L’analisi dell’incontro di ieri al Lanfranchi, tra luci e ombre
La vittoria è arrivata. Soffrendo, contro una Scozia tecnicamente inferiore ma caparbia e concreta, capace di mettere sabbia nei non oliatissimi ingranaggi italiani. La pioggia, poi, ha reso tutto ancora più difficile, scaricando ulteriormente la responsabilità del gioco sulle avanti. Al netto dello svantaggio e del primo tempo non eccezionale, l’Italia è parsa avere fin da subito le carte in regola per vincere questa partita, che però la Scozia ha giocato esattamente come doveva: ritmi bassissimi, tanto lavoro davanti e focus sulle fasi statiche.
L’impressione, all’intervallo, era abbastanza chiara: per portare a casa la vittoria bisognava alzare il ritmo, e pure in fretta. È ciò che le azzurre hanno fatto nel secondo tempo, e si è vista tutta un’altra partita. La Scozia non aveva e non ha la cilindrata necessaria a reggere un certo tipo di rugby, soprattutto quando le azzurre giocano al meglio delle loro potenzialità, e il parziale di 17-3 della ripresa lo ha ampiamente dimostrato.
Fasi statiche e drive
Ancora una volta, la rimessa laterale è stato il fondamentale nel quale l’Italia ha maggiormente sofferto. Tanti errori al lancio e troppi palloni concessi alle scozzesi, con la sola Locatelli a rappresentare una buona garanzia in ricezione.
La battaglia in mischia ha visto prevalere la Scozia per gran parte del match, ma nel finale – soprattutto dopo i cambi – le azzurre hanno preso il sopravvento, dando una virata decisiva a una partita che nonostante il vantaggio le ha costrette a soffrire e difendere fino all’ultimo.
Brave le azzurre a cambiare l’inerzia del match soprattutto con il maul, tanto sofferente nel primo tempo quanto dominante nel secondo, e non è un caso che entrambe le mete siano nate da un drive avanzante. Anche perché poi, come detto, dal punto di vista tecnico l’Italia ha dimostrato ancora una volta di essere superiore palla in mano. Nonostante la pioggia e l’ovale scivoloso, quando le nostre trequarti hanno aumentato il ritmo e attaccato la linea sono state efficaci e pericolose, mentre davanti c’è stato spesso avanzamento a contatto, soprattutto in difesa.
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La difesa
L’Italia ha sempre tenuto bene, salvandosi più volte quando si è trattato di difendere sui 5 metri e concedendo solo una meta, arrivata dopo 10 minuti di assalto e una serie di calci di punizione concessi, alcuni dei quali – va detto – restano un mistero: in particolare, proprio in occasione della meta scozzese, la decisione di Lauren Jenner e del TMO Whitehouse di girare un calcio di punizione a favore della Scozia, dal campo, non è stata poi così comprensibile.
Difendere nella battaglia davanti ed essere avanzanti a contatto ha, di fatto, consentito all’Italia di portare a casa la partita, perché l’azione con le prime 8 è stata l’unica reale arma offensiva della Scozia. La mediana ha tentato una sola giocata, sempre la stessa – l’incrocio con una giocatrice che arrivava dall’interno – senza però concretizzare nulla.
Gioco al piede
I problemi al piede della nostra Nazionale non sono una novità, ma contro la Scozia, almeno in attacco, c’è stato un significativo miglioramento dell’efficacia. Madia e Rigoni sono riuscite a trovare avanzamento e a mettere pressione alle avversarie con dei calci precisi e ben portati. Il problema però resta, e in maniera abbastanza evidente, quando si tratta di liberare i 22 e di alleggerire la pressione. Troppi palloni buttati in mezzo al campo che hanno consentito facili ripartenze alla Scozia, e poca concretezza nel prendere le decisioni giuste nella battaglia tattica al piede.
Le migliori
Player of the match assegnato, meritatamente, a Michela Sillari, giocatrice di intelligenza superiore, capace di leggere come pochi le situazioni in mezzo al campo e come sempre solida dalla piazzola. Come sempre, solita grande prestazione di Sara Tounesi, che quando è entrata dalla panchina ha fatto sfracelli. Ottimo anche l’apporto di Silvia Turani, che quando è entrata ha dato quantità sia in mezzo al campo che in mischia ordinata.
In difesa, ancora una volta Melissa Bettoni e Lucia Gai tra le migliori al placcaggio (11 su 13 la prima, 14 su 17 la seconda), così come Beatrice Rigoni, molto sollecitata in fase difensiva con 13 placcaggi riusciti su 15.
Francesco Palma
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