Rassie Erasmus: “Aggiungere nuove regole non è la soluzione. Tanto finirai sempre con una squadra che è incazzata”

Il coach campione del mondo propone tre idee per rendere il rugby uno spettacolo migliore

Rassie Erasmus Sudafrica rugby ©s pessina

Rassie Erasmus ph. S. Pessina

Rassie Erasmus, il coach che ha guidato il Sudafrica al titolo mondiale nell’ultima edizione della Rugby World Cup, nella sua rubrica sul Mail affronta il tema delle regole e delle decisioni arbitrali proponendo delle possibili soluzioni per mischie, placcaggi, breakdown e tempo effettivo di gioco.

Erasmus parte dalla considerazione che a meno che non si riesca a chiarire alcune aree grigie, il rugby rischia di andare incontro a seri problemi: “è impossibile aspettarsi che un arbitro prenda tra le 800 e le 850 decisioni in una partita. Il gioco non può più filare sempre liscio e finirai sempre con una squadra che è incazzata. Piuttosto che aggiungere di nuove regole, ci sono modi per semplificare le cose.”

Ecco quindi le sue idee che “semplificherebbero le cose” e renderebbero il rugby uno spettacolo migliore per tifosi, telespettatori, giocatori e allenatori.

Sistemare le mischie

Formare un gruppo di esperti di mischia a livello mondiale (composto ex giocatori o allenatori) che, nei match internazionali, facciano da arbitri specializzati. Chi meglio di loro sa capire le “arti oscure” di una fase di gioco così delicata e complicata, intuendo se le squadre collassano deliberatamente o se commettono furbe e impercettibili infrazioni?

Chiamati in causa solo in occasione delle mischie, non avrebbero alcun impatto sul resto del gioco, potrebbero essere anche provvisti di microfono così da collegarli al team dei telecronisti in modo che gli spettatori capiscano cosa sta succedendo.

Inoltre visto che secondo il regolamento, una squadra dovrebbe essere pronta a formare la mischia entro 30 secondi dalla chiamata arbitrale si occuperebbero anche di far rispettare i tempi che, con una media di 20 mischie a partita come nel rugby attuale, garantirebbe maggior tempo effettivo di gioco negli 80 minuti.

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Doppio arbitro

Secondo Erasmus la già sperimentata idea dei due arbitri, se applicata in modo efficiente e non invadente, potrebbe fare un’enorme differenza nelle fasi di placcaggio e breakdown.

I punti d’incontro, a detta del coach sudafricano, sono una fase di gioco troppo complicata per giocatori, allenatori, arbitri e tifosi: “come arbitro, hai bisogno di cinque paia di occhi per vedere cosa sta succedendo in caso di breakdown, altrimenti stai tirando a indovinare.”

“Non è insolito avere quasi 200 situazioni di contrasto in una partita” continua Earsmus. “Ogni volta l’arbitro deve pensare: il placcatore ha rilasciato il giocatore placcato? Il placcatore si è alzato in piedi prima di contestare? Il giocatore placcato ha rilasciato immediatamente la palla? I giocatori in sostegno sono passati dal gate? Il giocatore in sostegno è sui propri piedi? È impossibile! Non puoi aspettarti che un arbitro riesca a fare tutto bene, avendo anche una visione periferica dall’altra parte del campo per vedere chi è in fuorigioco.”

Con due arbitri in campo il primo si concentra sull’area del punto d’incontro mentre l’altro controlla ciò che avviene nel resto del campo.

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Tempo di gioco

Anche i “tempi morti” rappresentano un problema, perché il pubblico vuole vedere più minuti di rugby giocato. Per regolamento il calciatore ha 60 secondi per un calcio piazzato e 90 per una trasformazione ma – scrive Erasmus “vediamo regolarmente situazioni in cui il calciatore supera anche di 20 secondi questi tempi. Se ci sono sei calci nel corso di una partita, si possono perdere anche due minuti di gioco”. Da qui la sua proposta di mettere un countdown sui maxi schermi per costringere chi calcia a rispettare i tempi. Pena la perdita del calcio.

Allo stesso modo, se una squadra si riunisce prima di una rimessa laterale, se un giocatore si allaccia le scarpe o se beve prima di una mischia va fermato il cronometro. In questo modo si potrebbero guadagnare da sette a dieci minuti di gioco.

Insomma l’idea di fondo di Erasmus è quella di migliorare il rugby facendo si che ci sia un maggior rispetto delle regole che già ci sono non continuando ad apportare modifiche a cui appassionati, arbitri e squadre si devono poi adattare (queste ultime spesso per cercare di trarne vantaggio).

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