Nonostante un format ridotto e caotico, il doppio weekend con gare di andata e ritorno è stato un successo di emozioni e spettacolo
Un format caotico, tagliato corto dall’arrivo di una nuova ondata di pandemia in autunno: la Champions Cup è stata criticata fin dall’inizio della stagione per la sua particolare strutturazione, dopo decenni in cui la coppa regina ha vissuto sulle grandi emozioni concesse dalla sua strutturazione.
Le critiche non si risparmiano nemmeno dopo il turno di ottavi di finale con andata e ritorno appena concluso: secondo alcuni, il format ha favorito squadre capaci di essere al top in questo preciso momento, piuttosto che sulla continuità dei risultati.
L’esempio viene dalla vittoria del Montpellier sugli Harlequins: i francesi si sono qualificati ai quarti vincendo sul campo solo due gare, quella dell’andata e una del girone; hanno vinto a tavolino contro Leinster per 28-0 grazie a una bizzarra decisione dell’EPCR; hanno perso per 42-6 contro Exeter e per 89-7 contro lo stesso Leinster al ritorno.
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La verità però è che, tolta una prima fase obiettivamente cervellotica e poco attraente su cui ha gravito anche l’impatto della situazione sanitaria europea, la fase degli ottavi di finale della Champions Cup è stata ad alto tasso di spettacolo ed emozioni, grazie alla formulazione su partite di andata e ritorno che hanno aggiunto qualcosa allo spettacolo.
Nonostante, com’è fisiologico, ci siano state gare che dopo il primo turno avevano lasciato poco da dire, come Leicester Tigers-Clermont o il derby parigino fra Racing e Stade Français, almeno la metà delle otto serie ha offerto un intrattenimento sportivo di livello altissimo.
Bristol e Sale è stato uno scontro dal sapore profondamente inglese, ma con quel retrogusto di successo sudafricano che viene dalla formazione degli Sharks; la storia del Munster che riesce con grande brillantezza a contenere i danni in trasferta ad Exeter, con tantissime assenze, e poi a imporre la legge del Thomond Park ha regalato la sensazione di riscoprire un vecchio, grande classico; Tolosa-Ulster e Montpellier-Harlequins hanno messo di fronte squadre che nell’arco di 160 minuti hanno giocato un rugby celestiale, con all’interno mille sfaccettature, storie che sarebbe possibile raccogliere in un libro, e alla fine sono finite separate soltanto da un punto nel risultato aggregato.
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Insomma, nonostante un format caotico e imperfetto, oltre che forzatamente ridotto, la Champions Cup continua ad essere il meglio che l’Europa ha da offrire e forse il torneo per club più bello del pianeta. La soluzione delle partite di andata e ritorno merita di essere mantenuta, nell’ottica di una possibile rivisitazione della strutturazione della competizione, e forse addirittura di essere espansa a più fasi nell’arco del torneo.
Lorenzo Calamai
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