Nessuno si aspettava che gli Azzurri potessero vincere già ieri. Un trionfo da urlo, costruito sulla difesa
Quando Edoardo Padovani si scioglie dall’abbraccio entusiasta dei compagni sotto i pali del Principality Stadium di Cardiff, lancia uno sguardo al tabellone, che dice 78:50, e realizza cos’è appena accaduto. Il suo volto si fa terreo, l’emozione è gigantesca.
Un’emozione condivisa dalle decine di migliaia di appassionati e tifosi che si sono abbracciati e hanno gioito per un risultato meraviglioso e inaspettato nei propri salotti, nelle club house, nei bar, nei pub dove veniva trasmessa la partita.
Il digiuno è finito, e nessuno si aspettava che sarebbe accaduto così presto. La vigilia del Sei Nazioni tingeva l’edizione 2022 di colori foschi per il XV in maglia azzurra, orfano di tanti giocatori e al cospetto di formazioni che si erano appena guadagnate, durante l’autunno, risultati importanti contro le grandi potenze dell’emisfero australe.
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L’ennesimo reset, il cambio dello staff tecnico e le prime prestazioni fra l’incoraggiante ed il complesso profilavano all’orizzonte un Torneo di vacche magre, pronostico che le scorse settimane avevano confermato. C’era, però, nell’aria, fin dall’inizio della competizione, una vibrazione positiva intorno all’Italia, dovuta soprattutto all’emergere dei nuovi talenti della formazione guidata da Kieran Crowley.
Una squadra fatta di giovani di belle speranze da crescere e nutrire con (talvolta forse precoci) esperienze al livello più alto che c’è, sviluppando una compagine capace di diventare competitiva passo dopo passo.
Quello che all’Italia si chiedeva dall’ultima partita del Sei Nazioni 2022 in Galles era di provare a essere competitivi per confermare e certificare definitivamente che una crescita, questo gruppo di giocatori, la stava effettivamente affrontando da qualche settimana a questa parte.
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Invece è arrivato molto di più: un’impresa storica, la prima vittoria di sempre in trasferta in Galles. Il futuro è diventato immediatamente presente.
Una vittoria fondata sulla difesa, nonostante le tre mete subite. L’head coach Crowley e il suo staff si sono impegnati fin dal primo momento per cercare di aggiustare questa fase di gioco, con progressi immediati ma non consolidati fino in fondo, come testimonia la pessima prestazione in tal senso della scorsa settimana in Scozia.
Sabato a Cardiff gli Azzurri hanno effettuato 199 placcaggi, con l’89% di placcaggi riusciti. Se Michele Lamaro con i suoi 16 placcaggi si guadagna anche la vetta definitiva della classifica dei giocatori che hanno fatto più placcaggi nel Torneo, è clamorosa la prestazione difensiva di Leonardo Marin, 19 anni e 3 presenze da titolare in un ruolo non suo. Lui che proprio sul lato del placcaggio aveva una delle proprie pecche, ha chiuso con 16 placcaggi e 0 errori, giocando una partita fisicamente impressionante anche per l’impegno che ha messo nei punti d’incontro offensivi.
Sequenze come quella del 6′ dell’incontro, quando il Galles ha giocato 7 fasi venendo ricacciato indietro di 20 metri, fino a essere costretto a calciare, hanno dato energia e fiducia a una squadra entrata in campo con il cipiglio giusto e che alla prestazione difensiva ha saputo aggiungere la capacità di convertire in punti le proprie occasioni.
Fino al 69′ la partita giocata dagli Azzurri non è stata perfetta, ma è stata molto vicina al massimo che questa squadra può fare in questo momento. Questo è quello che, al proprio attuale livello, l’Italia cerca di fare ogni volta: darsi una possibilità di vincere la partita. Entrare nei dieci minuti finali dell’incontro sul +1 è proprio quel darsi una possibilità, poi le cose dipendono dagli episodi, dalle singole azioni, dai colpi di classe, non più dalle tendenze macroscopiche di un incontro.
Dipende dall’unica volta in cui un ‘supereroico‘ Nacho Brex commette l’errore di lasciarsi sfuggire Josh Adams all’interno, che poi semina di pura potenza Luca Bigi e va a schiacciare in mezzo ai pali, al termine di una sequenza infinita di due minuti senza interruzioni.
Dipende da un intervento oltre la definizione di in extremis di Braam Steyn, che impedisce la marcatura a Wyn Jones al 72′ infilando un braccio fra il pallone e la linea di meta, e dalla chiamata per una volta benevola nei confronti degli Azzurri del direttore di gara Andrew Brace, che già al TMO segnala che la decisione sul campo è di non assegnare la meta, rendendo così necessaria una chiara evidenza al video della marcatura.
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Dipende, infine, dalla corsa pazza e disperata del nuovo beniamino del rugby italiano, Ange Capuozzo, che spara i suoi 70 chili e qualcosa fra Taulupe Faletau e Josh Adams, trova spazio per correre, ubriaca l’ultimo difensore con un interno-esterno e infine serve il provvidenziale Edoardo Padovani, che fin dall’inizio ci aveva creduto, tanto da spintonarsi con i diretti avversari per arrivare all’appuntamento con quel passaggio, per arrivare all’appuntamento con la storia di questo sport, per potersi buttare dove l’erba è più verde, farsi seppellire dai compagni e infine rialzarsi, accorgersi di quanto successo e farsi colpire dall’emozione che ha colpito tutti noi.
Lorenzo Calamai
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