nell’Italia dell’epoca, si gioca una partita di calcio storico fiorentino in onore della visita del Granduca di Toscana Pietro Leopoldo.
La partita viene organizzata dalla cosiddetta nazione inglese, la nutrita comunità proveniente dal regno albionico allora residente nel porto toscano per motivi commerciali, mentre le altre nazioni, quella olandese e quella ebraica ad esempio, si occupano di imbastire altre attività di festa.
Si gioca in Piazza Grande, alla maniera in cui si giocava il calcio storico a Livorno: 50 contro 50, e non 27 contro 27 come a Firenze, e segnando i punti mandando il pallone oltre una certa altezza, e non sotto come invece avveniva nella capitale del Granducato.
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College di Rugby, circa 70 anni dopo. Gli alunni giocano al football con il regolamento sancito dalla scuola: 50 giocatori contro 50, arrivando con il pallone dall’altra parte del campo per ottenere la possibilità (try) di mandare il pallone oltre una certa altezza, in apposite porta a forma di H, e segnare così un punto.
Da questa similitudine prende le mosse l’indagine storica di Leghorn 1766 – il calcio fiorentino e le origini del rugby di Filippo Giovannelli e Matteo Poggi, edito da Navicellai, un libro che approfondisce, spiega e rivela le connessioni fra Livorno, Liverpool e Rugby per lasciare il lettore con molti, suggestivi dubbi su quanto ci sia di originale nell’invenzione inglese del gioco con la palla ovale che tutti noi amiamo.
Le somiglianze fra il gioco giocato a Livorno a metà Settecento e quello di poco meno di un secolo dopo della scuola inglese non si fermano infatti al numero di giocatori e al modo di calcolare il punteggio, ma sono numerose e cavillose.
Per trovare le origini del rugby, Giovannelli e Poggi hanno scavato a lungo fra opere in inglese, in italiano e in documenti storici d’archivio rinvenuti negli Archivi di Stato di Firenze e Livorno, documentando tutto con dovizia di particolari nel loro libro, testimonianza di una globalizzazione precoce nel continente europeo, dove ciò che succede a migliaia di chilometri da un luogo influenza quello che accade in un altro.
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Gli autori non mettono in dubbio l’origine inglese del rugby, quanto piuttosto tentano di dimostrare la diretta filiazione di questo dalla tradizione italiana del calcio storico, in particolare di quello fiorentino e livornese, in maniera simile e contraria a come poi il football, quello con la palla tonda, arrivò in Italia attraverso i marinai inglesi nel porto di Genova.
D’altronde, se in quei festeggiamenti del 1766 in campo scesero oltre 30 sudditi di Re Giorgio III, che quanto appreso venisse poi riportato in madrepatria non è così campato in aria.
Non si è mai stabilito con certezza quale fosse l’origine precisa del rugby. La leggenda di William Webb Ellis è ormai il canone a cui tutti siamo affezionati, ma la ricerca storica ha mossa fosse un ulteriore, significativo passo nello scoprire quale fu la realtà.
Lorenzo Calamai
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