L’estremo azzurro racconta alla Gazzetta dello sport tutto ciò che gli è successo nell’ultimo periodo
Un Matteo Minozzi a cuore aperto. L’estremo italiano appena rientrato in campo dopo quattro mesi di stop (24 caps con gli Azzurri, di cui l’ultimo nello scorso novembre contro l’Argentina, ndr), intervistato dalla ‘Gazzetta dello Sport’ ha toccato diversi argomenti rispetto al suo ultimo anno e mezzo di carriera spiegando quanto successogli fra club e nazionale.
A partire da un ’21/’22 che “forse è stata anche peggiore rispetto al 2018/2019 (quando si ruppe il ginocchio, ndr): a settembre ho avuto una microfrattura alla testa del perone, poi ho subito due concussion di fila. Avevo problemi di memoria, mi svegliavo la mattina e dopo aver fatto colazione non mi ricordavo cosa avevo mangiato”. Mesi complessi insomma, anche a causa del covid, sopraggiunto subito dopo il ritorno in allenamento: “Sono stato positivo 24 giorni e ho avuto dei problemi respiratori. Sono tornato solo a fine febbraio, ma senza essermi allenato trovare spazio diventa ancora più difficile”.
Anche se il suo futuro prossimo è sempre a Coventry: “Ho un altro anno di contratto con i Wasps e per ora posso dire che resterò qui”.
Infine, tra gli altri aspetti toccati nella lunga chiacchierata, anche la spiegazione sul suo rapporto con la nazionale: “La mia unica rinuncia alla nazionale è stata quella del Sei Nazioni 2021. Nel 2020 venni mandato a casa dopo aver preso una botta alla spalla: vero, avevo questo problema e non ero al 100%, ma non avevo nulla che mi impedisse di giocare. Non ho fatto finta di essere infortunato perché volevo giocare col mio club, è una cosa che ho sentito dire in giro ma non ha nessun senso. Allo stesso modo – prosegue – non è assolutamente vero che avessi litigato con Franco Smith. Semplicemente, nel comunicato scrissero che io ero infortunato, quando non era vero, ero solo fuori forma, e la mia presenza in campo coi Wasps la settimana dopo ha fatto nascere questa incomprensione. I tecnici del club, dopo aver valutato le mie condizioni, mi avevano chiesto se me la sentissi di andare in panchina perché non avevano nessuno, e io essendo un professionista ho detto di sì”.
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