L’accordo tra SO Italia e la Fir ha portato a un notevole incremento dell’attività: c’è speranza per il futuro, nonostante le tante difficoltà dovute alla pandemia
L’Italia si conferma il fiore all’occhiello dell’attività rugbistica di Special Olympics, che supporta oltre 3 milioni di atleti disabili, un milione di allenatori e volontari e gestisce ben 100.000 competizioni ogni anno. Anche se il rugby non è ancora tra i 36 sport praticati ufficialmente sotto la bandiera di Special Olympics, si sta lavorando tanto affinché la palla ovale possa iniziare a far parte stabilmente del progetto, come afferma Colin Kenny, Senior Sports Partnerships Manager di Special Olympics Europe/Eurasia.
“Il rugby è uno degli sport su cui ci stiamo concentrando. Per ora si parla di flag-tag rugby, senza contatto” ha dichiarato lo stesso Kenny che intervistato dal sito World Rugby ha sottolineato come “in particolare, in Italia c’è stato un fortissimo sviluppo di questo sport, anche grazie alla partnership con la Federazione Italiana Rugby”
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La partnership con la Fir è iniziata, in modo informale, nel 2013, quando i membri della Nazionale hanno iniziato a frequentare un centro di allenamento con gli atleti di SO Italia. Da allora, il rapporto si è rafforzato sempre di più, e nel 2017 è stato firmato un accordo ufficiale che rappresenta un modello da seguire per gli altri paesi.
Circa 50 atleti con disabilità intellettiva praticano questo sport in Italia, e si prevede di poter raddoppiare il numero di club impegnati. Inoltre, la maggior parte delle persone coinvolte nel rugby di SO Italia fanno parte anche del progetto Sport Unificato, che unisce nella stessa squadra giocatori con e senza disabilità.
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L’obiettivo di Special Olympics è aumentare ulteriormente il pool di atleti, dopo che la pandemia ha praticamente dimezzato il numero di persone coinvolte, anche a causa dei tagli ai servizi per le persone con disabilità. Il rugby è visto come uno sport che potrebbe invertire la tendenza e aumentare nuovamente i numeri di partecipazione in tutto il mondo: “Speriamo di recuperare molti degli atleti che abbiamo perso dopo la pandemia, ma non ci sono garanzie, quindi abbiamo molto lavoro da fare – ha affermato Kenny -. Il rugby ha una base a basso costo, si integra bene in una comunità e c’è già una struttura esistente con i club. Questo è ottimo per il nostro progetto”.
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