La terza linea azzurra a OnRugby dopo l’intervento al crociato: “Mi aspettano sei mesi di recupero, ma voglio tornare ai livelli di prima”
Il titolo in Francia, poi la qualificazione ai mondiali con la nazionale. Un 2021 fantastico, quello di Francesca Sgorbini, che si è chiuso però nel modo peggiore. Il crociato ha tradito la terza linea di Romagnat e delle azzurre, che dovrà stare ferma almeno 6 mesi. Uno stop che non ci voleva, a poco meno di un anno dal mondiale, e che la costringerà a un 2022 ben diverso da quello che si aspettava. “Ora sto un po’ meglio, dopo l’operazione è stata dura”, ci dice quando la contattiamo pochi giorno dopo l’intervento: “Sono a casa in Francia, all’inizio è venuta mia madre, che però dovrà tornare a casa perché deve lavorare. Mi aiuteranno le mie compagne di squadra (ride, n.d.r.)”
Partiamo dall’inizio, cosa è successo?
Mi sono fatta male durante il primo allenamento con le Barbarians, a Parigi. Mancavano due minuti alla fine della seduta, sul sintetico, sono scivolata e quando mi sono rialzata ho sentito che il ginocchio non teneva più. All’inizio non mi ero resa conto della gravità dell’infortunio, perché avevo dolore su tutta la gamba e pensavo a una storta. Per sicurezza abbiamo fatto comunque una lastra e una risonanza, e lì mi è crollato il mondo addosso. Il medico mi fa: “Ti sei rotta il crociato, devi operarti, e devi stare 6 mesi ferma”.
Una bruttissima sorpresa…
Non avevo mai preso in considerazione questa ipotesi, perché inizialmente non mi sembrava un infortunio così grave. In un certo senso, però, il mio corpo non ce la faceva più. Mi sentivo molto stanca: dopo la fine dello scorso campionato abbiamo fatto tanti raduni con la nazionale, poi ci sono state le qualificazioni mondiali, e quando sono tornata in Francia ho giocato 4 partite di fila da titolare. L’unica settimana di pausa l’ho passata con le Barbarians, quando poi mi sono fatta male.
E dopo?
Sono tornata subito a casa. Mi avevano proposto di restare nel gruppo delle Barbarians e seguire con loro il torneo, ma stare lì a guardare senza giocare mi avrebbe fatto ancora più male. Quindi ho fatto un bel viaggio in ambulanza di 5 ore, da Parigi a Clermont.
Come hai vissuto mentalmente questo infortunio?
All’inizio è stata dura metabolizzarlo. Come detto, non mi sembrava un infortunio così serio, anche perché prima dell’operazione pur non potendo correre riuscivo a fare una vita normale. Quando poi ho iniziato a preparare la borsa per l’ospedale, le medicine e le carte, ho iniziato a rendermi conto di quanto questa cosa fosse grande, più di quanto avessi immaginato. Prima dell’intervento ero preoccupatissima, anche perché era la mia prima operazione, pensavo “chissà se mi risveglierò” e le solite paranoie (ride, n.d.r.).
Anche perché eri da sola…
Ricordo di aver detto all’infermiere, prima dell’intervento: “Sono un po’ stressata”. E lui mi ha risposto: “Anch’io quando sono al tuo posto sono stressato”. Benissimo, molto rassicurante! (Ride, n.d.r.). Quando sono uscita dalla sala operatoria ho capito quanto sarà lunga, ma che non devo soffermarmi solo sugli aspetti negativi, che ovviamente sono tanti. Questo infortunio mi permetterà di capirmi e conoscere meglio il mio corpo, dando rilevanza ad aspetti ai quali non avevo mai dato grande peso. Ho sei mesi in cui posso riprendermi e puntare alla Coppa del Mondo, e posso risolvere anche altri acciacchi che già avevo, come quello alla spalla. Certo, non c’è mai un buon momento per farsi male, ma cerco di prendere gli aspetti positivi di questa vicenda.
Quali paure comporta un infortunio del genere?
Penso spesso: “Chissà se tornerò ai livelli di prima”. Stare 6 mesi ferma significa non fare più tutte quei movimenti che prima venivano automatici, perché si facevano tutti i giorni in allenamento. E poi perderò la mia routine: oltre a giocare sto anche studiando, ma comunque la mia vita era incentrata principalmente sul rugby. Adesso, oltre a recuperare, devo pensare anche a me stessa.
L’obiettivo è il mondiale?
Assolutamente sì. Con le tempistiche, in teoria, ci siamo: dovrei riuscire a recuperare entro giugno-luglio, per cui con il mondiale ad ottobre il tempo ce l’ho. Quando mi sono fatta male, il mondiale è stata una delle prime preoccupazioni.
Come hai vissuto il post-operazione?
Ho ricevuto tantissimi messaggi di sostegno. Sono stati tutti gentilissimi, soprattutto le mie compagne di nazionale. Penso a Silvia Turani, che ha vissuto il mio stesso infortunio a maggio dello scorso anno: ho parlato molto con lei perché conosce bene la situazione, così come Beatrice Rigoni. Ma sono state tutte davvero gentili, mi hanno sostenuta anche a distanza. Non nascondo che adesso mi mancano, sarà dura non essere insieme a loro al Sei Nazioni.
Francesco Palma
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