Non è la prima volta che i verdi salgono di colpi nel mezzo di un quadriennio iridato. Porteranno questa carica sino alla rassegna francese del 2023?
Stavolta come andrà a finire?
La vittoria di Dublino sugli All Blacks sarà come quella del 2018, seguita da un lungo periodo negativo, con il coach accusato di ingabbiare i giocatori dentro compiti e gioco troppo rigidi, proprio mentre si prepara un mondiale? Oppure stavolta ciò che Farrell sta seminando resterà e i verdi potranno essere protagonisti fino in fondo della rassegna iridata? Questo è il tema degli addetti ai lavori dopo i test match di novembre.
Le perplessità dunque sono in prospettiva, perché certo è che l’attualità è esaltante. Il movimento irlandese esce dai test match di novembre con uno stato d’animo che è da qualche parte fra la costellazione di Orione e l’assolo di chitarra di ‘Comfortably Numb’.
Questa serie di partite, in particolare quella del 13 novembre contro la Nuova Zelanda, segnano l’inizio di una nuova – e da queste parti si spera gloriosa – fase per il rugby dell’isola di smeraldo. Ci sono voluti tre anni per riprendersi dalla sbornia della vittoria del 17 novembre 2018. Allora l’Irlanda divenne numero 1 del ranking (‘in pectore’, arrivando al primo posto della classifica realmente nell’estate successiva), fu definita “favorita” per il mondiale che iniziava 11 mesi dopo, ma proprio allora entrò in un brutto e lungo tunnel.
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Il 2019 fu un disastro: dalla sconfitta casalinga contro l’Inghilterra al 6 Nazioni a quella al Mondiale con il Giappone (!), fino al massacro dei quarti di finale contro gli All Blacks. A quel punto c’è stato il, già previsto, cambio di panchina (Farrell per Schmidt). Tuttavia anche il 2020 e il 21 finora avevano visto molte più ombre che luci, fra la pesante eredità di Schmidt che gravava sulle spalle di Farrell e l’involuzione di alcuni giocatori (Stockdale e Ryan per la forma, O’Mahony e Murray per l’età).
In questa atmosfera un po’ alla “i tempi di Schmidt sono finiti per sempre” sono arrivati i test match di novembre 2021. Non molti – in patria e non solo – davano fiducia a Farrell e alle sue prediche sul gioco offensivo piacevole ed efficace che diceva di star insegnando ai suoi. Si iniziava già a vociferare che Paul O’Connell potesse essere entrato nello staff magari già per prendere posti ben più importanti quasi nell’immediato.
Il resto è storia: prima i 60 punti segnati al Giappone, ricordando l’eccezionalità della sconfitta al mondiale. Poi, sono arrivati gli 80 minuti contro gli All Blacks ad archiviare definitivamente l’era Schmidt, proiettando l’Irlanda di nuovo fra le primissime di ovalia. Cosa si può dire su quella partita che non sia stato detto? Forse il dato sugli 8 minuti e 7 secondi passati dall’Irlanda nei 22 avversari contro i 37 secondi degli All Blacks: di solito fantascienza pura, contro i ‘tuttineri‘.
Quella partita ha anche trasformato alcuni giocatori interessanti in potenziali star di livello assoluto. Tutti coloro chiamati alla prova di maturità in una sfida di un livello mai giocato hanno fatto la differenza. Parliamo di Keenan, Lowe, Gibson-Park e Doris, autori da leader assoluti sul palcoscenico più difficile. Senza dimenticare Carbery e van der Flier, tornati protagonisti dopo lunghi tunnel. Del 15 di questa vittoria solo sei hanno giocato anche la partita del 2018: Ringrose, Aki, Sexton, van der Flier, Ryan e Furlong. Il futuro insomma è tornato improvvisamente roseo.
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Tuttavia? Tuttavia l’Irlanda arriva al mondiale e si sgonfia. Non è un luogo comune, ma la pura verità storica. Sembra quasi impossibile che la squadra con gli ultimi 20 anni come quelli dei verdi non sia mai arrivata in semifinale ai mondiali.
Eppure, lasciando i verdi ai propri entusiasmi, è tutt’altro che impossibile che succeda anche stavolta. I motivi sono lì hanno nomi e cognomi precisi e prestigiosi: Sexton, Murray e O’Mahony, che sono ad oggi ancora dei pilastri della squadra (in particolare il primo) ma fra due anni quale contributo potranno dare? E senza di loro, magari con Byrne e McGrath (o Marmion) sarà la stessa Irlanda? Si potrebbe dire che per vincere un quarto di finale mondiale sì, potrebbe bastare. Il problema è che ai quarti l’Irlanda troverà gli All Blacks o la Francia, questa Francia.
Un XV che sette giorni dopo ha ridimensionato la portata della vittoria irlandese con una partita monstre. Vedremo, ancora mancano due anni e prima della rassegna iridata c’è tanto rugby da giocare. A proposito: se non lo avete già fatto, segnatevi i sabati 2, 9 e 16 luglio 2022: l’Irlanda giocherà tre test match in Nuova Zelanda. Imperdibili.
Damiano Vezzosi
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