Sono i favoriti di tutti, ma anche la squadra con la pressione più alta sulle spalle: il gruppo di Galthié ora vuole un trofeo
Gli Anni Dieci sono stati duri per il rugby francese, almeno a livello internazionale.
Conquistato il Sei Nazioni con il Grande Slam nel 2010 e raggiunta la finale della Rugby World Cup nel 2011, nei successivi dieci anni la Francia non è più riuscita a combinare quanto voluto, avviluppandosi in un’involuzione dalla quale si è incominciato a vedere la fine solo a fine decennio con la doppia vittoria del mondiale under 20.
Solo tre anni fa, la nazionale francese era considerata, senza andare tanto per il sottile, un gran casino. Oggi tutti la indicano come una delle squadre più forti del mondo e come favorita principale per il Sei Nazioni 2022.
Un cambio di paradigma avvenuto mentre simultaneamente sono cresciuti da un lato i protagonisti di questo XV de France e dall’altra, parimenti, le aspettative e le pressioni per arrivare ad un risultato.
Ora che il gigante si è a tutti gli effetti pienamente risvegliato, come testimonia il successo di novembre contro gli All Blacks, è tempo di cogliere i frutti all’albero. Se l’obiettivo finale è conquistare la Rugby World Cup 2023 allora è tempo di imparare come si fa a conquistare un trofeo.
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Il calendario
Il debutto è l’ideale per mettere subito 5 punti in cascina e portare a casa la più grossa differenza punti della giornata, conquistando la prima piazza in classifica e costringendo gli altri a rincorrere. Contro l’Italia a Parigi, la Francia ha l’opportunità di fissare lo standard.
Come ha detto Maxime Lucu, mediano di mischia: “Se approcciamo la prima partita dicendoci che dobbiamo vincere di cinquanta punti, ci sbagliamo di grosso. Sarà come una piccola finale per noi, importante tanto quanto le altre. I punti contano, certo, lo abbiamo visto negli anni precedenti quando abbiamo perso posizioni in classifica a causa della differenza punti. Ma se prendiamo l’Italia sottogamba pensando solo di quanto vinceremo, vivremo un pomeriggio maledetto.”
Dopo gli Azzurri, i transalpini avranno subito la prima grande sfida contro l’Irlanda, con il privilegio di poter giocare le prime due tra le mura amiche dello Stade de France.
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Fatta la prima pausa, il 26 febbraio sarà la volta di Scozia-Francia, una trasferta spesso maledetta per i Bleus e uno degli avversari più ostici che Galthié si è trovato ad affrontare negli ultimi anni.
Infine, trasferta in Galles e gran finale in casa con l’Inghilterra per chiudere i conti.
La rosa
In quanto a profondità, sono poche le squadre che possono permettersi di competere con la Francia. Bisognerà vedere quanto l’andirivieni dei giocatori positivi nelle settimane precedenti l’inizio del Torneo abbia condizionato la preparazione del Sei Nazioni.
Tutti i giocatori, però, sono stati recuperati. Matthieu Jalibert, infortunatosi in Champions Cup con Montpellier meno di due settimane fa, è già rientrato; Cameron Woki, che aveva dovuto lasciare il ritiro per lo stesso motivo, dovrebbe essere pronto o quasi al ritorno sul rettangolo verde.
Il gruppo delle stelle tolosane (Dupont, Ntamack, Jelonch, Baille) è rientrato a pieno ritmo.
Il miglior giocatore del 2021, Antoine Dupont, capitanerà la squadra dopo averla guidata già lo scorso autunno. Potrà confidare sull’appoggio di Gael Fickou, il comandante difensivo della squadra e uno dei più esperti e rispettati leader del gruppo.
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Fra i centri lui e Jonathan Danty partono con una considerazione gerarchica superiore rispetto a Virimi Vakatawa, almeno per il momento. Un gradino ancora sotto i giovani talenti Tani Vili e Yoram Moefana.
Dietro la solidità di Melvyn Jaminet dovrebbe essere preferita alla classe di Brice Dulin e Thomas Ramos, ma anche qui stiamo parlando di tutti giocatori di altissimo livello.
Nel pacchetto di mischia grande competizione per la terza linea, dove accanto all’indubbia presenza di Gregory Alldritt dovranno trovare posto due tra Cameron Woki, François Cros, Anthony Jelonch e Dylan Cretin. Woki è in competizione anche per recitare il ruolo di seconda linea, sfidando il duopolio dal sapore sudafricano Le Roux-Willemse.
Da tenere d’occhio
Cameron Woki è salito di un livello. Il giocatore fiore all’occhiello del Bordeaux capolista in Top 14 è uno dei principali motivi di successo della squadra e sta vivendo una stagione di grandissimo livello, ulteriormente migliore delle già ottime prestazioni degli anni scorsi, che gli hanno garantito di accumulare 12 caps in due anni.
Il 23enne si era messo in mostra sin dai tempi della vittoria nel mondiale under 20 del 2018. La crescita lenta ma costante del Bordeaux nell’ecosistema del rugby francese gli ha consentito di effettuare lo stesso percorso e di presentarsi oggi come uno dei protagonisti del Sei Nazioni che sta per iniziare.
Ai suoi 196 centimetri di altezza, Woki ha progressivamente aggiunto muscolatura, rendendosi papabile per giocare sia come terza linea, dove non soffre divari di rapidità contro avversari più compatti, che in seconda linea, dove è robusto abbastanza per rivaleggiare contro gli energumeni che popolano i pacchetti di mischia altrui. È un saltatore di grandissima qualità in rimessa laterale e un possibile leader di questa fase di gioco, oltre ad essere da sempre uno dei preferiti di Fabien Galthié e del suo staff.
Per lui come per i suoi compagni non si tratta tanto di essere al livello tecnico e tattico necessario per vincere il Sei Nazioni, quanto di dimostrare di essere forti abbastanza dal punto di vista psicologico e morale per performare al massimo anche in una situazione dove, infine, tutta la pressione per l’ottenimento dei risultati è sulle loro spalle.
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