La storia di un gruppo di tifosi di Romano D’Ezzelino che segue il rugby e le trasferte della Nazionale da tre decadi
Nei giorni scorsi i Rugby Friends, gruppo di tifosi di Romano D’Ezzelino, ci hanno inviato un articolo scritto per raccontare e celebrare i trent’anni di vita del loro gruppo che segue le vicende e le partite in Italia e all’estero “di tutto il rugby in generale, ma soprattutto della nazionale che tanto ci fa soffrire, ma che è sempre nel nostro cuore”.
Vista la passione che trasuda dal loro racconto, benché non sia nostra abitudine farlo, ci è sembrato bello dare spazio al loro racconto. Eccolo:
” Dear Mr Ankerson…”
Chissà cosa avrà pensato, nell’autunno del 1990, mr Ankerson, un funzionario della Federazione Inglese di Rugby, nell’aprire quella lettera proveniente dall’Italia. ” Romano d’Ezzelino? Dove si trova? ” ” Italiani? Cosa vogliono? No buoni per rugby…”. La richiesta era semplice: tre amici del nostro paese, Maurizio Scremin, Diego Ravagnolo e Paolo Zen, desideravano assistere ad un incontro del “Torneo delle cinque Nazioni” e chiedevano di acquistare dei biglietti.
Era una passione particolare, alimentata dalla visione dei match, in differita e a volte tagliati, che la Rai affidava al commento signorile e compassato di Paolo Rosi. La busta, affrancata Italy, sarà passata di mano in mano per la curiosità di tanti, ma alla fine, nonostante la federazione non fosse solita destinare dei biglietti a tifosi non inquadrati in qualche gruppo, tre tagliandi saltarono fuori. Così i nostri baldi giovanotti attraversarono la Manica, con destinazione Twickenham, il tempio della palla ovale.
Raccontarlo ora sembra una cosa molto semplice, ma nei primi anni novanta non era facile organizzare un’avventura di questo genere: non c’erano ancora internet , le mail e i telefonini e il mezzo più rapido per comunicare era il fax. Il mondo attraversava un periodo molto particolare e delicato. Quell’anno, il 1991, vedrà scoppiare la prima guerra del Golfo , assisterà alla dissoluzione del colosso russo, alla disgregazione della Jugoslavia. La nostra società sarà attraversata da mille tensioni: attentati dell’IRA a Londra, abolizione, finalmente, dell’apartheid , i primi sbarchi di profughi albanesi sulle coste italiane, il disastro della Moby Prince e gli assassinii della Uno bianca. Sul Similaun verrà ritrovato Otzi e la musica piangerà la dipartita di Freddy Mercury.
In Italia il rugby è ancora uno sport di nicchia, distribuito a macchia di leopardo sul territorio, ma la lingua ufficiale è senza dubbio il dialetto veneto, grazie alle realtà di Treviso, Padova, Rovigo, Mogliano e altre. Lo scudetto quell’anno sarà però appannaggio degli Amatori Milano, in grado di schierare in campo giocatori del calibro di David Campese e Diego Dominguez.
La partita per cui i nostri amici hanno acquistato il biglietto non è una semplice partita, è Inghilterra-Scozia ,il 16 febbraio. E’, da tradizione, uno scontro di popoli, una sfida tra conquistatori e sudditi ribelli e mai domi. E’ Bravehart, è la folle rincorsa dei clan verso le linee rosse a Culloden, è giacobiti contro il duca di Cumberland, Guglielmo il macellaio, rosa inglese contro cardo scozzese. L’ inghilterra vincerà 21 a 12, e succederà nell’albo dei vincitori del torneo proprio ai rivali, realizzando il grande slam, cioè battendo tutti i rivali. I presenti allo stadio, tranne i nostri tre amici, non sapevano che proprio in quei giorni, tra il suono delle cornamuse e le pinte di birra nasceva il nostro club, Rugby Friends, che proprio in questi giorni ha festeggiato il trentennale della nascita.
Tanta acqua è passata sotto ai ponti da allora e ci sarebbe tanto da raccontare, non basterebbe un articolo. Il gruppo nel tempo ha acquistato in vitalità ed energia, coinvolgendo molti amici del nostro territorio e poco importa se le soddisfazioni sul campo sono state meno di quelle che avremmo meritato. I Rugby Friends hanno fatto propri i principi fondamentali di questo sport tanto bello: impegno massimo e sostegno sempre e comunque, perchè sul campo e nella vita non si vince mai da soli, ma solo se si riesce a far gruppo, ad unire le forze. Tante le trasferte all’estero, in Inghilterra, Francia, Irlanda, Scozia e Galles che ci hanno permesso di conoscere realtà diverse dalla nostra, toccare con mano storia e arte. Abbiamo camminato sulle scogliere Cliffs of Moher, scrutato l’orizzonte dal Vallo di Adriano, visto le tombe monumentali di Newgrange, l’arazzo di Bayeux, aspettato l’alta marea a Mont Saint Michel.
Abbiamo disceso il Bogside, dove i paracadutisti inglesi hanno sparato sulla folla in quella che è passata alla storia come la Domenica di sangue. Abbiamo visitato le carceri dove venivano detenuti gli appartenenti all’IRA e ricevuto l’onore di essere invitati nel pub esclusivo per gli ex detenuti, dove per entrare bisognava pulirsi le scarpe su un mosaico col volto della regina Elisabetta. Abbiamo anche bevuto ovviamente: birra e rugby vanno a braccetto. Non c’è in Europa nessuno che possa dire di averci messo in difficoltà nel terzo tempo. Il club non si è scoraggiato e disunito neanche quando, nell’ultima trasferta, ha avuto l’amara sorpresa a Versailles di trovare i vetri del pulmino rotti e i bagagli spariti. Altri si sarebbero fatti prendere dallo sconforto e avrebbero rinunciato al resto del viaggio, ma noi no: un salto in un negozio d’abbigliamento per i generi di prima necessità e avanti, tutti assieme.
Tanti sono stati anche i chilometri fatti sulla rotta Romano-Roma e ritorno, sfidando intemperie e Appennini, magari tornando a casa sotto una bufera di neve, accodati ai mezzi che aprivano la strada in uno scenario fiabesco. Qualcuno dirà: ” Chi ve lo fa fare di seguire una squadra che perde quasi sempre? Cosa vi ha colpito di uno sport che non passa neanche in televisione ed è patrimonio di pochi intimi?” Di fronte a domande come queste non resta che sorridere e testimoniare con la nostra unione e la nostra amicizia quali siano i valori che ci tengono uniti.
Trent’anni sono volati e i ragazzi e le ragazze di allora sono gli uomini e le donne di adesso, sposati, con figli, qualcuno già nonno, ma di sicuro è rimasta intatta la voglia di stare assieme: sostegno sempre e comunque, uniti nel tifo e nella vita, ecco la risposta.
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