Come funziona la preparazione fisica degli Azzurri. Parla Riccardo Di Maio

Uno dei preparatori fisici della Nazionale ci ha spiegato il rapporto con le franchigie, come si generano i report post partita e tutto quello che succede dietro le quinte azzurre

Riccardo-Di-Maio

Riccardo Di Maio preparatore fisico della Nazionale Italiana Rugby – Ph. Fir

Nello staff tecnico azzurro ci sono tanti esperti a disposizione del Commissario Tecnico Kieran Crowley. La parte della preparazione atletica è “guidata” da tre specialisti del settore: il responsabile è Quintin Kruger, sudafricano, quindi con lui ci sono gli italiani Giovanni Sanguin e Riccardo Di Maio. OnRugby ha intervistato quest’ultimo, ex-giocatore cresciuto a Ostia e passato dalle Nazionali Giovanili e dalle Fiamme Oro. Laureatosi in Scienze Motorie nella facoltà di Medicina e Chirurgia a Tor Vergata, Di Maio, poliziotto, lavora come preparatore atletico proprio alle Fiamme Oro, iniziando poi il suo percorso in azzurro con l’ItalSeven di Andy Vilk. Dopo sette stagioni con la Nazionale a sette, da due anni e mezzo Di Maio è entrato nello staff della Nazionale Maggiore.

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Riccardo Di Maio, come funziona il tuo lavoro durante tutto l’anno? Avendo i giocatori a disposizione solo per pochi mesi (tra Sei Nazioni, tour estivi e test match novembrini) è fondamentale il lavoro fatto con le due franchigie?

“Quello del rapporto con Zebre e Benetton è un aspetto essenziale del nostro lavoro. Io sono da due anni e mezzo con la Nazionale maggiore, e quando sono arrivato non avevamo in mano esattamente la situazione dei giocatori che arrivavano dalle franchigie. Quello che ho cercato di fare in questo periodo è stato creare un nuovo sistema di raccolta e analisi dati per monitorare i giocatori durante tutti i 12 mesi dell’anno, così da avere sempre aggiornato settimana dopo settimana il carico fisico di ognuno e le eventuali problematiche particolari. Questo perché quando vengono in Nazionale noi dobbiamo lavorare con atleti che hanno una storia fisica ben definita”.

Rimanendo all’attualità, dal punto di vista fisico che squadra hai trovato nel primo raduno di preparazione al Sei Nazioni 2022?

“Quest’anno abbiamo trovato una situazione difficile perché a gennaio entrambe le franchigie sono state ferme per tante positività, quindi i ragazzi non si sono potuti allenare per almeno una settimana o dieci giorni. Questo ha causato una disomogeneità di carichi che ogni giocatore ha avuto a ridosso del Sei Nazioni, ma grazie ai dati raccolti siamo riusciti a fare dei lavori mirati per praticamente ogni giocatore. Così facendo Crowley ha potuto scegliere tra tutta la rosa a disposizione, visto che dopo quattordici giorni siamo riusciti a portare tutti sulla stessa linea anche se non è stato facile. Sui nostri report abbiamo messo insieme i carichi settimanali dei vari giocatori, con la valutazione degli obiettivi raggiunti o meno e ci regoliamo di conseguenza. Chiaro che tutto questo tipo di lavoro cambia da settimana in settimana, e cerchiamo di stare attenti a tutti vari aspetti della preparazione fisica”.

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Nonostante queste difficoltà, dall’esterno si è vista una Nazionale che è stata in grado di reggere la battaglia dal punto di vista atletico fino all’80esimo minuto contro Francia e Inghilterra. Sensazione giusta?

“Esatto, questo è comunque il risultato della collaborazione con le due franchigie e lo scambio praticamente quotidiano di dati che c’è con loro. Sappiamo tutto di ogni atleta che arriva in Nazionale, e questo è un aspetto molto importante”.

Come analizzate i dati al termine delle singole partite?

“Abbiamo un modo nuovo di analizzarli, suddividendo la partita in quattro quarti. È una specifica che ho introdotto io e permette di studiare il volume di lavoro fatto nelle varie sezioni. Per farlo in maniera corretta serve però studiare in profondità le situazioni: prendendo ad esempio i metri percorsi, non basta utilizzare il dato da solo per capire se la prestazione è aumentata o calata. Questo perché il tempo effettivo dei vari quarti è molto diverso tra di loro, ce ne sono alcuni che possono arrivare a 11-12 minuti, altri si fermano a 8, quindi serve un’elaborazione completa in base al tempo effettivo. Solo così si capisce il livello della prestazione, e posso dire che nelle prime due partite contro Francia e Inghilterra negli ultimi 20 minuti abbiamo avuto un piccolo aumento di prestazione”.

Quanto tempo serve per fare il tuo report completo dopo una sfida della Nazionale? Quante tipologie di dati metti insieme?

“Il mio report dal punto di vista fisico riesco a prepararlo in un’ora e mezza. Una volta raccolti i vari dati viene inserito nel sistema e da questo si caricano i vari dati. È importante aggiungere però che le statistiche del GPS vengono “unite” alla video analisi per avere un quadro più completo della prestazione potendo così scendere nel particolare ruolo per ruolo. Per ogni aspetto è fondamentale anche l’analisi tecnica di quanto fatto dai singoli giocatori, non è possibile limitarsi solamente all’aspetto fisico per avere un quadro e una valutazione completa”.

È possibile analizzare i dati dei singoli giocatori durante la partita praticamente in real-time?

“Durante la gara non effettuiamo il live dei dati. Questo perché a partita in corso conta di più la parte tecnica e strategica rispetto a quella analitica, visto che è tutto legato a quello che succede in campo: ad esempio nel caso di un pilone il tempo effettivo cambia in base al numero di mischie effettuate, quindi non sarebbe corretto prendere i dati tout-court senza considerare i vari momenti”.

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Come vi gestite con giocatori che a inizio settimana, o comunque nel cominciare un raduno, non sono in perfette condizioni fisiche (ad esempio Tommaso Menoncello)? Chi dà l’ultima parola allo staff tecnico sulla possibilità di schierare o meno un giocatore a rischio infortunio?

“Questo è un lavoro d’insieme. Siamo uno staff importante a livello numerico e ognuno mette un pezzo della sua competenza per arrivare alla decisione definitiva. Sul caso specifico Menoncello, lui è stato seguito sia dallo staff atletico che fisioterapico per tutto il periodo, abbiamo valutato le sue prestazioni in allenamento e solo dopo abbiamo prodotto un report per il tecnico. L’ultima parola è sempre quella di Crowley, ma il giocatore “arriva” a lui dopo essere passato sotto tanti processi”.

Prima di arrivare a lavorare con la Nazionale maggiore hai lavorato a lungo con l’ItalSeven, puoi raccontarci quest’esperienza?

“Ho lavorato con Andy Vilk e con la Nazionale a seven azzurra per otto anni. Ho cercato prima di tutto di far crescere il movimento cercando di portare l’idea che questo è uno sport molto diverso dal modo in cui lo abbiamo sempre vissuto in Italia. Lo sforzo fatto con Vilk è stato legato alla raccolta del maggior numero di dati possibili per cercare di capirlo e adattarlo il meglio possibile alle caratteristiche dei nostri giocatori. Un paio di anni fa ho deciso di prendere in mano tutti i dati raccolti e mi sono messo a fare delle ricerche per provare ad avere una visione completa di come i dati si muovessero a livello prestazionale. Ho trovato sicuramente degli aspetti interessanti: uno ad esempio legato alla fase difensiva, che si pensava fosse essere la parte di gioco dove si correva di più. Invece non è così, e ci sono arrivato mettendo insieme qualcosa come 680 dati”.

L’approfondito studio realizzato da Di Maio nella sua esperienza con l’ItalSeven, che considera aspetti come tempi di gioco e sequenze, distanza, potenza metabolica, accelerazioni intense, velocità e azioni intensa è consultabile e scaricabile nei diversi articoli che trovate pubblicati sul suo sito personale.

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