Il ritorno in campo della prima linea di Colorno e della Nazionale, che si racconta a OnRugby
Silvia Turani è tornata, e lo ha fatto col botto, segnando la meta decisiva per il successo dell’Italia sulla Scozia sotto il diluvio di Parma. La prima linea di Colorno, dopo quasi un anno di assenza dai campi a causa di un grave infortunio al crociato, è tornata proprio in occasione della sfida del Sei Nazioni femminile, togliendosi subito una grande soddisfazione. Adesso, però, c’è la voglia di dare continuità a questo successo: “Non vedo l’ora di rigiocare”.
Silvia, che emozione è stata tornare in campo in questo modo?
Ero molto emozionata. Dalla tensione dei giorni precedenti e del pre-partita sembrava dovessi fare un esordio, avrò fatto almeno 30 placcaggi nel riscaldamento prima di entrare per quanto ero carica. Quando sono entrata l’emozione si è fatta sentire, poi però sono bastate una mischia e qualche placcaggio per sbloccarmi. Adesso non vedo l’ora di rigiocare.
Hai avuto paura di farti male nuovamente?
No. Non ho pensato minimamente al ginocchio, nonostante avessi una fasciatura, e non avevo paura di rifarmi male. Ero molto confidente a livello fisico.
Cosa vuol dire recuperare da un infortunio di questo tipo? Quali sono state le tappe fondamentali?
La prima tappa è stata ancor prima dell’operazione, al momento dell’infortunio, quando ho realizzato che non avrei giocato le qualificazioni mondiali e che sarebbe stato un macello a livello burocratico e logistico: l’assicurazione, capire dove operarmi, dove fare la fisioterapia, organizzare il tutto. Una volta operata mi sono affidata a Cristiano, il fisioterapista che mi ha seguita a Brescia, ascoltando tutto quello che mi diceva lui. Piano piano ho cominciato a riprendere contatto anche con il rugby, con la corsa, lavori tecnici e specifici, e poi mi sono riavvicinata anche al contatto. Il percorso è stato lungo, ma mi è piaciuto affidarmi completamente a chi mi seguiva.
E questo Galles? Come vedi il suo improvviso miglioramento?
Rispetto agli anni passati ho notato una grande voglia di rivalsa, anche perché si sono sentite dire spesso che non meritavano di andare ai mondiali, e questa cosa le ha spinte a dare ancora di più. Inoltre, credo che l’introduzione dei contratti e l’inizio di un professionismo in Galles abbia ulteriormente migliorato il loro gioco, in maniera evidente. Vero, è una situazione abbastanza nuova, ma sappiamo quanto allenarsi da professioniste e stare in raduno permanente cambi le cose. Per quanto riguarda l’aspetto tecnico, stiamo analizzando le nostre avversarie in vista della partita di sabato: sono molto pesanti, e questo ci porterà a dover fare un grande lavoro soprattutto in mischia, cercando di usare a nostro favore questa differenza fisica. Poi è l’ultima partita, ed entrambe le squadre hanno voglia e bisogno di vincere.
Forse ne abbiamo bisogno più noi di loro, vista la situazione?
Loro però devono confermare il loro momento favorevole.
E se dovesse andar male, sarebbe un fallimento?
Non mi sentirei di parlare di fallimento, assolutamente, anche se dovessimo perdere. In ogni caso analizzeremo tutte le nostre prestazioni per capire quali sono le cose su cui lavorare nei prossimi mesi in vista del Mondiale.
In questi giorni si sta parlando della possibilità di introdurre uno United Rugby Championship femminile, cosa ne pensi?
Sarebbe una figata pazzesca! Poter competere a livello internazionale anche con i club sarebbe il sogno di ognuna di noi, ci permetterebbe di crescere ulteriormente. Certo, ci sarebbero tante questioni da affrontare: prima tra tutte, chi investe e ci mette i soldi? E poi bisognerebbe trovare il modo di coniugare la vita lavorativa di ogni ragazza con i ritmi di un torneo del genere. Però, se parliamo puramente a livello di rugby, un torneo di questo tipo sarebbe una cosa molto stimolante.
Francesco Palma
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