Da rivedere la disciplina e la tenuta fino all’80’, ma la partita di Grenoble ha evidenziato aspetti molto positivi in vista del futuro: l’analisi del match
Il 39-6 di Grenoble lascia un po’ l’amaro in bocca. I 33 punti di passivo appaiono davvero troppi per quanto si è visto in campo, soprattutto nel primo tempo. A fare la differenza, più che il gap tecnico, è stata la capacità delle francesi di cogliere tutte le occasioni in una prima frazione che le azzurre hanno giocato praticamente alla pari, dal punto di vista della prestazione.
Una volta chiuso il primo tempo con un vantaggio di +11, la Francia ha potuto gestire agevolmente la seconda frazione, per poi dare la mazzata finale nell’ultimo quarto di gara, quando il serbatoio delle azzurre è andato in riserva e le padroni di casa hanno messo dentro campionesse come Sansus e Tremouliere, dando lo strappo decisivo.
La prestazione
Quella dell’Italia resta però una prestazione molto promettente, in vista della seconda parte del torneo nella quale servirà portare a casa punti e risultati. Nel primo tempo le azzurre hanno retto bene dal punto di vista fisico, nonostante la superiorità francese nella collisione (Fall scatenata) e alcuni placcaggi veramente duri (un paio presi da Lucia Gai palla in mano, bravissima a tenere botta e a rialzarsi), costringendo le francesi a forzare la giocata e a commettere tanti errori.
In attacco l’Italia è entrata più volte in zona rossa. Lì, purtroppo, è mancata la zampata finale, come dimostra la media tra i punti segnati e gli ingressi nei 22 avversari: 4 per la Francia, 0.3 per l’Italia. Una media davvero troppo bassa, che ha vanificato anche le tante belle iniziative palla in mano. Beatrice Rigoni si è dimostrata come sempre una fonte di gioco affidabile e capace di mettere tanti punti interrogativi nella testa delle avversarie, lavorando al piede o attaccando in prima persona, e l’intesa con Stefan (un po’ sotto tono rispetto ai suoi standard) come sempre funziona. Mentre Alyssa D’Incà ha tirato fuori una prestazione di altissimo livello – peccato sia uscita troppo presto – con 3 offload e 3 linebreak nei quali ha rotto il placcaggio avversario. Non è un caso che l’imprinting offensivo dell’Italia sia notevolmente diminuito dopo la sua uscita.
Da rivedere, ma tutto sommato sufficiente, la prestazione della mischia ordinata, partita bene e poi spentasi forse troppo presto di fronte a una Francia che col passare dei minuti ha rimesso le cose a posto. Nella ripresa poi ha pesato la mancanza di esperienza davanti: solo 5 caps in tre per le azzurre in prima linea (tra cui un’esordiente, Stecca), oltre ad un’altra esordiente in terza, Frangipani, con Valeria Fedrighi unica già rodata a livello internazionale.
La disciplina e l’interpretazione arbitrale
Il vero tallone d’Achille delle azzurre è stato la disciplina: 15 calci di punizione concessi, di cui ben 9 nel punto d’incontro. Più che l’eccessiva fallosità in sé, ha pesato il non sapersi adattare alla severa (a volte anche troppo) interpretazione di Sara Cox. Alcune decisioni della direttrice di gara sono parse abbastanza discutibili – il fallo fischiato al perfetto grillotalpa di Sara Tounesi nel secondo tempo lascia perplessi – ma le azzurre non sempre riuscivano ad evidenziare chiaramente di aver lasciato l’avversaria placcata. In mezzo al campo, invece, le azzurre sono state brave a “tarare” la salita difensiva. Dopo due fuorigioco fischiati inizialmente, hanno trovato il tempo giusto per salire e andare a mettere pressione all’azione avversaria.
Ci sono un po’ di cose da rivedere in vista delle prossime partite, ma la partita di Grenoble ha comunque evidenziato dei segnali positivi importanti per il prosieguo del torneo.
Francesco Palma
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