Irlanda-Italia, il vero sconfitto è il rugby

Un regola che si trasforma in un’assurdità e un metro di giudizio che lascia quantomeno perplessi

Irlanda-Italia, il vero sconfitto è il rugby

Irlanda-Italia: l’espulsione di Faiva-INPHO/Jams Crombie

La parola più usata nei titoli dei giornali internazionali e nei commenti dei grandi opinionisti è stata “farsa”. E non possiamo che essere d’accordo dal momento che il match tra Italia e Irlanda di ieri all’Avviva Stadium dal 19esimo minuto in poi tutto è stato tranne che una partita di rugby.

L’espulsione di Faiva, subentrato da pochi minuti all’infortunato Lucchesi, ha costretto l’Italia, per una regola “assurda”, a giocare in 13 per il resto del match trasformando così una partita di rugby in un’altra cosa: una prova di orgoglio, resistenza e carattere da parte degli Azzurri. Prova superata peraltro, con i nostri ragazzi che non hanno mai ceduto, nemmeno allo sconforto e alla frustrazione.

Leggi anche: Perché l’Italia è rimasta in 13 contro l’Irlanda?

Specifichiamo bene che ad essere assurda non è la regola in sé, che un suo senso lo ha eccome. E’ infatti stata concepita per evitare che le squadre in modo antisportivo potessero in qualche modo avvantaggiarsi richiedendo la mischia no-contest. Ciò che è assurdo è che una una regola per contrastare un possibile comportamento antisportivo si sia trasformata nell’anti sport. E’ altrettanto assurdo è che nessuno avesse previsto che ciò potesse accadere e come porvi rimedio.

Il giudizio più duro in merito è stato sicuramente quello di Matt Williams, ex-allenatore della Scozia che ha affermato: “World Rugby dovrebbe vergognarsi perché qui c’è una situazione in cui, a causa di un grave infortunio e di un’interpretazione secondo le nuove regole del cartellino rosso, sono stati penalizzati due uomini. È scandaloso”.

Ma anche Rob Kearney e Shane Horgan, due grandi ex dell’Irlanda, hanno espresso pareri estremamente critici nei confronti della regola, così come l’apertura azzurra Tommaso Allan che ha immediatamente twittato: “Che modo di rovinare una partita di rugby… questa regola non ha senso”.

Un problema, quello delle regole del rugby, che definire complicate è poco e che costituisce già di per sé un ostacolo ad avvicinare un pubblico più ampio, figuriamoci se poi per questi cavilli ne scaturisce uno spettacolo come quello di ieri, che crediamo non abbia divertito nessuno, nemmeno i tifosi irlandesi. Come poi si domandava giustamente qualcuno: “Uno spettatore che avesse visto come prima partita di Irlanda-Italia che idea si sarebbe fatto del rugby?”.

C’è poi un’altra questione, che torna prepotente e su cui a nostro avviso occorre che World Rugby faccia una profonda riflessione. Il tema è quello del metro di giudizio nelle decisioni arbitrali. Perché se è vero che secondo le norme attuali il cartellino rosso a Faiva è una decisione corretta (segnalata dal TMO all’arbitro) è anche vero che al 63esimo della stessa partita, quindi con la medesima quaterna arbitrale, c’è un placcaggio alto di Baird su Fusco che doveva essere sanzionato, almeno, con un cartellino giallo. Scriviamo almeno perché qui potrebbe esserci la cosiddetta “mitigation” in quanto a differenza dell’azione di Faiva, il giocatore irlandese non pare andare con tutta la forza sul placcato ma sembrerebbe più Fusco, in velocità, che va sbattergli contro. L’episodio però, non è stato visto o peggio non è stato giudicato falloso.

Quello del metro di giudizio lineare è un tema che abbiamo affrontato più volte, perché ne va della credibilità del rugby e come abbiamo già avuto modo di dire i giocatori, gli staff e il pubblico devono avere la certezza che quando due squadre scendono in campo le regole vengano applicate in modo univoco e che il parametro di giudizio sia lo stesso per tutti in tutte le partite. Non che ci si debba adattare all’arbitraggio o, peggio ancora, ai singoli momenti della partita.

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