Sei Nazioni 2022: la preview dell’Italia

Una rosa giovane, uno staff nuovo e rivali di massimo livello

Sei Nazioni 2022: la preview dell'Italia

Sei Nazioni 2022: la preview dell’Italia (ph. Sebastiano Pessina)

Una squadra che sta (ri)costruendo, con un nuovo staff tecnico e tanti giovani (di grande interesse), in uno dei Sei Nazioni di più alto livello che si siano mai visti.

È toccato ricominciare da capo, negli ultimi 10 mesi, per l’Italia, mentre le altre potenze europee – già sulla cresta dell’onda – crescevano ulteriormente, portando a casa a novembre vittorie di peso contro tutte le corazzate del Rugby Championship. Il 2021 ha confermato che il gap con le grandi rimane ampio – almeno ragionando sul campionato -, e che servirà tempo e lavoro per provare a ricucirlo (la fiducia non manca in tal senso, vista la buona qualità che sta emergendo dalle nuove generazioni).

Discorso che può essere diverso sulla singola partita, anche se prendendo spunto dal recente documentario di RugbyPass sugli azzurri, si va verso cinque sfide “Davide contro Golia”, cinque partite contro cinque squadre che partono tutte con l’ambizione di vincere il torneo.

E no, la storia secondo cui l’Italia può giocare senza pressioni non vale più, anche se va detto che il rinnovato gruppo attuale rischia di scontare anche “colpe” non sue. Perché la pressione c’è: magari non quella di dover vincere a tutti i costi, ma è chiaro che a una squadra a digiuno di punti dal 2018 (bonus difensivo con la Scozia) e di vittorie dal 2015 (l’ormai celebre trionfo last-minute a Edimburgo) si chiede necessariamente un non banale passettino in avanti anche in termini di risultati.

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La rosa

Da questo punto di vista Crowley sta dando continuità – almeno concettualmente – al ricambio avviato da Franco Smith. Gli esordienti Marin, Menoncello, Zuliani, Da Re, Capuozzo stanno lì a dimostrarlo, così come i ragazzi che a novembre hanno vestito per la prima volta la maglia azzurra, come Nemer, Fusco, Bruno e Pettinelli (quest’ultimo non più giovanissimo, rispetto agli altri, ma che dopo tanta gavetta si è preso ciò che gli spettava). E poi, ovviamente, ci sono quelli che questa nazionale possono e devono prenderla sulle spalle, nonostante la giovane età, come capitan Lamaro, Garbisi, Varney, Lucchesi, Cannone.

In attesa della possibile guest star, quel Parisse che dal 2019 attende ancora la meritata passerella finale, starà a gente come Negri, Padovani, Ruzza e Steyn prendere le redini del gruppo e portare quel bagaglio di esperienza che a livello internazionale – anche solo per motivi anagrafici – manca ancora.

Quanto alle scelte di formazione, Crowley ha le sue belle gatte da pelare. La situazione in alcuni ruoli chiave, come il pilone destro, è discretamente problematica: Nemer si può adattare (ma serve anche a sinistra, dove non c’è propriamente abbondanza), Zilocchi ha giocato una partita – contata – dopo esser stato fuori per mesi, e Pasquali è ritornato in azzurro dopo essere uscito per 2 anni fuori dai radar.

In seconda i nomi sono quelli di novembre, mentre la terza linea – come sempre – appare il ruolo dove c’è maggiore abbondanza, forse l’unico nel quale Crowley ha a realmente disposizione una quantità (e qualità) di scelte degna del livello del Sei Nazioni. Nonostante la dolorosissima assenza di Jake Polledri.

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La cerniera mediana titolare Garbisi-Varney è sempre molto intrigante – con i due che arrivano da una prima parte di stagione diversa, benissimo il primo a Montpellier, qualche difficoltà per il secondo a Gloucester -, e Braley è un mediano affidabile, ma dietro i vari Fusco e Marin (e ancor di più Da Re, che ha all’attivo una sola presenza col Benetton) sono tutti da scoprire a questo livello, e saranno chiamati ad abituarsi in fretta all’ottovolante che li aspetta, per dare una grossa mano a una nazionale con gli uomini contati.

Nel reparto dei trequarti – pur con i limiti dettati dalle assenze, prima tra tutte quella di Minozzi – Crowley ha interessanti soluzioni anche dal punto di vista tattico. Il tecnico neozelandese ha infatti a disposizione giocatori dalle caratteristiche diverse, che possono ricoprire anche più ruoli. Padovani può fare l’estremo, l’ala e all’occorrenza anche l’apertura, Capuozzo può giocare 15 e 14, mentre Mori e Menoncello possono fare sia l’ala che il centro. Fondamentale, in questo senso, sarà l’apporto difensivo di Nacho Brex, tra i più solidi difensivamente parlando dei nostri trequarti. Il Sei Nazioni dell’Italia passa anche e soprattutto dalla consistenza difensiva e dal ridurre al minimo gli “errori gratuiti”.

Leggi anche: Sei Nazioni 2022: la preview della Francia

Da tenere d’occhio

Un nome su tutti: Tommaso Menoncello, a livello di prestazioni forse il miglior trequarti italiano in questa prima parte di stagione. Non ha avuto un avvicinamento facile e la sua preparazione è stata condizionata da un infortunio, ma degli esordienti azzurri è tra quelli che ha mostrato maggiore solidità in relazione alla giovane età. Lui come Manuel Zuliani, terza linea che nel giro di poche partite è diventata fondamentale per il Benetton, e si spera possa diventarlo presto anche in azzurro.

E poi si aspetta al varco Ange Capuozzo. L’estremo del Grenoble ha mostrato qualità e consistenza negli ultimi anni, ma il Pro D2 non è il Top 14, non è la Premiership e nemmeno l’URC. Per fare il salto diretto dalla seconda serie francese al livello internazionale ci vuole testa e sangue freddo, come dimostrato da Jaminet, che da quel di Perpignan si è preso direttamente la maglia numero 15 della Francia.

Il calendario

Sulla falsariga dello scorso anno, si comincia contro la Francia. A Parigi ci saranno 60000 supporter – pronti a loro volta a spingere a mille – che vogliono riportare il Sei Nazioni dall’altra parte del canale della Manica, e in campo 15 talenti che vogliono prendersi prima l’Europa e poi il mondo. L’inizio peggiore, pensando che poi la settimana dopo all’Olimpico verrà l’Inghilterra. Dopo la pausa, rotta per Dublino, nella trasferta che storicamente ha creato più problemi alla nazionale azzurra. Infine, si chiuderà a Roma contro la miglior Scozia degli ultimi anni – che rimane forse il target più spendibile, visto l’appuntamento casalingo, per provare a raccogliere punti e magari una vittoria soprattutto se il team del Cardo dovesse essere fuori dalla corsa al titolo – e poi a Cardiff contro i campioni in carica.

In sintesi, non è facile trovare uno spiraglio per sognare, perché le altre sono forti e “in missione”. Ma al di là delle facili retoriche (“si parte dallo 0-0, si gioca 15 contro 15” e via discorrendo) se c’è qualcosa che questa squadra può e deve avere è il coraggio di osare, la forza (anche mentale) di dare battaglia su ogni pallone e di levarsi di dosso tutte le paure e le sovrastrutture mentali lasciate da anni di sconfitte.

Francesco Palma

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