Il match di Treviso cruciale per la stagione dei ducali: necessario dare segnali di vita
Imbarazzante. Così Michael Bradley ha definito la partita della sua squadra nel derby d’Italia, analizzando poi più approfonditamente quali sono state le evidenti lacune che non hanno permesso alle Zebre di essere competitive sul proprio campo di fronte al Benetton.
La franchigia di Parma è, in mezzo a questo momento di caos sportivo generalizzato dove si sono giocate solamente 9 partite nei 3 maggiori campionati europei, giunta ad un momento cruciale della propria stagione.
Le gare tre le due rappresentative italiane nello United Rugby Championship, e nel Pro14 prima, sono da sempre un barometro piuttosto attendibile di dove si trovino le due compagini. Contro le squadre estere, tale giudizio viene in qualche modo offuscato dal perenne gap di partenza, specie delle Zebre, nei confronti delle altre, tanto che molti hanno equivocato, ad esempio, una prova niente più che volitiva contro Tolone a una buona prestazione.
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Contro la squadra di Treviso, alla vigilia di Natale, la compagine guidata in campo da Giulio Bisegni è incorsa nelle consuete, pesanti imperfezioni che la condizionano da tutta la stagione: errori gratuiti, esecuzioni pedisseque e di scarsa qualità, incapacità di vincere le collisioni.
Ognuna delle tre è imprescindibilmente legata all’altra: se la qualità del pallone che arriva agli avanti è bassa, è difficile andare in avanzamento con le difesa che ci sono oggi; se non si avanza, sarà ancora più difficile giocare in maniera efficace la fase successiva; aumentando la pressione, aumentano gli errori; più aumentano gli errori più è difficile mantenere uno standard accettabile di qualità dei gesti tecnici. E così via.
Quello che però dovrebbe preoccupare di più lo staff è l’immediato crollo attitudinale che le Zebre hanno patito tra le mura amiche del Lanfranchi, ben messo in luce dai tanti errori al placcaggio di giocatori inconsueti (Canna, Fischetti e Fabiani su Menoncello nell’azione della meta di quest’ultimo) e dal crollo verticale della squadra nonostante il Benetton abbia opposto loro una prestazione solida e aggressiva, ma non straordinaria.
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Nella scorsa stagione le Zebre hanno finito il campionato con 4 vittorie in 16 partite e sono finite entro i 10 punti di scarto in altre 4 occasioni. Nonostante una stagione di sacrifici, giocata senza avere per larghissima parte dell’anno a disposizione i giocatori internazionali e con la rosa più corta delle partecipanti al torneo, hanno giocato un rugby con un chiaro indirizzo, hanno costruito qualcosa. La vittoria del premio di allenatore dell’anno a Michael Bradley significava proprio questo: nonostante grandissimi ostacoli e limiti, le Zebre erano state capaci di costruire qualcosa.
Dov’è finito oggi quel qualcosa? Le diverse assenze importanti sono solo una parziale giustificazione per la pochezza di quanto visto finora dalla squadra in questa stagione.
Ora per Michael Bradley, dopo aver definito giustamente imbarazzante la prestazione contro il Benetton, arriva il momento di una decisione importante, perché la sfida di Treviso è cruciale per dimostrare di essere ancora vivi e che la stagione non è sostanzialmente già finita a dicembre.
Nella gara della vigilia, lo staff ducale si è affidato ai senatori del gruppo: spazio a Palazzani, Violi, Canna, Boni, Bisegni, Mbanda, Fabiani, Sisi, Bello, Lovotti. Nessuno di loro ha battuto un colpo.
La loro condizione di giocatori di esperienza li mette nella posizione di poter essere di nuovo il gruppo su cui puntare per rivoltare la frittata, andare in campo per dimostrare che non è tutto in quegli 80 brutti minuti di Parma.
Oppure potrebbe essere il momento di operare una piccola rivoluzione, dando più fiducia ai giovani e a coloro che hanno voglia di riscatto, nel tentativo di smuovere la competizione interna e ritrovare un minimo di entusiasmo per andare avanti.
Finora Bradley ha ben diffuso il minutaggio e praticamente tutti hanno avuto la loro opportunità di mettersi in mostra, ma ci sono nomi che meritano un po’ di spazio in più, tra tutti Antonio Rizzi e Michelangelo Biondelli. Forse è il momento di prendere una direzione più marcata per capire se c’è qualcosa che può, in definitiva, funzionare.
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